Title: LEIBNIZ (verit
1LEIBNIZ(verità di ragione e verità di fatto la
sostanza individuale)
- prof. Michele de Pasquale
2- lo spirito più universale che i popoli moderni
hanno prodotto fino a Goethe " - (Dilthey)
3- se il Dio-Natura di Spinoza è lordine geometrico
delluniverso, Leibniz contesta che tale ordine
sia solo necessario, determinato geometricamente - in effetti Leibniz vuole inserire in questordine
la possibilità (libertà) che vada oltre la
necessità
il finalismo che vada oltre la causalità meccanica
esiste un ordine libero, contingente (la sua
esistenza non è necessaria, ma neppure
impossibile)
4- si può dire che, in qualunque maniera Dio
avesse creato il mondo, esso sarebbe stato sempre
regolare e conforme a un ordine generale. - Ma Dio ha scelto l'ordine più perfetto, cioè
quello che nel medesimo tempo è piú semplice di
ipotesi e piú ricco di fenomeni, come potrebbe
essere una linea geometrica la cui costruzione
sarebbe agevole ed avesse proprietà ed effetti ed
una grande estensione, degni della piú grande
ammirazione.(Leibniz, Discorso di Metafisica) - la libertà di realizzare un ordine anziché un
altro è riconosciuta soltanto a Dio - contro Spinoza, Leibniz riprende il concetto
cristiano del Dio persona, fornito di intelletto
e volontà e libero di agire nel modo che ritiene
migliore
5- Leibniz mantiene la caratteristica di necessità
per il mondo della logica
le verità di questo mondo sono le verità di
ragione (sono regolate dal principio di identità
e non contraddizione il contrario è impensabile
e contraddittorio)
le verità fondate su questo principio sono
necessarie, ma non dicono nulla sulla esistenza
di fatto sono verità che non derivano
dallesperienza (innate)
6- Leibniz mantiene la caratteristica di contingenza
per il mondo della realtà
le verità di questo mondo sono le verità di
fatto (sono regolate dal principio di ragion
sufficiente il contrario è pensabile e non
contraddittorio)
tutto ciò che accade ha una ragione, cioè è
possibile trovare una spiegazione delle cose
(trovare un nesso che le lega) non si tratta,
quindi, di una spiegazione infallibile è una
spiegazione che implica la causa finale spiega
senza necessitare
7-
- I nostri ragionamenti sono fondati su due
grandi princípi, quello di contraddizione, in
virtú del quale noi giudichiamo falso ciò che
implica contraddizione e vero ciò che è opposto o
contraddittorio al falso. - E quello di ragion sufficiente, in virtú del
quale consideriamo che nessun fatto può essere
vero o esistente e nessuna proposizione vera,
senza che vi sia una ragione sufficiente perché
sia cosí e non altrimenti, per quanto queste
ragioni il piú delle volte non possano esserci
conosciute. - Vi sono pure due specie di verità, quelle di
ragione, e quelle di fatto. Le verità di ragione
sono necessarie ed il loro opposto è impossibile,
quelle di fatto sono contingenti ed il loro
opposto è possibile. Quando una verità è
necessaria, è possibile trovarne la ragione,
mediante l'analisi, risolvendola in idee e verità
più semplici, fino a quando non si giunga alle
verità primitive. - Ed è perciò che nelle matematiche i teoremi
speculativi ed i canoni pratici sono ricondotti,
mediante l'analisi, alle definizioni, agli
assiomi ed ai postulati. - Vi sono infine idee semplici delle quali non è
possibile dare la definizione cosí vi sono
assiomi e postulati, in una parola, princípi
primitivi, che non possono essere provati, perché
non hanno bisogno di prova sono enunciati
identici, il cui opposto contiene una
contraddizione manifesta.
8- Ma la ragione sufficiente si deve trovare anche
nelle verità contingenti o di fatto cioè nella
serie delle cose sparse nell'universo delle
creature in esse la risoluzione in ragioni
particolari può essere spinta senza limiti, a
causa dell'immensa varietà delle cose della
natura e della divisione dei corpi all'infinito.
C'è un'infinità di figure e di movimenti,
presenti e passati, che entrano nella causa
efficiente del mio presente scrivere, e c'è una
infinità di piccole inclinazioni e di
disposizioni della mia anima, presenti e passate,
che entrano nella causa finale. - E siccome tutto questo dettaglio non implica se
non altri contingenti anteriori, ancora piú
particolareggiati, ciascuno dei quali ha bisogno,
perché se ne possa rendere ragione, di un'analisi
simile, a questo modo non si avanza affatto e
bisogna che la ragione sufficiente o ultima sia
al di fuori della successione o della serie di
questi dettagli delle contingenze, per quanto
infinita possa essere. - È perciò che la ragione ultima delle cose deve
trovarsi in una sostanza necessaria, nella quale
il dettaglio dei mutamenti si trovi in modo
eminente come in una fonte è quello che
chiamiamo Dio. - Ora, poiché questa sostanza è la ragione
sufficiente di tutto quel dettaglio, che cosí è
tutto legato, non c'è che un solo Dio e questo
Dio è sufficiente. - Si può inoltre affermare che questa sostanza
suprema, che è l'unica universale e necessaria,
non avendo nulla al di fuori di sé che sia da
essa indipendente ed essendo una conseguenza
diretta dell'essere possibile, deve essere
incapace di limiti e contenere la massima
quantità possibile di realtà. - (Leibniz, Monadologia, 31-40)
9- Leibniz non è soddisfatto dalle soluzioni offerte
dalla scienza del tempo - la concezione cartesiana della materia come pura
estensione gli appare troppo riduttiva, il
materialismo meccanicistico di Hobbes è privo di
finalismo, il necessitarismo spinoziano privo di
libertà e di una meta finale - bisogna reintegrare nella loro dignità
scientifica il principio dell'azione della
materia in vista di un fine (il finalismo),
quello della presenza nella materia stessa di una
tensione spirituale giustificativa del movimento - bisogna conciliare il meccanicismo dei moderni
con la fisica aristotelica
10- Una delle mie grandi massime e delle piú ricche
di applicazioni, è che la natura non fa mai salti
(natura non facit saltus) l'ho chiamata legge
della continuità ... l'uso di questa legge è
molto importante nella fisica essa stabilisce
che si passi sempre dal piccolo al grande e
viceversa, attraverso il medio, nei gradi come
nelle parti, e che mai un movimento nasce
immediatamente dal riposo, né vi giunga se non
attraverso un movimento piú piccolo ... Giudicare
altrimenti significa non conoscere a sufficienza
l'immensa sottigliezza delle cose che implica
sempre e ovunque un infinito attuale. - (Leibniz, Nuovi saggi)
11- questa materia continua, omogenea, scomponibile
all'infinito non può coincidere con la pura
estensione, come voleva Cartesio - la semplice estensione, infatti, non basta a dar
conto di una serie di "qualità" della materia - certamente non derivano dall'estensione né il
movimento o azione, né la resistenza o passione
e neppure le leggi della natura che regolano il
movimento e l'urto dei corpi. - (Leibniz, Monadologia)
- solo il movimento può giustificare queste
"qualità" - se la massa è inizialmente continua, è
necessario che le forme sorgano dal movimento
.... perché dal movimento deriva la divisione,
dalla divisione il limite delle parti, dai limiti
delle parti le loro figure, le forme, quindi dal
movimento derivano le forme. E chiaro da ciò che
ogni tendenza alla forma è movimento. (Leibniz
, Lettera a Thomasius,)
12- esclusa l'estensione come essenza della materia,
su che cosa agisce il movimento per avviare il
processo generativo delle varie forme? - che cosa segna l'inizio della materia e dello
stesso movimento? - Leibniz individua nel punto inesteso l'inizio
del processo da cui si originano il corpo e lo
spazio, nell'istante quello da cui si origina il
tempo e nel conatus quello da cui si origina il
movimento - Non si potrà mai, dunque, considerare come
inizio ciò a cui si può togliere qualcosa. Ciò a
cui non si può togliere alcuna estensione è
inesteso dunque, l'inizio del corpo, o dello
spazio, o del movimento, o del tempo, (cioè il
punto, il conatus, l'istante) o è nullo, il che è
assurdo, oppure è inesteso il che era da
dimostrarsi. Il punto non è cio che non ha parti,
e neppure ciò di cui non si considerano le parti
ma ciò la cui estensione è nulla, cioè le cui
parti non hanno distanza fra di loro, la cui
grandezza non è da considerarsi, è
inassegnabile. - (Leibniz, Hyphothesis physica nova)
- non si può ritenere come inizio l'esteso
- infatti da un segmento esteso io posso togliere
sempre una parte senza mai toccare il suo inizio
13- questo punto inesteso, questo conatus, quando si
estende nello spazio dà luogo alla materia,
quando si estende nel tempo dà luogo alla
memoria, cioè allo spirito - corpo e spirito hanno la stessa origine, derivano
dallo stesso punto privo di estensione - ma, pur avendo lo stesso punto di partenza,
materia e spirito non sono la stessa realtà - Sono capace di dimostrare dalla natura del
movimento nel campo fisico, da me scoperta, che
il movimento non può esistere nei corpi presiper
sé, se non vi si aggiunga lo spirito ... che lo
spirito è incorporeo che lospirito agisce su se
stesso, che nessuna azione su se stesso può
essere movimento, che l'azione del corpo non è se
non il movimento, e che quindi lospirito non è
corpo. (Leibniz, Lettera al duca di Hannover)
14- pur avendo individuato con un rigoroso discorso
di tipo matematico lo stesso inizio per lo
spirito e la materia, Leibniz ripristina il
dualismo spirito materia, affidando al primo un
ruolo attivo, alla seconda un ruolo passivo - Infatti la materia. è di per sé priva di
movimento. Principio di ogni movimento è lo
spirito ".(Leibniz, Lettera a Thomasius)
15- in seguito Leibniz identifica lo spirito con la "
forza viva ", con la " forza motrice " capace di
produrre movimento - nella materia c'è una forza attiva (vis activa)
che ha carattere di spiritualità - negli esseri corporei vi è qualche cosa al dì
là dell'estensione, anzi prima dell'estensione
la forza della natura riposta ovunque dall'autore
supremo, la quale non consiste soltanto in una
semplice facoltà, come si contentavano di dire
gli scolastici, ma anche in un conatus o sforzo,
il quale avrà il suo effetto pieno se non sia
impedito da un conatus contrario. Questo sforzo
si mostra da ogni parte ai nostri sensi, e, a mio
avviso, può essere dimostrato ovunque nella
materia, anche là dove non è evidente ai sensi.
Che se questa forza non si deve attribuire a Dio
come un miracolo, bisogna certamente che sia
immessa da lui nei corpi, in modo da costituirne
l'intima natura poiché l'agire è il carattere
essenziale delle sostanze. - (Leibniz, Specimen dinamicum)
16- l'analisi fisica ha condotto Leibniz ad
individuare la sostanza esistente di fatto in un
"sinolo" di materia e forma, di corpo e spirito - questa sostanza individuale verrà chiamata monade
- a questa sostanza si possono attribuire parecchi
predicati senza che essa possa fungere mai da
predicato per un altro soggetto - tutti i vari predicati attribuibili ad un
soggetto hanno il loro fondamento nella natura
stessa del soggetto - il soggetto è la ragion sufficiente atta a
giustificare ogni predicato ad esso attribuibile
(quando il soggetto non sembra contenere
"espressamente" il predicato, vuol dire che lo
contiene " virtualmente ) - Bisogna, quindi, che il termine del soggetto
racchiuda sempre quello del predicato, in modo
tale che colui che comprendesse perfettamente la
nozione del soggetto dovrebbe giudicare che il
predicato gli appartiene.(Leibniz, Discorso di
Metafisica)
17- se consideriamo il soggetto non più dal punto di
vista umano ma da quello divino dobbiamo
convenire che - Dio, mentre vede la nozione individuale di
Alessandro, vi vede, al tempo stesso, il
fondamento e la ragione di tutti i predicati che
ad essa si possono con verità attribuire, come,
per esempio, che egli vincerà Dario e Poro, fino
a riconoscervi a priori (e non per esperienza) se
egli sia morto di morte naturale o di veleno,
cose che noi non possiamo sapere se non dalla
storia. Cosí quando si considera bene la
connessione delle cose, si può dire che in ogni
momento si trovano nell'anima di Alessandro Magno
le tracce di tutto ciò che gli è accaduto ed i
segni di tutto ciò che gli accadrà, nonché le
tracce di tutto ciò che accade nell'universo,
sebbene appartenga solo a Dio riconoscerle
tutte. - (Leibniz, Discorso di Metafisica)
18- si ripresenta l'antico problema del rapporto tra
prescienza divina e libertà umana - Potrebbe sembrare in tal modo che vada
distrutta la differenza tra verità contingenti e
verità necessarie, che la libertà umana non abbia
piú luogo e che una fatalità assoluta regni su
tutte le nostre azioni, come su tutti gli eventi
del mondo. A ciò rispondo che bisogna distinguere
tra il certo ed il necessario. (Leibniz,
Discorso di Metafisica) - certo è ciò il cui contrario è possibile e la cui
esistenza è giustificata da una serie di eventi,
ciò che poteva realizzarsi o meno in rapporto
alla libera scelta di Dio - il certo diventa necessario soltanto quando Dio
tra le tante serie di eventi tra cui può
scegliere decide di dare esistenza soltanto a
quella serie in cui è contenuto quell'evento - il necessario, invece, è tale perché il suo
contrario è impossibile e logicamente
contraddittorio
19- luomo crede di essere libero soltanto perché non
conosce la totalità dei predicati che ineriscono
alla sua "sostanza individuale - ogni volta che agisce crede di aver agito secondo
libertà - se possedesse, come possiede Dio, la visione
completa di tutto ciò che in maniera esplicita, o
in maniera potenziale, è già presente nella sua
sostanza, si accorgerebbe che, per quanto
logicamente sia possibile il contrario di
quell'evento che sta realizzando, storicamente
non potrebbe agire diversamente da come agisce - la libertà umana è frutto di una illusione
psicologica è un inganno dovuto al limiti
conoscitivi della mente umana
20- il concetto di sostanza individuale non
necessariamente coincide con il concetto di uomo
anche i corpi fisici posseggono una forma
sostanziale - Si può anche dimostrare che la nozione della
grandezza, della figura, del movimento, non è poi
cosí distinta come s'immagina e che racchiude
qualcosa di immaginario e di relativo alle nostre
percezioni, come accade (sebbene in grado
maggiore) per il colore, il calore ed altre
qualità simili, delle quali si può dubitare se si
trovino realmente nella natura delle cose fuori
di noi. Ed è perciò che le qualità di questo
genere non possono costituire alcuna sostanza.
(Leibniz, Discorso di Metaf, XII) - la tradizionale distinzione delle qualità della
realtà in oggettive e soggettive è completamente
superata la natura vera delle cose non consiste
nel colore, nel sapore, nel calore, ma neppure
nella grandezza, nella figura o nel movimento - essa risiede soltanto in quel punto inesteso, il
conatus, da cui si origina la doppia serie dei
fenomeni materiali e spirituali -
- il principio della divisibilità all'infinito
della materia estesa ha condotto a postulare, al
di là dei fenomeni, tanti punti di forza, tante
sostanze spirituali - il mondo fisico risulta cosí dall'aggregazione di
atomi spirituali privi di estensione, dei veri e
propri concentrati di energia