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Perch

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Title: Metodologia della ricerca storica lezione n. 2 Author: bartoli Last modified by: buonocore Created Date: 10/1/2002 9:26:23 AM Document presentation format – PowerPoint PPT presentation

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Tags: futuro | perch | semplice

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Transcript and Presenter's Notes

Title: Perch


1
Perché lEuropa sta rinunciando alla storia?
Le incertezze dellistruzione  Corso di
aggiornamento per insegnanti
  • Prof. Marco Bartoli

Facoltà di Scienze della Formazione Piazza delle
Vaschette, 101 00193 Roma 06.68422367/368 -
formazione_at_lumsa.it
2
Una Costituzione per l'Europa
  • Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno
    2004, i 25 Capi di Stato e di Governo dell'Unione
    europea, hanno approvato la Costituzione per
    l'Europa. Un risultato storico che consente di
    gettare basi solide e importanti per l'Unione
    europea e dare uno nuovo slancio al cammino
    comunitario.

3
Un sogno?
  • La nostra Costituzione ... si chiama democrazia
    perché il potere non è nelle mani di pochi, ma
    dei più.
  • Tucidide II, 37

4
Il preambolo
Consapevoli che lEuropa è un continente
portatore di civiltà che i suoi abitanti, giunti
in ondate successive fin dagli albori
dellumanità, vi hanno progressivamente
sviluppato i valori che sono alla base
dellumanesimo uguaglianza degli esseri umani,
libertà, rispetto della ragione Ispirandosi alle
eredità culturali, religiose e umanistiche
dellEuropa, i cui valori, sempre presenti nel
suo patrimonio, hanno ancorato nella vita della
società il ruolo centrale della persona, dei suoi
diritti inviolabili e inalienabili e il rispetto
del diritto Convinti che lEuropa, ormai
riunificata, intende proseguire questo percorso
di civiltà, di progresso e di prosperità per il
bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più
deboli e bisognosi che vuole restare un
continente aperto alla cultura, al sapere e al
progresso sociale
5
che desidera approfondire il carattere
democratico e trasparente della vita pubblica e
operare a favore della pace, della giustizia e
della solidarietà nel mondo Persuasi che i
popoli dellEuropa, pur restando fieri della loro
identità e della loro storia nazionale, sono
decisi a superare le antiche divisioni e, uniti
in modo sempre più stretto, a forgiare il loro
comune destino Certi che, "unita nella
diversità", lEuropa offre loro le migliori
possibilità di proseguire, nel rispetto dei
diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle
loro responsabilità nei confronti delle
generazioni future e della Terra, la grande
avventura che fa di essa uno spazio privilegiato
della speranza umana Cfr. http//www.europarl.it
/costituzione/index.asp
6
Oggi lEuropa ha non solo loccasione di
dimostrare al mondo che molte nazioni diverse
possono convivere allinterno di una
conformazione sovranazionale e democratica, ma ha
anche lopportunità di ispirare il mondo in altro
modo dare lesempio, dimostrare cioè che si può
vivere bene su questa terra, anche se si pone
laccento su valori quali la bellezza di un
paese, laffetto per il prossimo e il rispetto
verso chi vivrà quando noi saremo partiti per il
regno delle tenebre, piuttosto che porre
laccento sulla produzione del profitto o sulla
crescita del prodotto interno lordo. Vaclav
Havel, in La Repubblica del 12 giugno 2004, p.
35
7
Un problema
  • A dispetto delle belle affermazioni contenute
    nella Costituzione, i popoli europei sembrano non
    aver dato molta importanza alla consultazione
    elettorale europea il fenomeno
    dellastensionismo
  • Si assiste cioè al fenomeno, da più parti
    segnalato, di un distacco della gente comune
    dalle istituzioni europee.

8
Un problema verso il futuro
  • La disaffezione dei cittadini europei verso
    lUnione sembra motivata soprattutto da una
    mancanza di progetto per il futuro
  • Cosa deve essere lEuropa di domani?
  • Tutti dicono che non basta lEuropa dei banchieri
    e dei burocrati, ma quale Europa bisogna
    costruire?

9
dal futuro promessa al futuro minaccia
  • Un filosofo-psicanalista argentino, Miguel
    Benasayag e uno psichiatra infantile francese,
    Gérard Schmit, hanno scritto un libro, intitolato
    L'epoca delle passioni tristi, recentemente
    tradotto anche in italiano. Essi partono
    dall'osservazione che nei centri di consulenza
    psicologia e psichiatrica in Francia gli utenti
    in massima parte presentano delle sofferenze che
    non sono tanto di natura e di origine
    psicologica, quanto riflettono una tristezza
    diffusa nella nostra società, figlia di un
    sentimento di insicurezza e precarietà. Gli
    autori parlano di una crisi dovuta ad un
    cambiamento di segno del futuro dal
    futuro-promessa al futuro-minaccia.
  • Milano 2004, pp. 130.

10
  • Nel cuore di tanti, forse nel cuore stesso
    dell'Occidente, è morta la speranza teologica, il
    futuro promesso dall'annuncio evangelico, ma sono
    morte anche le speranze che di quella si erano
    fatte eredi la scienza, l' utopia, la
    rivoluzione. E' morta così ogni idea di storia
    come redenzione, progresso (scientifico o
    sociale) o come salvezza.
  • Nel frattempo si presentano sempre più forti
    minacce nuove malattie, esplosioni di violenza,
    attacchi terroristici, abitudine alla guerra.

11
Cè una strana mancanza di voglia di futuro. I
figli, che sono il futuro, vengono visti come una
minaccia per il presente essi ci portano via
qualcosa della nostra vita, così si pensa. Essi
non vengono sentiti come una speranza, bensì come
un limite del presente. Il confronto con lImpero
Romano al tramonto si impone esso funzionava
ancora come grande cornice storica, ma in pratica
viveva già di quelli che dovevano dissolverlo,
poiché esso stesso non aveva più alcuna energia
vitale. dal discorso del card. J. Ratzinger al
Senato della Repubblica 13 maggio scorso, dal
titolo Europa. I suoi fondamenti spirituali ieri,
oggi e domani.
12
I pericoli, intendiamoci, non vanno
sottovalutati. Quanto alla Pds partito erede
dei Comunisti dell' EST, credo che si
ridimensionerà presto. Alle ultime politiche
hanno portato al Bundestag appena due deputati.
Ma è uno svantaggio inevitabile della democrazia
e delle nostre società che in mo- menti
difficili come quello attuale, tanta gente sia
così stupida da dar credito a chi promette di far
di più e meglio per i lavoratori, o per l'est, o
per la nazione. La stessa demagogia della Pds,
a volte con slogan uguali o quasi, è usata in
versione nazionalista dall'ultradestra. I due
estremismi culla- no sogni irreali di una
società senza classi, di una nazione solidale.
La gente fa presto a dimenticare che Hitler
ridusse la Germania alle macerie del 1945, e
scorda persino me- morie più recenti, come la
catastrofe economica e sociale in cui il
comunismo ha gettato la Germania est. Si fa
addirittura presto a dimenticare che cosa
terribile sia la privazione della libertà. Ecco,
perciò, che ci avviciniamo alla prima grande
prova della nostra democrazia. Non ci siamo
ancora arrivati ma la crisi, verrà. I prossimi
anni sono difficili. Joachim
Fest, L'Europa e i nuovi rischi della democrazia,
in "La Repubblica" del 23 sett. 2004, a
commento delle elezioni nei Land di Sassonia e
Brandeburgo del 19 sett. 2004
13
un problema verso il passato
  • Gli europei si sentono evidentemente i
    sopravvissuti di una storia che hanno lasciato
    alle proprie spalle, più che i figli di un
    passato dal quale provengono e che desiderano
    proseguire nel miglior modo possibile costruendo
    nel suo ambito qualcosa di nuovo
  • Con lUnione Europea sta crescendo per la prima
    volta, mi sembra, dallera moderna- unentità
    politica che non avverte lesigenza di una
    propria storia e di un proprio orientamento
    storico
  • Christian Meier, Da Atene ad Auschwitz, Bologna
    2004, p. 23-25

14
ma la comprensione del passato è legata alla
comprensione del presente
  • Lincomprensione del presente nasce
    inevitabilmente dallignoranza del passato. Ma
    non è forse meno vano affaticarsi nel comprendere
    il passato, se non si sa niente del presente.
  • Marc Bloch, Apologia della storia, p. 36

I problemi verso il futuro e verso il passato
sono sintomi, in qualche modo, di una rinuncia
alla storia.
15
  • Diceva Benedetto Croce che ogni vera storia è
    storia contemporanea.
  • Quando lo svolgimento della cultura del mio
    momento storico (e sarebbe superfluo, e forse
    anche inesatto, aggiungere di me come individuo)
    apre innanzi a me il problema della civiltà
    ellenica, della filosofia platonica, o di un
    particolare atteggiamento del costume attico,
    quel problema è così legato al mio essere come la
    storia di un negozio che sto trattando o di un
    amore che sto coltivando, o di un pericolo che
    mincombe ed io lo indago con la medesima ansia,
    sono travagliato dalla medesima coscienza
    dinfelicità, finché non riesco a risolverlo.
  • Benedetto Croce, Teoria e storia della
    storiografia, p. 15

16
la rinuncia alla storia
  • Quando, nel XIX secolo, le nazioni acquisirono
    coscienza di sé e ciascuna cercò di formare, se
    non laveva già, un proprio Stato, esse cercarono
    di procurarsi una propria storia, anche a costo
    di forzature. Questo non si direbbe per lEuropa
    attuale. Ma essa avrebbe pur sempre una storia da
    esibire, nel quadro di una storia universale in
    cui per diversi secoli il filo conduttore è
    passato proprio attraverso il nostro continente.
  • Questa storia andrebbe ricordata per diversi
    motivi, anche solo per rendersi conto di quanto
    sia stupefacente oggi lo stato del mondo. Si
    tratterebbe senzaltro di una storia comune. E in
    quanto storia della formazione della civiltà,
    della democrazia, dello stile di vita
    occidentale, del sistema degli stati, della
    cultura politica e delle buone maniere, essa ha
    grande rilievo anche a livello politico e
    sociale (senza dimenticare in ciò la parte svolta
    dallAmerica del Nord).
  • Invece, la dimensione storia dellEuropa (in
    chiave di legittimazione e di autodefinizione)
    non sembra destare alcun interesse nellopinione
    pubblica, a parte le ricorrenze ufficiali e
    qualche mostra dotata di pingui budget.
  • Christian Meier, Da Atene ad Auschwitz, Bologna
    2004, p. 23-25

17
Nel XIX secolo si avviò alla raccolta e
alledizione critica delle fonti, basti pensare
ai famosissimi Monumenta Germaniae Historica si
diede vita ad istituzioni quali le Società di
storia Patria e lIstitutto Storico
Italiano nacquero numerose riviste
scientifiche Ma, soprattutto, per la prima volta,
la storia entrò come disciplina nei programmi di
insegnamento della scuola dellobbligo
18
Nei nuovi Orientamenti ed Indicazioni per la
Scuola Italiana come è noto, linsegnamento della
storia è stato profondamente rivisitato - in
particolare, si sono ridotti da tre a due i cicli
di insegnamento cronologico Quel che però
colpisce di più è il fatto che nel Profilo
educativo, culturale e professionale dello
studente alla fine del Primo Ciclo di istruzione
(6-14 anni) la parola storia compare solo una
volta (Possedere qualche semplice nozione sulla
storia della lingua italiana ) 
19
  • Non si vogliono certo coltivare atteggiamenti
    nostalgici, ma il confronto con la Riforma
    Gentile appare evidente
  • allora limportanza della Storia era
    sottolineata non solo dallo spazio dato alla
    disciplina, ma, soprattutto, dallimpostazione di
    tutte le altre materie la letteratura era
    pensata come storia della letteratura, larte
    come storia dellarte, la filosofia come storia
    della filosofia
  • non è difficile perciò vedere, nellimpostazione
    dei nuovi Orientamenti, lespressione del più
    generale atteggiamento, sempre più diffuso in
    tutta lEuropa di
  • rinuncia alla storia

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eppure la storia dEuropa ha qualcosa da dire
  • Cè una storia dellEuropa che viene da
    lontano. Malgrado il presente sia quello di un
    mondo tutto uguale globalizzato, come si dice-,
    non possiamo non vedere le tante eredità diverse
    che fanno di questa nostra Europa un continente
    particolare le vediamo nelle nostre città,
    ancora in gran parte a forma umana a differenza
    delle grandi città del Sud del mondo le vediamo
    nei monumenti e nel nostro modo di vivere le
    vediamo dentro di noi. Diverse eredità religiose,
    ma anche differenti eredità storiche.

21
LEuropa è una e plurale. Ma la sua storia è
stata anche quella di un mondo in cui la
pluralità si è impazzita e inorgoglita sino a
divenire guerra. Perché questo nostro continente
è stato quello delle guerre, degli odi tramandati
di generazione in generazione, delle distruzioni,
delle stragi. LEuropa del Novecento si è
consumata in due incredibili guerre, che sono
conosciute come mondiali. Perché, nel 1914-1918 e
nel 1939-1945, la guerra tra europei ha voluto
dire la guerra mondiale. Guerra in Europa ha
significato guerra mondiale. Cè stata
lespressione della follia nazista e fascista,
aggressiva con il mito di un popolo superiore
agli altri.
22
La meditazione di alcuni grandi europei (come non
ricordare Alcide De Gasperi, Schuman, Adenaueur,
come espressione di una generazione?) sulle
rovine della guerra, su Berlino distrutta, su
milioni di vite umane sacrificate senza senso,
sui campi di sterminio e di concentramento, ha
fatto crescere un sogno, che era anche
unesigenza profonda della storia e dello
spirito lunità. Andrea Riccardi, Europa,
storia e spirito, Stuttgard 2004
23
1. la complessità è una ricchezza
  • Come lEuropa non ha confini geografici
    univocamente definibili, così le sue radici sono
    perenne metamorfosi. Il suo inquieto cuore non
    tollera determinazioni stabili. LEuropa è
    experimentum strada che sembra farsi con
    landare fieri non factum e verum, in essa si
    convertono reciprocamente. Diciamolo
    diversamente lEuropa non è, sarà. Potremo
    indicare il complesso delle radici soltanto
    quando diremo che cosa vogliamo che lEuropa
    divenga. Questa è lerrante radice europea e
    questo spiega anche perché nessun gelido mostro
    statuale sia mai riuscito ad imporre
    allarcipelago delle nationes dEuropa la propria
    volontà omologante.
  •  
  • Massimo Cacciari, Europa. Che fine ha fatto il
    suo mito, in La Repubblica del 12 giugno 2004,
    p. 35

24
per questo Carlomagno ha fallito
  • Il primo grande tentativo di costruzione
    dell'Europa è posto in genere sotto il segno di
    Carlomagno, il cui effimero impero sarebbe stato
    il primo vero e proprio abbozzo di Europa In
    realtà la visione di Carlomagno è prettamente
    "nazionalista". Il suo è innanzitutto un impero
    franco, animato da uno spirito propriamente
    patriottico.
  • Gli storici mettono raramente in rilievo questo
    aspetto, ma è importante sottolinearlo, perché è
    il primo fallimento di tutti i tentativi
    successivi di costruire un'Europa dominata da un
    popolo o da un impero.
  • Jacques Le Goff, Il cielo scieso in terra. Le
    radici medievali dell'Europa, Roma-Bari 2004, p.
    39.

25
2. L'Europa nasce dal rifiuto della guerra
  • Non dobbiamo dimenticare il dramma che abbiamo
    alle spalle. Quando si parla di Europa, prima di
    tutto mi reco spiritualmente ad Auschwitz per
    ricordare ricordare milioni di donne, uomini,
    bambini, la cui vita è stata rubata. Quanti anni
    rubati! Milioni di ebrei, che avevano vissuto
    malgrado lodio antisemita di secoli, nel nostro
    continente, sono stati uccisi senza motivo.
  • Mai cè motivo per uccidere ma lebraismo è
    stato distrutto perché ricordava alla follia
    nazista lesistenza di un legame e di un senso al
    di là del culto della razza. Con gli ebrei,
    centinaia di migliaia di altri, zingari il
    piccolo popolo nomade dEuropa senza
    nazionalismo-, polacchi, slavi, disabili e quanti
    altri! Da Auschwitz parte la meditazione
    sullEuropa.
  • Andrea Riccardi, Europa, storia e spirito,
    Stuttgard 2004

26
Dopo la tragedia, lEuropa non sembrava poter
aspirare che a una dorata sopravvivenza economica
allombra dello scontro tra i due grandi Titani
vittoriosi ultimo prodotto della guerra civile
europea, ma condotta ormai tra potenze planetarie
extra-europee. La fine della terza guerra
mondiale (poiché di guerra in tutti i sensi si è
trattato) ha riacceso il problema che sembrava
risolto . LEuropa non ha potuto evitare di
interrogarsi di nuovo, di cercare di nuovo il
proprio significato nel nuovo mondo. La
nicchia in cui si sperava di prosperare si è
dissolta, insieme a tutti i residui dei vecchi
equilibri geopolitici e dellantico diritto
internazionale Massimo Cacciari, Europa. Che
fine ha fatto il suo mito, in La Repubblica del
12 giugno 2004, p. 35
27
Da cinquantanni gli europei non si combattono
più. Non cè più guerra mondiale. Ma non è troppo
poco? Il grande sogno, sulle soglie del 2000,
devessere pace europea, che significhi pace
mondiale. Come la guerra in Europa ha voluto dire
guerra mondiale, oggi la pace europea deve
diventare pace mondiale. E siamo lontani dal
vedere questo sogno realizzato. Unione Europea ha
voluto dire pace in Europa. Ma noi speriamo
voglia dire, domani, anche pace nel
mondo. Andrea Riccardi, Europa, storia e
spirito, Stuttgard 2004
28
La pace, un sogno antico e sempre nuovo
  • Nel XV secolo Giorgio di Podiebrad, re di
    Boemia, compose in latino un Trattato della pace
    da realizzare in tutta la cristianità, nella
    speranza che tali guerre, rapimenti, torbidi,
    incendi e assassini che come riportiamo ahimè con
    tristezza hanno preso dassalto la stessa
    cristianità per ogni dove, e a causa delle quali
    le campagne sono devastate, le città
    saccheggiate, le province smembrate, i regni e i
    principati gravati di innumerevoli miserie,
    cessino infine e siano estinte del tutto e che si
    ritorni a uno stato conveniente di mutua carità e
    di fraternità per mezzo di una lodevole unione.
  • Questo re del XV secolo ha offerto probabilmente
    il più bel progetto, la più bella giustificazione
    allunione europea, che sei secoli più tardi
    cerca con difficoltà di costruirsi. UnEuropa
    della pace. 
  • Jacques Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le
    radici medievali dellEuropa, Roma-Bari 2004, p.
    201
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