Title: UNIONE EUROPEA E PARI OPPORTUNITA
1-
- UNIONE EUROPEA E PARI OPPORTUNITA
2Carta dei diritti fondamentali
- Articolo 21
- Non discriminazione
- 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione
fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il
colore della pelle o l'origine etnica o sociale,
le caratteristiche genetiche, la lingua, la
religione o le convinzioni personali, le opinioni
politiche o di qualsiasi altra natura,
l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il
patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o
l'orientamento sessuale. 2. Nell'ambito
d'applicazione dei trattati e fatte salve
disposizioni specifiche in essi contenute, è
vietata qualsiasi discriminazione in base alla
nazionalità.
3Carta dei diritti fondamentali
- Articolo 23
- Parità tra donne e uomini
- La parità tra donne e uomini deve essere
assicurata in tutti i campi, compreso in materia
di occupazione, di lavoro e di retribuzione. - Il principio della parità non osta al
mantenimento o all'adozione di misure che
prevedano vantaggi specifici a favore del sesso
sottorappresentato.
4Trattato di Lisbona
- Articolo 2 TUE
- L'Unione si fonda sui valori del rispetto della
dignità umana, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del
rispetto dei diritti umani, compresi i diritti
delle persone appartenenti a minoranze. Questi
valori sono comuni agli Stati membri in una
società caratterizzata dal pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla
giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra
donne e uomini.
5Trattato di Lisbona
- Articolo 3 TUE
- () L'Unione combatte l'esclusione sociale e le
discriminazioni e promuove la giustizia e la
protezione sociali, la parità tra donne e uomini,
la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei
diritti del minore. - .
6Trattato di Lisbona
- Articolo 8 TFUE
- Nelle sue azioni l'Unione mira ad eliminare le
ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra
uomini e donne. - Articolo 10 TFUE
- Nella definizione e nellattuazione delle sue
politiche e azioni, lUnione mira a combattere le
discriminazioni fondate sul sesso, la razza o
lorigine etnica, la religione e le convinzioni
personali, la disabilità, letà o lorientamento
sessuale.
7Trattato di Lisbona
- Articolo 157 TFUE
- (ex articolo 141 del TCE)
- 1. Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione
del principio della parità di retribuzione tra
lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso
femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro
di pari valore. - 2. Per retribuzione si intende, a norma del
presente articolo, il salario o trattamento
normale di base o minimo e tutti gli altri
vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in
contanti o in natura, dal datore di lavoro al
lavoratore in ragione dell'impiego di
quest'ultimo. - La parità di retribuzione, senza discriminazione
fondata sul sesso, implica - a) che la retribuzione corrisposta per uno
stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in
base a una stessa unità di misura - b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro
pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di
lavoro. - ()
- 4. Allo scopo di assicurare l'effettiva e
completa parità tra uomini e donne nella vita
lavorativa, il principio della parità di
trattamento non osta a che uno Stato membro
mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi
specifici diretti a facilitare l'esercizio di
un'attività professionale da parte del sesso
sottorappresentato ovvero a evitare o compensare
svantaggi nelle carriere professionali.
8Il ruolo della Corte di Giustizia
- Violazione art. 119 Trattato CEE (oggi art. 157
TFUE) - Sentenza 8 aprile 1976, Defrenne c. Sabena dal
preciso tenore dellart. 119 emerge che
lapplicazione del principio della parità di
retribuzione () doveva essere garantito (negli
Stati membri originari) in modo pieno e
definitivo alla fine della prima tappa del
periodo transitorio, cioè il 1 gennaio 1962 e
che in mancanza di disposizioni transitorie il
principio di cui allart. 119 è pienamente
efficace per i nuovi Stati membri a partire
dallentrata in vigore del trattato di adesione
9APPLICABILITA DIRETTA
- LA NORMA CON EFFETTO DIRETTO VA APPLICATA NON
SOLO DAI GIUDICI, MA DA TUTTI GLI ORGANI DELLO
STATO, CHE DOVRANNO RICONOSCERE LA PREVALENZA
DELLA NORMA COMUNITARIA, DISAPPLICANDO LA NORMA
INTERNA INCOMPATIBILE . - PERALTRO I PRIVATI POTRANNO FAR VALERE
DIRETTAMENTE DAVANTI AL GIUDICE INTERNO LA
POSIZIONE GIURIDICA VANTATA IN FORZA DELLA NORMA
COMUNITARIA.
10Il ruolo della Corte di Giustizia
- Violazione art. 119 Trattato CEE (oggi art. 157
TFUE) - Sentenza 31 marzo 1981, Jenkins applicabilità
diretta del principio non solo con riferimento
alle discriminazioni dirette e palesi, che si
possono accertare con lausilio dei soli criteri
di identità del lavoro e parità di retribuzione
indicati dal detto articolo ma anche con
riferimento alle discriminazioni indirette e
dissimulate costituite da misure solo in
apparenza neutre che di fatto svantaggiano
prevalentemente un determinato sesso.
11ESEMPIO DI DISCRIMINAZIONE INDIRETTA
- previsione di una particolare indennità solo per
dipendenti che abbiano sempre optato per il
full-time le donne che più spesso richiedono
il part-time per ragioni di conciliazione fra
casa e lavoro, ne sarebbero indirettamente
escluse.
12Azioni positive
-
- Direttiva n. 76/207 del 9 febbraio 1976,
relativa allattuazione del principio della
parità di trattamento fra gli uomini e le donne
per quanto riguarda laccesso al lavoro - Art. 2, n. 4 consente agli Stati membri di
adottare e/o mantenere in vigore le misure volte
a promuovere la parità delle opportunità per gli
uomini e le donne, in particolare ponendo rimedio
alle disparità di fatto che pregiudicano le
opportunità delle donne nei settori di cui
allart. 1, n. 1, cioè rispetto allaccesso al
lavoro, ivi compresa la promozione, laccesso
alla formazione professionale, nonché le
condizioni di lavoro e di sicurezza sociale.
13Azioni Positive
- Misure che non sono direttamente discriminatorie,
ma mirano semplicemente a migliorare la
formazione e le qualifiche delle donne (ad
esempio lassegnazione di posti di formazione
alle donne). - Misure intese a consentire alle donne di
conciliare meglio il loro ruolo di madri con
lattività professionale (come la possibilità di
fruire di servizi di custodia infantile messi a
disposizione dal datore di lavoro). - Misure intese a ridurre la sottorappresentanza
delle donne nella vita professionale. In
questultima categoria rientrano i provvedimenti
che hanno unincidenza diretta sulloccupazione,
accordano preferenza alle donne nelle procedure
di selezione o stabiliscono obiettivi o quote da
raggiungere. Si tratta, dunque, di azioni
positive di risultato
14Il ruolo della Corte di Giustizia Azioni positive
- Bilanciamento fra principio di non
discriminazione e adozione di Azioni Positive - Sentenza 17 ottobre 1995, Kalanke
- Illegittimità del sistema automatico secondo
la Corte, lart. 2, n. 4, configurando le pari
opportunità in termini derogatori al principio di
parità di trattamento, postula uninterpretazione
assolutamente restrittiva essa consente infatti
di adottare solo azioni volte a realizzare la
parità nei punti di partenza al contrario,
secondo la Corte il sistema del Land di Brema
sostituisce all' obiettivo della promozione
della parità delle opportunità, di cui all' art.
2, n. 4, un risultato al quale si potrebbe
pervenire solo mediante l' attuazione di tale
obiettivo.
15- Sentenza 11 novembre 1997, Marshall
- La Corte considera il sistema istituito dalla
legge in questione non automatico e quindi
legittimo, in quanto questa prevede che il datore
di lavoro può non rispettare l'obbligo di dare
preferenza alle donne in presenza di motivi
inerenti alla persona di un candidato di sesso
maschile. - Sentenza 28 marzo 2000, Badeck e al.
- La Corte ha giudicato legittima una legge del
Land dellAssia, che nei settori del pubblico
impiego in cui le donne sono sottorappresentate
accorda, a parità di qualifiche tra candidati di
sesso diverso, una preferenza ai candidati di
sesso femminile, purché venga garantito che le
candidature siano oggetto di una valutazione
obiettiva che tenga conto della situazione
personale particolare di tutti i candidati.
16- Sentenza 6 luglio 2000, Abrahamson e Anderson
- La Corte ha giudicato inammissibile, perché
contraria allart. 141 (ex art. 119 del Trattato
di Roma), la legislazione svedese che per la
selezione per un posto nel pubblico impiego
permetteva di accordare la preferenza ad un
candidato del sesso sottorappresentato in
possesso di qualifiche sufficienti, ma non
equivalenti a quelle dellaltro sesso, alla sola
condizione che la differenza fra i meriti dei
concorrenti non fosse tanto rilevante da
pregiudicare lesigenza di obiettività
nellassegnazione dei posti.
17- Sentenza 19 marzo 2002, Lommers
- La Corte ha ritenuto ammissibile la normativa
olandese che, al fine di far fronte ad una
rilevante sottorappresentazione delle donne,
riserva solo ai dipendenti di sesso femminile
posti in asilo nido sovvenzionati, ma non esclude
che possano accedere al beneficio dipendenti di
sesso maschile quando si trovino in condizioni di
necessità riconosciute dal datore di lavoro ed è
perciò conforme al principio di proporzionalità.
18Il ruolo della Corte di Giustizia nella tutela
della lavoratrice madre
- Sentenza 30 aprile 1998, Caisse Nationale
d'assurance vieillesse des travailleurs salariés
(CNAVTS) v. Thibault Si deve pertanto
considerare che una donna che subisce un
trattamento sfavorevole per quanto riguarda le
sue condizioni di lavoro, nel senso che viene
privata del diritto di ricevere il suo rapporto
informativo annuale e, conseguentemente, di
ottenere una promozione, a causa di un'assenza
per maternità, è vittima di una discriminazione
che ha origine nella sua gravidanza e nel suo
congedo di maternità.
19- Sentenza 18 novembre 2004, Land Brandenburg v.
Sass una donna che subisca un trattamento
sfavorevole a causa di un'assenza per congedo di
maternità è vittima di una discriminazione che ha
origine nella sua gravidanza e nel detto congedo.
Un comportamento del genere costituisce una
discriminazione direttamente fondata sul sesso . - Sentenza 16 febbraio 2006, Sarkatzis Herrero v.
Instituto Madrileño de la Salud (Imsalud) la
Corte ha ritenuto incompatibile col diritto
comunitario una disciplina che posticipava la
data di entrata in servizio della lavoratrice
alla fine del congedo di maternità, senza
prendere in considerazione tale periodo ai fini
dell ?anzianità di servizio.
20- Sentenza 1 luglio 2010, Sanna Maria Parviainen v.
Finnair Oyj un sistema di retribuzione che non
tiene conto () degli elementi della retribuzione
o delle integrazioni che si ricollegano allo
status professionale della lavoratrice
gestante,() come le integrazioni connesse alla
qualità di superiore gerarchico dell
interessata, alla sua anzianità e alle sue
qualifiche professionali, non può essere
considerato conforme ai requisiti previsti
dallart. 11, punto 1, della direttiva 92/85
(riconoscimento di un?indennità adeguata nel
periodo di maternità).
21Recenti sviluppi della giurisprudenza europea
- Incompatibilità del regime pensionistico italiano
con il principio della parità delle retribuzioni
tra uomini e donne - Commissione c. Italia, causa C-46/07
22Largomento della Repubblica italiana secondo
cui la fissazione, ai fini del pensionamento, di
una condizione di età diversa a seconda del sesso
è giustificata dallobiettivo di eliminare
discriminazioni a danno delle donne non può
essere accolto. Anche se lart. 141, n. 4, CE
autorizza gli Stati membri a mantenere o a
adottare misure che prevedano vantaggi specifici,
diretti a evitare o compensare svantaggi nelle
carriere professionali, al fine di assicurare una
piena uguaglianza tra uomini e donne nella vita
professionale, non se ne può dedurre che questa
disposizione consente la fissazione di una tale
condizione di età diversa a seconda del sesso.
Infatti, i provvedimenti nazionali contemplati da
tale disposizione debbono, in ogni caso,
contribuire ad aiutare la donna a vivere la
propria vita lavorativa su un piano di parità
rispetto alluomo.
23 .. Ora, la fissazione, ai fini del
pensionamento, di una condizione detà diversa a
seconda del sesso non è tale da compensare gli
svantaggi ai quali sono esposte le carriere dei
dipendenti pubblici di sesso femminile aiutando
queste donne nella loro vita professionale e
ponendo rimedio ai problemi che esse possono
incontrare durante la loro carriera
professionale. Tenuto conto delle considerazioni
che precedono, occorre constatare che, mantenendo
in vigore una normativa in forza della quale i
dipendenti pubblici hanno diritto a ricevere la
pensione di vecchiaia a età diverse a seconda che
siano uomini o donne, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi di cui allart. 141 CE.