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L assistenza infermieristica alla persona con patologia oncologica * * Relazione di aiuto non sostituibile che richiede: Non forzare paziente e familiari ad ... – PowerPoint PPT presentation

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Title: L


1
Lassistenza infermieristica alla persona con
patologia oncologica
2
Alcuni dati
  • Globalmente l8 di tutte le cause di morte
    dipende dal cancro. Nei paesi sviluppati,
    comunque, la percentuale di morte dovuta a tumore
    è più elevata in Europa è stimata intorno al
    23.
  • In Italia dopo le malattie cardiovascolari i
    tumori sono al secondo posto fra le grandi cause
    di morte.

3
Epidemiologia dei tumori in Italia
Mortalità Num. decessi Incidenza Num. Nuovi casi Prevalenza num. totale malati
1970 91.000 149.000 821.000
1990 132.000 213.000 1.158.000
2000 138.000 234.000 1.294.000
4
  • Si può quindi dire che i tumori sono stati
    responsabili, in Italia, del 30 dei decessi.
  • Dai dati dellOrganizzazione Mondiale della
    Sanità (OMS) si comprendono rapidamente le
    dimensioni del problema vengono diagnosticati
    ogni anno 5.9 milioni di nuovi casi di cancro di
    cui 4.3 milioni giungono a morte. Il rischio di
    ammalarsi di tumore è in costante aumento nella
    maggior parte dei paesi sia per laumento della
    durata media della vita sia per laumento dei
    fattori di rischio.
  • Tumore alla mammella prima causa di morte per le
    donne fra i 35 e i 60 anni, in Italia ogni anno
    33.000 morti.

5
Per questo.
  • Codice europeo contro il cancro in vigore dall1
    gennaio 1995 (una serie di 10 raccomandazioni
    riguardanti stili di vita e misure di
    prevenzione) proposto da un gruppo di esperti
    appartenenti a diversi paesi europei.
  • Allinizio dellanno 2000 più di 100
    rappresentanti internazionali di governo, gruppi
    di tutela dei diritti del paziente,
    organizzazioni e società per la ricerca sul
    cancro riuniti a Parigi hanno ratificato e
    firmato la Carta di Parigi contro il cancro, in
    occasione del primo Vertice mondiale contro il
    Cancro.

6
  • Lobiettivo del vertice lapplicazione dei
    principi contenuti nei 10 articoli (diritti dei
    pazienti, progressi nella prevenzione, diagnosi e
    cura e nelle strategie, qualità dellassistenza,
    partecipazione del paziente e migliore qualità di
    vita, impegno di collaborazione delle parti dalla
    ricerca alla cura).

7
European conference of oncology
  • Copenaghen settembre 2003
  • Nel corso degli anni 90 incidenza cresciuta del
    19, ma le morti sono ridotte del 18.

8
Sopravvivenza grazie ai trattamenti a 5 anni
dalla diagnosi
  • Medie tra valori per maschi e femmine
  • 87 testicolo
  • 73 utero corpo
  • 70 mammella
  • 64 utero cervice
  • 57 linfoma Hodgkin
  • 52 leucemia infantile
  • 39 colon
  • 33 retto
  • 26 ovaio
  • 18 stomaco
  • 14 encefalo
  • 8 polmone
  • 3 pancreas

9
Criticità/complessità assistenziale
  • Evento di instabilità vitale, dal verificarsi
    dellevento scatenante, fino alla
    stabilizzazione, al recupero, oppure alla morte.
  • Dalla criticità ? complessità
  • Complessità mutamenti clinici, capacità
    relazionali, precisione, decisione, efficacia,
    strumenti e presidi idonei.
  • Associazione italiana infermieri in oncologia
  • Associazione infermieri di assistenza oncologica
  • European oncology nursing society con finalità di
    elaborazione linee guida.

10
Qualità di vita?quadro sintomatologico
  • Criticità assistenziali
  • Bisogno di informazioni
  • Bisogno nutrizionale (cachessia, senso di
    sazietà, inappetenza, alterazioni del gusto)
  • Sintomi gastrointestinali (esofagiti, stipsi,
    diarrea, nausea e vomito)
  • Dolore
  • Infezioni, mucositi, stomatiti
  • Emorragie per trombocitopenia (piastrine tra
    50.000 e 100.000
  • Fatica per anemia, malnutrizione, stress, dolore
  • Alterazione dellimmagine corporea (alopecia)
  • Problemi psicologici

11
Gestione dei bisogni e assistenza Gestione delle
informazioni
  • Primo bisogno, informare per orientare le scelte
    della persona con cancro.
  • Informare, educare e counselling come aspetti
    fondamentali delle cure di supporto.
  • Linformazione si può definire come un dialogo
    tra persone che permette di mantenere lautonomia
    del malato.

12
Dallinformazione alleducazione
  • Malattia sintomo, prova e insegnamento
  • Non una semplice trasmissione di informazione,
    passiva incentrata su chi la fornisce, ma un
    processo interattivo e complesso incentrato su
    chi apprende.
  • La persona malata deve essere guidata alla
    comprensione del problema, in quanto la
    conoscenza della malattia e delle cure mediche
    non deve rimanere proprietà esclusiva dei
    professionisti sanitari.

13
Lo stile educativo
  • Non solo mettere dentro (da instruere,
    riempire), ma anche sviluppare uninterazione,
    nonché tirar fuori (da educare, condur fuori)
    dallaltro le sue potenzialità e i suoi bisogni.
  • Servono tre elementi fondamentali
  • uso del linguaggio appropriato (scelta dei
    termini e costruzione della frase),
  • una serie di strategie educative (fare esempi,
    uso di immagini e sintesi),
  • uso consapevole di tecniche di comunicazione come
    riformulare.

14
Quando e in che modo comunicare la diagnosi di
cancro?
  • Nessuna informazione verrà data al malato in
    merito alla diagnosi di cancro sino a che lesito
    degli esami eseguiti non sia certezza.
  • Prima dimensione Attenzione al contenuto.
    Messaggio chiaro, completo e comprensibile,
    concentrato sul tema e non dispersivo, stile del
    discorso non rigido ma interattivo, rispondere ad
    ogni quesito, evitare malintesi, attenzione al
    vissuto del malato, verificare la comprensione,
    ascolto attivo, attenzione a non creare sensi di
    colpa. Conversazione centrata sulla persona
    malata.

15
Seconda dimensione aspetti affettivi ed emotivi
  • Non lasciarsi travolgere dai sentimenti e
    deprimersi,
  • dimostrare rispetto per le reazioni della persona
    malata
  • comportamento amichevole e premuroso per
    incoraggiare
  • rimanere naturali non assumere atteggiamenti
    artificiosi
  • comunicazione verbale coerente con quella non
    verbale
  • accettare tutte le reazioni tra cui, per difesa,
    anche la presa di distanza.

16
Fasi del processo informativo accertamento dei
bisogni, pianificazione, valutazione.
  • Counselling obiettivo è quello di dare
    lopportunità alla persona di esplorare, scoprire
    e chiarire la strada per raggiungere una forma di
    vita che la soddisfi maggiormente. I consigli
    diventano parte dellinformazione occorre
    sostenere il malato nello scoprire le proprie
    risorse individuali per intraprendere il percorso
    nellaffrontare la malattia.

17
  • Il medico e loperatore sanitario devono cercare
    di fare una sintesi fra la prospettiva biomedica,
    scientifica con le sue leggi generali e la
    narrazione del paziente..
  • attraverso un ascolto attento e un dialogo in cui
    vengono condivisi e negoziati i significati.

18
  • Il fine è non solo spiegare un evento patologico,
    ma comprendere il significato che levento ha su
    quella persona.
  • Occorre per loperatore dare spazio e ascolto a
    parole, pensieri, rappresentazioni ed emozioni
    che il paziente porta e insieme a lui costruire
    la realtà della malattia attraverso un processo
    di negoziazione dei significati.
  • Lobiettivo finale è costruire un progetto
    assistenziale
  • condiviso e centrato sui reali bisogni del
    paziente.
  • Costruire un progetto assieme al paziente
  • significa ottenere una più efficace adesione
  • al trattamento.

19
Problemi legati allalimentazione
  • Problemi comuni malnutrizione e perdita di peso.
  • Lo sviluppo del supporto nutrizionale e il
    miglioramento della nutrizione artificiale
    (enterale e parenterale), introdotti nei
    programmi di trattamento negli ultimi trentanni,
    hanno contribuito significativamente al
    miglioramento delle cure in oncologia.

20
  • La malnutrizione risultato dellinterazione di
    molti fattori, propri del paziente e specifici
    della malattia neoplastica.
  • Interferiscono inoltre sfavorevolmente sullo
    stato nutrizionale anche i trattamenti
    antitumorali, sia a causa di alterazioni
    meccaniche o funzionali provocate dalla
    chirurgia, sia per il danno cellulare indotto
    dalla chemioterapia e dalla radioterapia.
    Frequenti nausea, vomito, stomatiti, senso di
    sazietà, cachessia, riduzione dellappetito,
    alterazioni del gusto.

21
Valutazione e piano nutrizionale
  • Valutare allingresso peso, sintomi, eventuale
    inabilità, anamnesi e abitudini alimentari,
    variazioni di peso e appetito.
  • Durante la degenza valutazione bilancio idrico,
    peso, alimentazione quali-quantitativa.
  • Pianificare intervento dietetico, posturale,
    pasti piccoli e frequenti, idratazione.
  • Prima della dimissione, valutare lambiente
    familiare, educazione al paziente e famiglia.

22
Disgeusia
  • Avversione per le carni rosse
  • Avversione per il caffè
  • Gusto dolce elevato
  • Retrogusto metallico
  • Intolleranza per cibi acidi

23
Ruolo infermieristico
  • Consigli per rendere cibi più appetibili, uso di
    caramelle, sì pesce, pollo, formaggi
  • Cibi non troppo caldi, presentazione del piatto,
    evitare stress
  • Coinvolgere la famiglia e la dietista
  • Individuare le modificazioni giornaliere
    dellappetito

24
Dieta in terapia
  • Fornire informazioni alimentari
  • Per nausea e vomito, evitare cibi troppo dolci,
    grassi, fritti, speziati, con odori forti,
    alcool, meglio cibi solidi, asciutti, graditi e
    freschi, con assaggi, pasti piccoli e frequenti,
    introdurre modifiche se diarrea o stipsi.
    Eventuale uso di integratori liquidi, nutrizione
    parenterale o enterale.

25
Alimentazione e cure palliative
  • Più controverso e problematico il bisogno per i
    malati in fase avanzata, occorre tenere presente
    lobiettivo migliorare la Qualità della vita in
    relazione alle scelte della persona assistita.
  • Il risultato di alcune ricerche ha portato alle
    seguenti conclusioni liperalimentazione non
    aumenta la sopravvivenza e non rallenta lo
    sviluppo tumorale, anzi in alcuni casi lo
    accelera. Il trattamento nutrizionale
    artificiale può migliorare la qualità della vita,
    se ben accettato, preferibile lalimentazione
    naturale.

26
Sindrome anoressia-cachessia
  • Lanoressia, perdita di peso, malnutrizione
    contribuiscono allo sviluppo della cachessia
    (letteralm. cattiva condizione).
  • Presente nell80 dei pazienti in fase terminale,
    allesordio della malattia, nell80 dei malati
    con tumori del tratto gastro intestinale
    superiore e nel 50 dei pazienti con ca.
    polmonare.
  • Si considera cachessia la perdita di peso del 5
    in sei mesi, severa quando raggiunge il 10 del
    peso abituale, riguarda sia il grasso che la
    massa magra (tessuto muscolare).
  • Anoressia mancanza/ perdita dellappetito, senso
    di sazietà precoce.

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Eziopatogenesi
  • Meccanismi causali
  • Alterazioni metaboliche
  • Alterazioni gastrointestinali
  • Alterazioni comportamentali

28
1. Alterazioni metaboliche
  • Ipermetabolismo nel paziente neoplastico cè una
    ? spesa energetica, sia a riposo che da sforzo.
  • Alterazioni del metabolismo dei carboidrati, dei
    lipidi e delle proteine (a differenza del
    dimagramento, consumo degli aminoacidi e perdita
    massa muscolare, sia per ridotto apporto
    alimentare, che per aumentato catabolismo.

29
2. Alterazioni gastrointestinali
  • Disturbi motori (il tumore produce un fattore che
    determina ritardato svuotamento gastrico).
  • Flogistici (mucositi ed enteriti da raggi,
    chemioterapia, infezioni).
  • Disturbi ostruttivi (tumori ORL, esofagei,
    gastrici, pancreatici, intestinali.
  • Malassorbimento (da gastroresezione, resezione
    pancreatica, enterite).

30
3. Alterazioni comportamentali
  • Perdita del gusto di alimentarsi
  • Perdita del significato sociale del pranzo

31
Terapia
  • Corticosteroidi (riducono la nausea, maggior
    senso di benessere e controllo del dolore,
    riduzione astenia, nessun effetto sul peso
    effetti collaterali debolezza muscolare, delirio,
    iperglicemia, osteoporosi, immunosoppressione e
    ulcera).
  • Progestinici (migliorano lappetito e lo stato
    nutrizionale effetti collaterali fenomeni
    tromboembolici, metrorragie, iperglicemia,
    ipertensione e insufficienza surrenalica).
  • Antiserotoninergici, antidepressivi, acido
    eicosapentanoico (acido presente nel pesce
    azzurro, disponibile anche in capsule che
    inibisce la lipolisi e la degradazione proteica
    dei muscoli).

32
Nutrizione artificiale
  • Scopi prevenire e correggere i deficit
    nutrizionali, preservare la massa magra, aiutare
    a sopportare meglio le terapie, mantenere le
    funzioni immunitarie.
  • Enterale, quando il tratto g.e. funziona
    normalmente non possibile mangiare o bere per
    oltre 5 gg. per disfagia, anoressia il paziente
    è in grado di gestire e accetta il sondino o la
    PEG.
  • Parenterale, se tratto g.e. non funzionante,
    enterite da chemio-radioterapia, vomito
    intrattabile.

33
Controindicazioni e complicanze della nutrizione
artificiale
  • Enterale malassorbimento, occlusione, fistole,
    diarrea o vomito severi, infezioni intestinali,
    emorragie. Complicanze aspirazione di ingesti,
    decubito e dislocazione del sondino o della PEG.
  • Parenterale intestino funzionante, supporto
    nutrizionale per meno di 5 giorni, impossibile
    trovare un accesso venoso, instabilità
    emodinamica, insufficienza renale severa,
    prognosi sfavorevole. Complicanze meccaniche
    (pneumotorace, trombosi, malposizionamento),
    settiche, metaboliche (iper-ipoglicemia,
    ipokaliemia, alterazioni epatiche),
    incompatibilità con i soluti.

34
Misure comportamentali
  • Creare unatmosfera per il momento del pasto
  • Rendere attraente il cibo
  • Favorire lalimentazione nel pasto preferito dal
    paziente
  • Evitare pasti abbondanti, favorire gli spuntini
  • I pazienti anoressici non accettano la carne,
    somministrare cibi dolci, grassi e calorici,
    ridurre la frutta e la verdura
  • In caso di mucosite usare cibi soffici, non
    caldi, non salati, acidi, piccanti
  • In caso di nausea e vomito cibi salati, freddi e
    secchi evitando dolci e grassi.

35
Mucosite
  • Stomatite, esofagite, cistite.
  • Colpisce il 40 dei pazienti trattati con
    chemioterapia, il 40 dei pazienti trattati con
    terapie biologiche, l80 dei pazienti sottoposti
    a trapianto di midollo, il 100 dei pazienti
    radiotrattati per neoplasie di testa-collo.
  • Osservare eventuale presenza di eritema,
    ulcerazione, edema sintomi quali dolore urente,
    intolleranza ai cibi caldi, acidi piccanti,
    disfagia.
  • Complicanze della mucosite infezioni sistemiche,
    fenomeni emorragici, dolore.

36
Obiettivi e interventi assistenziali
  • Valutazione
  • Educazione del paziente e famigliari
  • Prevenzione, mantenere idratate le mucose, igiene
    cavo orale
  • Nutrizione adeguata, terapia
  • Con una scrupolosa igiene del cavo orale prima e
    durante i trattamenti chemio-radioterapici e
    aumentando la frequenza delle operazioni
    quotidiane di pulizia del cavo orale è stata
    verificata una diminuzione delle infezioni da
    mucosite del 50. (Center for Disease Control)

37
coffee break
38
  • Il trattamento del dolore
  • oncologico
  • E stato in passato spesso inadeguato o
    inesistente per vari motivi quali
  • - lignoranza circa le cure capaci di sopprimere
    il dolore
  • - la deformazione culturale del medico che, a
    volte, considera il dolore come sintomo
    ineluttabile
  • - i problemi legali che hanno intralciato luso
    di analgesici oppioidi
  • - i problemi legati alla dipendenza dei farmaci
    oppioidi.

39
  • Per questi ed altri motivi, nei primi anni 80,
    lO.M.S. ha focalizzato lattenzione
    sullargomento pubblicando le linee guida per il
    controllo del dolore da cancro nel 1986 a
    Ginevra.
  • Lobiettivo di queste linee guida è stato quello
    di stabilire un metodo scientificamente valido
    che potesse essere usato a livello comunitario
    nei paesi sviluppati e in quelli in via di
    sviluppo.

40
DOLORE
  • Esiste una circolarità fra
  • - d. fisico risposta di recettori a
  • modificazioni esterne/interne
  • - d. psichico impatto di eventi
    gravi
  • sulla mente
  • Dolore esperienza delluomo che lo
  • coinvolge nella sua globalità.

41
Dimensioni del dolore
  • Biologica/fisiologica meccanismo di
    difesa/adattamento (le modalità di attivazione
    sono il risultato di un percorso filogenetico,
    livello stabile di attivazione della soglia).
  • Non fisiologica il suo inserimento in complessi
    meccanismi culturali, sociali, linguistici e
    quindi ontogenetici ( livello individuale di
    attivazione della soglia).

42
Variabili che influenzano la soglia individuale e
latteggiamento del paziente/operatore sanitario
verso il dolore
  • Culturali educazione, aspettative, idee, punti
    di vista
  • Sociologiche età, sesso, istruzione, lavoro
  • Religiose
  • Condizioni di vita, eventi vissuti, condizione
    emotiva (ansia)
  • Carattere,sentimenti, volontà, concentrazione,
    movimento (anestesia da combattimento, danze)
  • Abitudine al dolore/stress (morfina del povero),
    abitudine allassunzione di antidolorifici.

43
Quindi..
  • Non generalizzazioni, immagini stereotipate,
  • schemi, ma.
  • esperienza unica e singolare,
  • significato individuale da relazione fra
  • esperienza, storia individuale e
  • variabili culturali.

44
Un tipo di dolore cronico
  • Dolore oncologico o maligno, da neoplasia maligna
    o AIDS, definito dolore totale (oltre al dolore
    fisico sofferenza psico-affettiva.
  • E dolore-malattia (non eliminabile con la
    rimozione di lesioni causali).

45
Nella società contemporanea
  • Rimozione del dolore con isolamento di chi soffre
    o spettacolarizzazione.
  • Fede nella tecnica, presunzione di controllo
    totale di un fenomeno incontrollabile, usando
    solo, generalmente, la risposta terapeutica,
    senza lo sforzo di comprendere il malato e il suo
    vissuto.
  • Soglia più bassa per banalizzazione uso antalgici
    e scomparsa valori di resistenza
  • Complessità legata alle multietnie.

46
Fattori che influenzano la soglia
  • Abbassamento
  • disagio, isolamento
  • insonnia
  • fatica
  • ansia
  • paura
  • rabbia
  • tristezza,depressione
  • noia, introversione.
  • Innalzamento
  • risoluzione dei sintomi
  • sonno, riposo
  • comprensione
  • solidarietà
  • attività diversiva
  • riduzione ansia
  • uso di farmaci (analgesici, ansiolitici,
    antidepressivi).

47
Occorre.
  • Vedere il dolore non solo come un sintomo,
  • oggettivo, sempre legato al corpo e da
  • trattare con una proposta terapeutica uguale
  • per tutti, ma
  • come una esperienza soggettiva, da trattare
  • considerando il discorso, le percezioni e il
  • vissuto del paziente.

48
Come?
  • Il medico e loperatore sanitario devono
  • cercare di fare una sintesi fra la prospettiva
  • biomedica, scientifica con le sue leggi
  • generali e la narrazione del paziente..
  • attraverso un ascolto attento e un dialogo in
  • cui vengono condivisi e negoziati i significati.

49
Valutazione del dolore
  • allinizio e ripetuta ad intervalli regolari per
    verificare lefficacia dei trattamenti
  • occorre conoscere la storia clinica, anche
    tramite un questionario, un esame diretto del
    paziente attraverso un colloquio, per superare la
    rigidità/difficoltà di compilazione del
    questionario.

50
Ricordarsi che il dolore.
  • non sempre ha una causa identificabile (causa
    oscura o origine psicologica),
  • non sempre esistono segni prevedibili
    (cambiamenti fisiologici o di espressione),
  • letà del paziente non influenza la soglia, ma
    solo lespressione,
  • uguali stimoli dolorosi in pazienti differenti
    non producono uguali quantità di dolore,
  • léquipe di cura non è lesperta del dolore,
  • la persona che prova dolore è lunico esperto
    di quel dolore, occorre farselo spiegare,

51
Che misurazioni nel dolore cronico ?
  • Fisiche (sede del dolore, estensione, sintomi).
  • Funzionali(quantificazione verbale/strumentale
  • delle oscillazioni del dolore nelle 24 ore, grado
    di
  • Invalidità fisica, comunicativa e sociale).
  • Aspetti comportamentali/cognitivi (quantità di
  • farmaci assunti,numero visite, postura,andatura,
  • atteggiamento, smorfie, sonno).
  • Fattori emotivi (depressione e ansia). Come?
  • Con autodescrizione e mappe,osservazione,
  • test specifici per fattori emotivi.

52
Trattamento del dolore
  • E un diritto fondamentale del paziente ricevere
    un trattamento che preveda la prevenzione e
    sedazione del dolore.
  • Occorre predisporre unorganizzazione efficiente
    che coinvolga tutte le figure professionali
    interessate, un piano di formazione continua e
    addestramento sulluso dei protocolli e metodi di
    valutazione.
  • Oltre ai farmaci linformazione diventa il
    principale intervento per il controllo del
    dolore, come tutti i trattamenti anchessa va
    dosata e personalizzata.

53
Nel dolore cronico neoplastico
  • Nel trattamento farmacologico viene seguito
    lapproccio sequenziale indicato dallO.M.S. che
    prevede prima luso dei FANS, poi associati a
    oppiodi deboli, per ultimo a oppiodi forti, per
    ogni livello è previsto luso di farmaci
    adiuvanti (steroidi, anticonvulsivanti e
    psicotropi).
  • Tecniche di controllo del dolore non
    farmacologiche.
  • Tecniche complementari. Effetto placebo.
  • Medicina alternativa.

54
  • La somministrazione deve essere effettuata a
    ritmi prefissati e non al bisogno
  • La sequenza nellimpiego dei farmaci analgesici
    di classi diverse deve essere sempre rispettata

55
  • Oltre al controllo del dolore è fondamentale
    controllare anche gli altri sintomi, i problemi
    psicologici, sociali e spirituali al fine di
    garantire la migliore qualità di vita possibile
    per malati e famiglie. Ricerche condotte
    nellambito del touching nel 2001 hanno
    dimostrato che anche toccare il paziente ha
    effetti terapeutici. Lempatia verso chi soffre
    consente, in un certo modo, di assorbire,
    almeno parzialmente, il travaglio di chi soffre.
  • Le cure palliative mirano ad eliminare tutto ciò
    che peggiora la malattia agendo sui fattori che
    abbassano la soglia sofferenza fisica, effetti
    iatrogeni delle cure, sconforto, abbandono.

56
Cure palliative
  • Palliativo non significa inutile, ma la sua
    definizione esatta deriva dalla parola latina
    pallium, che significa mantello, protezione.
  • Globalità dellintervento
  • Valorizzazione delle risorse del paziente e della
    sua famiglia, oltre che del tessuto sociale in
    cui sono inseriti
  • Molteplicità delle figure coinvolte
  • Rispetto dellautonomia e dei valori della
    persona
  • Continuità, qualità, tempestività, efficacia e
    adeguatezza della cura.

57
  • Secondo una ricerca americana condotta nel 1997
    un malato oncologico su quattro non riceve alcun
    analgesico o gli vengono somministrati farmaci
    con lintento di alleviare il dolore piuttosto
    che per evitarlo, anche se oggi..
  • si sa che luso terapeutico della morfina non
    presenta rischi e non comporta dipendenza
  • un corretto approccio farmacologico è ormai
    considerato in grado di controllare il dolore in
    più del 90 dei casi.
  • Dal 1984 al 1997 il consumo per uso terapeutico
    in Italia è raddoppiato, ma per consumo di
    oppiacei lItalia in Europa allultimo posto con
    Portogallo, seguono Grecia, Spagna, Belgio,
    Finlandia, Francia, Austria, Germania,
    Inghilterra e Irlanda.

58
L'infusione continua sottocutanea (ICSC) nelle
cure palliative
  • Nel paziente neoplastico terminale parte degli
    interventi propri delle Cure Palliative è volta
    al controllo dei sintomi fisici del paziente ed
    in particolare del dolore, presente nel 71 dei
    casi. Esso è di solito ben controllato in fase
    iniziale dallimpiego di un FANS, eventualmente
    associato ad uno o più adiuvanti secondo le
    indicazioni dellOMS. Raramente però è possibile
    stazionare al primo gradino della scala
    analgesica dellOMS per più di un mese prima o
    poi nel 70 dei casi si impone luso della
    morfina. In definitiva con la terapia orale si
    arriva a controllare il sintomo per periodi
    estremamente lunghi in una percentuale di
    pazienti che va dal 70 all80 a seconda degli
    autori.   

59
  • Per diversi motivi pertanto, in una percentuale
    di pazienti che va dal 20 al 30, non è, o non è
    più possibile controllare il dolore con la
    somministrazione orale di morfina e si impone un
    tentativo con la via parenterale, prima di
    passare a metodiche invasive.
  • ICSC è tecnicamente fattibile con luso di un
    infusore, apparecchio più o meno sofisticato ma
    semplice nelluso, che permette la
    somministrazione di piccole dosi del farmaco nel
    sottocute in modo continuo nel tempo, deve essere
    piccolo, facile ad usarsi e poco costoso.

60
Legislazione italiana
  • Gennaio 2001, legge 12 con le norme sulla
    liberalizzazione della terapia del dolore.
  • Consente ai malati terminali di ottenere più
    facilmente dal medico antidolorifici a base di
    morfina, la consegna di farmaci ai pazienti
    affetti da patologie neoplastiche può essere
    effettuata anche da personale non medico,
    nellambito di assistenza domiciliare.
  • Autorizza i medici a tenere farmaci in
    quantitativi adeguati alle esigenze per
    interventi urgenti, vengono ridotti i vincoli
    posti alla vendita in farmacia, con la
    soppressione dellobbligo di accertarsi
    dellidentità dellacquirente.
  • Decreto del ministero 4/4/2003 nuovi ricettari,
    prescrizione semplificata.

61
Piano Socio Sanitario Regionale Lombardo 2002/2004
  • Tra gli interventi prioritari cure palliative e
    terapia del dolore.
  • Interventi per un livello efficiente di controllo
    del dolore integrandoli nel Progetto Regionale
    Ospedale senza dolore.
  • Personalizzazione dellassistenza e sviluppo di
    azioni di educazione sanitaria.

62
I primi risultati in Italia
  • 7 strutture su 10 hanno il servizio per il dolore
    da cancro contro le 2 su 10 del 2001
  • In crescita la prescrizione di farmaci per il
    dolore, raggiunta la media europea (219 dal
    2001 al 2003). A settembre 2003 36,9 rispetto
    al 2002
  • Rimane basso invece il consumo di oppiodi
  • Aumentati i servizi di cure palliative
  • Sperimentazione della Regione Lombardia anno
    2005 analgesici, prima a totale carico
    dellassistito, gratuiti per pazienti neoplastici
    o affetti da malattia degenerativa.
  • Commissione Terapia del dolore istituita presso
    la Direzione generale dei farmaci del ministero
    Salute.

63
Concludendo
  • Dolore, racchiude la bidimensionalità
    dellesistenza corpo e anima.
  • Per questo richiede una valutazione e un
    trattamento attenti ad aspetti sia oggettivi che
    soggettivi.
  • Un trattamento individualizzato, terapeutico o di
    aiuto, attento sia alla prospettiva scientifica
    sia a quella educativa, formale o informale.
  • Unesperienza complessa da cui tutti possono
    imparare.

64
Educativa.
  • Leducazione deve essere organizzata e
    pianificata con lo stesso rigore delle pratiche
    diagnostiche o terapeutiche con scambio tra
    competenze mediche, infermieristiche, pedagogiche
    e psicologiche.
  • Non deve però essere solo un processo
    standardizzato e la sua efficacia dipende dalla
    sua adeguatezza in termini di bisogno del
    paziente.
  • La relazione di cura è già in molti momenti un
    luogo di insegnamento purché si tratti di un
    sistema di comunicazione intersoggettivo
    asimmetrizzato entro il quale le parti procedono
    nel rendersi progressivamente disponibili ad uno
    scambio fondato sullinsegnare/imparare.

65
(No Transcript)
66
Gestione infermieristica dellassistenza al
malato sottoposto a chemioterapia,
radioterapia, terapia antinfettiva e gestione
degli accessi venosi.
67
Linee guida di intervento
  • Pianificare linformazione al malato su
    trattamento, effetti collaterali e azioni e
    accorgimenti con cui può attenuarli limportanza
    di segnalare tempestivamente sintomi indicativi
    di stravaso o anafilassi.
  • Controllare i valori ematici, peso e
    alimentazione
  • Somministrare secondo prescrizione rispettando
    lappropriata preparazione, sequenza, tempi,
    dosaggio.
  • Somministrare la terapia antiemetica prescritta,
    prima e in seguito, controllando lefficacia.

68
Preparazione e somministrazione dei farmaci
antiblastici
  • Misure di protezione durante la diluizione
  • Gestione dello stravaso
  • Smaltimento escreti

69
Misure di protezione per diluizione
  • Centralizzazione delle attività,
  • cappa a flusso verticale con filtro mai a flusso
    orizzontale,
  • aree idonee con bagno, adeguato sistema di
    ventilazione, accesso limitato
  • dispositivi di protezione individuale, camice
    idrorepellente con polsini elastici, mascherine,
    cuffia, sovrascarpe ,doppi guanti da sostituire
    ogni 30 minuti di lavoro,
  • valutazione del carico di lavoro, registrazione
    dellesposizione individuale, sorveglianza
    sanitaria, formazione, kit di intervento,
    protocollo e antidoti per spandimento accidentale
    o contaminazione.
  • (D. Lgs. 626/94).

70
Nella somministrazione
  • Trasferendo chemioterapici in sacche, porre
    attenzione a non bucarle, il farmaco deve uscire
    dal locale di preparazione in vassoi chiusi o
    buste di plastica sigillate con le indicazioni di
    rischio, a loro volta riposte in contenitori a
    tenuta.
  • Dispositivi di protezione individuale camice,
    guanti, occhiali, cuffia, sovrascarpe.
  • Lavaggio delle mani prima e dopo ogni sommistr.
    Evitare manovre a rischio espulsione dellaria
    dalla siringa prima della somministrazione,
    perdite di farmaco a livello dei raccordi
    siringa-deflussore, valvola filtro dellaria.
  • Registrazione dosi somministrate, sorveglianza
    sanitaria e formazione.

71
Farmaci fotosensibili
  • Alcuni farmaci (Carboplatino, Cisplatino,
    Dacarbazina, Epirubicina e Metotrexate sono
    sensibile alla luce, se in soluzione ricostituita
    stabili a temperatura ambiente e al riparo dalla
    luce per 20/24 ore, con flaconi e set schermati
    con involucro protettivo in tessuto o alluminio
    da mantenersi anche durante la somministrazione.

72
Gestione dello stravaso
  • Infiltrazione di un farmaco nei tessuti per
    fuoriuscita dello stesso dal vaso sanguigno,
  • il grado del danno dipende dalle caratteristiche
    del farmaco (vescicante o irritante), dalla
    quantità del farmaco assorbita, durata
    dellesposizione, sede dellinfiltrazione,
  • i farmaci irritanti hanno un effetto localizzato
    sulla vena, con o senza reazioni cutanee,
    normalmente non provocano danni ai tessuti, solo
    bruciore e fastidio locale i vescicanti possono
    provocare necrosi tessutale.

73
Gestione dello stravaso
  • Irritanti tra questi Carboplatino, Cisplatino,
    F.U., antidoti sodio tiosolfato o sodio
    bicarbonato, in rapporto al tipo di farmaco, in
    acqua distillata sterile, somministrati
    immediatamente praticando sottocutanee multiple
    di 5 ml attorno alla sede dello stravaso.
  • Vescicanti tra questi Adriamicina, Mitomicina,
    Vincristina, Taxolo, antidoti sodio tiosolfato,
    acido ascorbico o desametasone in soluzione da 1
    ml a 3 ml sottocute in rapporto al tipo di
    farmaco.
  • Non irritanti tra questi MTX e Bleomicina

74
  • Nel sospetto di uno stravaso in una via
  • daccesso periferica
  • interrompere subito linfusione senza rimuovere
    lago,
  • aspirare la maggior quantità possibile di farmaco
    ed almeno 3 ml di sangue, poi rimuovere lago,
    anestesia cutanea con cloruro di etile,
  • sollevare larto per favorire il deflusso venoso,
  • in rapporto al farmaco, usare lantidoto, le
    procedure (uso di idrocortisone), lidocaina
    localmente impacchi caldi o freddi,
  • non comprimere o frizionare, proseguire la
    chemioterapia nellaltro braccio,
  • tenere sotto osservazione la zona per 1-2
    settimane.

75
Smaltimento escreti
  • Usare dispositivi di protezione individuale
    camice, guanti, maschera, occhiali, cuffia e
    sovrascarpe.
  • Gli escreti dei pazienti trattati vanno raccolti
    in modo differenziato e decontaminati con
    antidoti (alcool 70 o ipoclorito di sodio al
    10), poi smaltiti. La raccolta delle urine va
    fatta in recipienti chiusi con coperchio a vite.
    Anche i servizi contaminati da feci, urine o
    vomito vanno trattati con gli antidoti
    (metaboliti di alcuni farmaci presenti fino a 48
    ore dopo la somministrazione).

76
Assistenza durante la terapia
  • I farmaci distruggono anche alcuni tipi di
    cellule normali, le più vulnerabili che si
    dividono e proliferano più rapidamente (del
    midollo osseo i globuli bianchi, del bulbo
    pilifero e della mucosa gastrica).
  • Il danno a queste cellule determina
    mielodepressione, alopecia, mucositi, diarrea,
    stipsi, nausea e vomito.
  • Per pianificare lassistenza occorre conoscere
    il paziente, le sue aspettative, gli obiettivi
    del trattamento, competenza e conoscenze sulla
    chemioterapia, modalità, precauzioni, effetti
    collaterali, eventi per controllo della
    tossicità, protocolli.

77
Il problema delle infezioni
  • Le statistiche dimostrano che linfezione è la
    principale causa di morbilità e mortalità nei
    malati di cancro.
  • I pazienti neoplastici sono particolarmente
    suscettibili alle infezioni. I meccanismi di
    difesa immunitari vengono alterati dal processo
    neoplastico e dai trattamenti. La chemioterapia e
    la radioterapia deprimono il midollo osseo e
    causano neutropenia, alterazioni nelle difese
    anche per luso dei corticosteroidi.
  • I segni classici dellinfezione - edema, calore,
    eritema e dolore - sono spesso assenti e rimane
    solo la febbre come segno di infezione e di
    emergenza potenzialmente molto pericolosa.

78
  • Lazione dei macrofagi viene indebolita nelle
    neutropenie acute da chemioterapia, danneggiata
    dalla radioterapia, compromessa dallinvasione
    tumorale del midollo, i corticosteroidi
    danneggiano la crescita dei neutrofili e
    macrofagi.
  • La chemioterapia rende i malati più a rischio di
    infezioni fungine e virali (herpes), oltre alle
    batteriche.
  • I fattori che contribuiscono al rischio di
    infezione difetti nellimmunità umorale,
    cellulare, organi con forme ostruttive,
    granulocitopenia, distruzione dei tegumenti e
    mucose, uso di presidi a permanenza.
  • Ritardi nella diagnosi e mancanza di un
    intervento tempestivo possono far evolvere
    linfezione in sepsi, i tassi di mortalità per
    sepsi e shock settico vanno dal 40 al 90 dei
    casi.

79
  • In caso di febbre senza eziologia apparente
    (farmaci, tumore, trasfusioni), devono essere
    esaminati tutti i siti di potenziale ingresso di
    germi (cute in zone di iniezioni, biopsie pliche
    cutanee, cavità orale, zona perianale, occhi,
    addome, valutare presenza di tosse, espettorato,
    disuria, pollacchiuria, diarrea.
  • La terapia antibiotica va iniziata subito senza
    attendere lesito degli esami colturali.
    Documentato un tasso di mortalità del 70 entro
    le prime 48 ore in pazienti neutropenici febbrili
    che non hanno ricevuto trattamento antibiotico
    immediato.
  • La terapia viene interrotta dopo 5/7 giorni se il
    malato raggiunge o possiede un adeguato numero di
    granulociti (oltre 500), non presenta episodi
    febbrili ed è libero da infezioni.

80
La prevenzione e terapia
  • Preservare i meccanismi di difesa istruire il
    paziente e la famiglia a riconoscere i segni e
    sintomi (febbre sup. 38, malessere, cefalea).
    Riposo adeguato alternato a movimento per evitare
    i rischi dellimmobilità.
  • Linee guida respiratorie evitare fumo,
    movimento, esercizi quali il tossire e respirare
    profondamente ogni 4 ore.
  • Preservare lintegrità delle barriere meccaniche
    curare ligiene orale, perianale e rettale
    curare ligiene della cute e mucose con
    detergenti non irritanti evitare lesioni,
    attrito o compressione della cute sottoposta a
    radioterapia limitare infusioni, iniezioni,
    cateterismi.

81
  • Eliminazione delle fonti di infezione
    dallambiente ospedaliero e dal personale, con
    lavaggio frequente delle mani per personale e
    visitatori, evitare fiori, umidificatori.
  • Controllo frequente temperatura, stato generale,
    punti di inserzione dei cateteri, esami di
    laboratorio (il livello ottimale dei globuli
    bianchi da 4.000 a 10.000).
  • Isolamento per pazienti con grave neutropenia o
    aplasia camera singola con servizi, flusso di
    visitatori ridotto, ricambo giornaliero della
    biancheria, usare cibi cotti, cambiare la sede
    dei cateteri venosi periferici ogni 48 ore.
  • Terapia CSF fattori stimolanti la crescita,
    ormoni che stimolano la produzione della
    componente cellulata del sangue, associati alla
    chemioterapia riducono la neutropenia, permettono
    dosi maggiori.

82
Stomatite
  • Per azione della chemioterapia o della
    radioterapia.
  • Igiene orale
  • Esame della cavità orale
  • Non usare soluzioni contenenti alcool, adatti
    fisiologica con bicarbonato o sale, camomilla,
    clorexidina per prevenire e ghiaccio in bocca per
    ridurre la tossicità di alcuni farmaci.
    Antifungini, antimicotici e antibatterici
  • Anestetici locali o analgesici per il dolore.

83
Nausea e vomito
  • Non in tutti i casi ma frequenti per ostruzione
    meccanica, disturbi motori, radioterapia,
    chemioterapia
  • 30, Emesi anticipata, prima di usare il farmaco,
    alta componente emotiva
  • Emesi acuta, 2 o 3 ore dopo la chemioterapia,
    maggiore e più frequente dei problemi
  • Emesi ritardata, oltre 16/24 ore dopo e può
    perdurare, prevenire lacuta evita linsorgenza
    della ritardata
  • Antiemetici e desametasone, educazione, comfort,
    dieta, rilassamento.

84
  • Stipsi, disturbo non frequente e perlopiù di
    modesta entità
  • Diarrea, più frequente, occorre tenere sotto
    controllo gli effetti
  • Alopecia, presente nella maggior parte dei
    trattamenti, leffetto è reversibile, la crescita
    dopo 3/5 mesi dalla caduta, sempre al termine del
    trattamento. Incidenza variabile, la ricrescita
    può avere caratteristiche diverse.

85
La radioterapia
  • Lapproccio primario alla malattia con
    radioterapia è sempre meno utilizzato, relegato a
    forme neopastiche localizzate (esempio gli stadi
    precoci del morbo di Hodgkin). La radioterapia
    adiuvante alla chirurgia e/o chemioterapia è
    attualmente lapplicazione più diffusa.
  • Cura della zona radiata per evitare lesioni
    evitare indumenti aderenti, sconsigliati
    deodoranti, usare lozioni emollienti, proteggere
    la cute dal freddo e luce solare diretta. Non
    depilare.

86
Gli accessi venosi a lungo termine
  • Negli anni 80 levoluzione delle metodologie di
    cura
  • ha portato ad una grande diffusione del loro uso
    clinico.
  • Ma prima del 1988 questi nuovi cateteri erano
    presidi
  • complessi e poco conosciuti, associati a molte
  • problematiche tecniche e cliniche che ciascun
  • operatore risolveva in modo personale o da
  • autodidatta, viste anche le scarse possibilità di
  • confronto fra operatori e la poca bibliografia
    disponibile in letteratura.

87
  • Lesigenza in campo oncologico e nella nutrizione
    parenterale era di avere a disposizione cateteri
    che dessero la massima garanzia di
  • a) stabilità dellaccesso venoso,
  • b) possibilità di uso discontinuo,
  • c) durata illimitata,
  • d) protezione da complicanze infettive
    e trombotiche,
  • e) massima biocompatibilità.

88
  • Limportanza dei nuovi cateteri venosi, che più
  • correttamente potremmo definire come sistemi di
  • accesso venoso a medio e lungo termine rispetto
  • ai cateteri venosi centrali utilizzati in ambito
  • ospedaliero, sta soprattutto nella possibilità di
    un
  • loro uso discontinuo, quindi anche a domicilio o
  • ambulatorialmente.

89
Sistemi venosi a lungo termine
  • Possiamo classificarli in due grandi categorie
  • 1. sistemi tunnellizzati esterni
  • 2. sistemi totalmente impiantabili o port.

90
  • Sistemi tunnellizzati esterni
  • I sistemi tunnellizati esterni possono essere
  • a) a lume singolo o doppio,
  • b) a punta aperta (es. Hickman) o chiusa (es.
    Groshong).
  • Questi cateteri venosi centrali - generalmente in
    silicone, ma talora anche in poliuretano vengono
    tunnellizzati allesterno. La tunnellizzazione ha
    un triplice scopo
  • a) stabilizzare il catetere,
  • b) proteggere il catetere da infezioni che
    potrebbero entrare dal foro di uscita,
  • c) far uscire il catetere in un punto comodo per
    la gestione e la medicazione.

91
  • Tutti i cateteri tunnellizzati hanno una cuffia
    (in Dacron) fissata al sistema nel tratto di
    catetere destinato alla tunnellizzazione tale
    cuffia è necessaria per creare aderenze tra il
    catetere e il sottocute del paziente in modo da
    stabilizzare il catetere stesso (3-5 settimane)
    se viene utilizzato un sistema di fissaggio alla
    cute, questo è sempre temporaneo, poiché la
    stabilizzazione del catetere è legata alla
    presenza della cuffia.
  • La maggior parte di questi sistemi venosi
    utilizza come tecnica di impianto la venipuntura
    percutanea, La vena prescelta è solitamente la v.
    succlavia o giugulare con tunnellizzazione in
    senso caudale e fuoriuscita del catetere in
    regione sottoclaveare.

92
  • Sistemi totalmente impiantabili o port
  • I sistemi totalmente impiantabili sono cateteri
    venosi centrali connessi ad un reservoir
    intascato sottocute. La camera-serbatoio
    (reservoir) è costituita in titanio o
    polisulfone, dotata di un setto perforabile e
    connessa ad in catetere in silicone o
    poliuretano. Laccesso al sistema avviene
    mediante puntura transcutanea del setto del
    reservoir utilizzando aghi speciali (aghi di
    Huber) che non lesionano il setto (sono possibili
    più di mille punture).

93
La fase terminale della malattia
94
Le fasi del morire
  • Reazioni messe in atto al momento della
    comunicazione di una prognosi infausta passaggi
    che possono durare ore, giorni, o mesi a volte
    si sovrappongono e si alternano, ogni morte è
    unica quindi estrema diversità nel vissuto delle
    fasi per differenze culturali, formazione o
    coscienza del malato.
  • Rifiuto della diagnosi e prognosi
  • Collera
  • Compromesso
  • Depressione
  • Accettazione

95
Atteggiamenti del personale
  • In rapporto a come lindividuo si confronta con
    la
  • propria morte diverse tipologie di comportamento.

96
  • Punizione, linfermiere considera la morte come
    atto ostile nei suoi confronti (ritarda
    lassistenza, rigido, si arrabbia se muore nel
    suo turno)
  • Ira come risposta allimpotenza verso la morte e
    per senso di colpa
  • Finzione e inesistenza del problema, evita di
    parlarne con il paziente, si sente a disagio
  • Tecnicismo e rigidità (linguaggio che distanzia,
    il paziente evita il confronto)
  • Efficientismo (tenersi occupati con attività
    manuali)
  • Fuga, evita la stanza, attività ridotte al minimo
  • Spersonalizzazione, assistenza fatta in modo
    impersonale, le attività non riguardano i
    soggetti coinvolti.

97
  • Parlare della morte crea ansia, ma possiamo
    aiutare una persona ad affrontarla solo se noi ci
    abbiamo pensato e abbiamo elaborato un
    atteggiamento positivo verso di essa.

98
  • Relazione di aiuto non sostituibile che richiede
  • Non forzare paziente e familiari ad attraversare
    le fasi in successione
  • Ascolto attivo, creare un rapporto di fiducia.
    Sostenerlo e cogliere i messaggi verbali e non
    verbali
  • Linguaggio chiaro, semplice uguali versioni tra
    operatori, non mostrarsi sbrigativi e
    indifferenti, ma rassicuranti, rispettosi e
    comprensivi, considerare le proprie reazioni
  • Offrire una speranza, accettando la morte,
    consentirgli di vivere con dignità, permettergli
    di esprimersi, trasmettere solidarietà (contatto,
    vicinanza).

99
ACCANIMENTO TERAPEUTICO,eutanasia o cure
palliative?
  • La necessità è comunicare in modo chiaro e
    preciso che gli ultimi passi possono essere
    percorsi in vari modi.
  • Limportante è dire al malato e alla sua
    famiglia la verità, comprendere la necessità di
    saper riconoscere i propri limiti come curanti e
    terapisti.
  • Le cure palliative, nate circa 30 anni fa in
    Inghilterra, sono la cura globale e
    multidisciplinare per i pazienti affetti da una
    malattia che non risponde più a trattamenti
    specifici e di cui la morte è la diretta
    conseguenza.

100
Eutanasia
  • La parola eutanasia proviene dal gre-co eu
    buono, thanatos morte. 'Buona morte', quindi,
    termine che si è evoluto e adesso fa riferimento
    all'atto di concludere la vita di un'altra
    persona, dietro sua richiesta, allo scopo di
    diminuirne le sofferenze.
  • Eutanasia passiva si riferisce alla morte
    naturale, quando cioè viene sospeso l'uso degli
    strumenti vitali o delle medicine in modo che si
    verifichi una morte completamente naturale.
  • Eutanasia attiva termine che fa riferimento
    alla morte procurata.
  • Suicidio assistito avviene quando qualcuno dà
    delle informazioni e i mezzi necessari ad un
    paziente affinché possa far finire la propria
    vita.

101
Testamento biologico
  • Nel dicembre del 2003 il Comitato nazionale di
    bioetica (Cnb) ha espresso il suo parere
    favorevole alle direttive anticipate di
    trattamento. Il documento, stilato dal Comitato,
    dà la possibilità ad ogni individuo, nel pieno
    delle sue capacità, di indicare quali cure vorrà
    ricevere o interrompere quando non sarà più in
    grado di esprimere direttamente i suoi desideri.
  • Le direttive anticipate, così come vengono
    definite dal Comitato, sono scritte, mai orali,
    su un foglio, senza moduli affidato a un
    fiduciario e depositato in un luogo pubblico (Asl
    o ospedale). Prevede che si possa chiedere la
    sospensione di una terapia o di un intervento se
    non più utili ad una vita dignitosa.

102
  • Hanno carattere non vincolante per il medico che
    però, soprattutto nel caso le contraddica, dovrà
    giustificarsi per iscritto nella cartella
    clinica. Tutela la libertà del paziente e
    lautonomia del medico.

103
Le cure palliative
  • affermano la vita e considerano la morte come un
    evento naturale
  • non accelerano né ritardano la morte
  • provvedono al sollievo del dolore e degli altri
    sintomi
  • integrano gli aspetti psicologici, sociali e
    spirituali dellassistenza
  • offrono un sistema di supporto per aiutare la
    famiglia durante la malattia del paziente e
    durante il lutto.
  • Léquipe di cure palliative è costituita da un
    medico, un infermiere, un assistente sociale, uno
    psicologo, un volontario, opera in casa o in
    hospice.

104
  • La peculiarità della medicina palliativa è il
    nuovo approccio culturale al problema della
    morte, considerata non più come lantagonista da
    combattere ma accettata a priori come evento
    inevitabile. Da questa premessa teorica nasce una
    pratica clinica che pone al centro
    dellattenzione non più la malattia, ma il malato
    nella sua globalità.
  • La consapevolezza della morte induce
    unattenzione più acuta alla qualità della vita
    ed alla sofferenza di chi sta per morire. Come
    riporta Spinsanti
  • "la medicina delle cure palliative è e rimane
    un servizio alla salute. Non dunque una medicina
    per morente e per aiutare a morire, ma una
    medicina per luomo, che rimane un vivente fino
    alla morte" (Spinsanti, 1988).

105
  • La prima iniziativa, strutturata per offrire una
    risposta pratica e scientifica ai problemi del
    malato morente, per istituire cioè un sistema di
    cure palliative, è un fatto piuttosto recente e
    si collega al movimento Hospice nato negli anni
    Sessanta grazie a Cicely Saunders fondatrice del
    St. Christophers Hospice di Londra.
  • LHospice fornisce supporto ed assistenza a chi
    si trova nella fase terminale di una malattia
    inguaribile, per consentirgli di vivere la vita
    residua in pienezza e nel modo più confortevole
    possibile. Da un punto di vista organizzativo
    lHospice è una struttura intraospedaliera o
    isolata nel territorio che ha in parte le
    caratteristiche della casa, in parte quelle
    dellospedale.
  • Lombardia 32 hospice e 414 posti letto.

106
  • La perdita del ruolo sociale e familiare e la
    nascita di nuovi rapporti dipendenti dallo stato
    di malattia vengono a pesare fortemente
    sullemotività del paziente. Ladattamento alle
    limitazioni fisiche imposte dal progredire della
    malattia e la conservazione della propria dignità
    spesso sono resi difficili dalla mancanza di
    adeguate condizioni socio-ambientali.
  • I problemi più rilevanti sono quelli psicologici,
    anche se la connessione con i problemi fisici è
    in molti casi diretta. Perdita dellidentità che,
    a seconda della diverse condizioni fisiche e
    socio-economiche, si concretizza in differenti
    significati

107
  • perdita del ruolo professionale ed economico
  • perdita del ruolo nellambito familiare
  • declino delle capacità intellettuali.
  • Oltre alla sofferenza e alle conseguenze emotive
    prodotte dalla malattia e dagli effetti
    collaterali delle terapie, ritroviamo
    nellammalato
  • la paura che il dolore possa divenire
    incontrollabile
  • la paura di morire
  • la paura di perdere lautocontrollo mentale e/o
    fisico
  • la preoccupazione di perdere il proprio ruolo in
    famiglia e sentirsi di peso.

108
  • Per i familiari la malattia inguaribile e mortale
    costituisce una dura prova esistenziale al
    dramma della sofferenza e della perdita di una
    persona si aggiungono molteplici problemi che si
    radicalizzano sovrapponendosi ed intrecciandosi
    gli uni con gli altri e per lo più trovano i
    familiari impreparati ad affrontarli. Le
    questioni sono di tre ordini
  • problemi affettivi e personali
  • problemi della comunicazione
  • problemi organizzativi e di gestione.

109
  • La fase terminale, da qualsiasi evento possa
    essere determinata, se deve essere contrastata
    per renderla meno sofferta, deve ricercare per la
    persona una qualità di vita dignitosa, motivata,
    qualunque sia la speranza di quel momento.
    Qualità della vita che ripropone come sempre la
    necessità che anche luomo in questi momenti
    abbia ancora il desiderio di vivere per il tempo
    che gli resta nel modo meno sofferto possibile,
    il desiderio di mantenere la propria dignità.

110
Sentimento della perdita di senso
  • Lindividuo sembra aver perso tutto, ogni rotta,
    ogni direzione, ogni sentimento, anche perché la
    sofferenza stessa avvolge il soggetto-persona
    nella sua globalità.
  • In tal senso possiamo distinguere
  • - un dolore psicologico, la sofferenza di
    sentirsi profondamente mutati
  • - un dolore sociale, la percezione di un
    cambiamento nei rapporti più significativi
  • - un dolore esistenziale, il bisogno di
    trovare un significato in un cambiamento radicale
    della propria vita.

111
  • Quando la vita sembra non avere più prospettive e
    senso, la morte o la necessità di anticiparla
    possono divenire ricorrenti.
  • E comunque sia bisogna rispettare ogni persona
    che matura scelte come queste.
  • Ma anche nelle sofferenze cè un messaggio di
    speranza, nel dolore cè una possibilità di
    futuro, nel presente cè necessità di un domani.
  • La necessità di senso, e dellorientamento, della
    direzione che la vita dovrebbe avere, nel compito
    che si è chiamati ad assolvere e che permette di
    indirizzare la propria esistenza verso un
    traguardo, sapendo affrontare il dolore, dandosi
    un compito e un senso
  • lamore che possiamo dare e ricevere.

112
  • Riconoscere i propri limiti e imparare a
    ricaricarsi, non atteggiamento difensivo, più ci
    si difende più ci si sente stanchi.
  • Chi si dà, sembra ricaricarsi simultaneamente.
  • (La morte amica di Marie De Hennezel)

113
  • La traccia, il senso che dobbiamo tentare di
    continuare a lasciare dietro di noi
  • costruendo il senso della nostra storia o
    attraverso gli altri ricostruire il senso del
    proprio vissuto.
  • Lasciare una traccia, una storia può essere un
    grande dono sia per chi riceve che per chi dona.

114
  • Probabilmente il fascino esercitato dalle storie
    autobiografiche, anche di personaggi che possono
    esserci estranei, dipende proprio dalla loro
    capacità di indurci a riflettere sulle
    esperienze, ad andare oltre ai ricordi specifici,
    alla registrazione dei fatti, per individuarvi
    significati più generali.

115
Grazie per l'attenzione
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