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MECCANIZZAZIONE DELLA FORAGGICOLTURA

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Title: MECCANIZZAZIONE DELLA FORAGGICOLTURA Author: Fabrizio Mazzetto Last modified by: lazzari Created Date: 9/18/2000 9:46:42 AM Document presentation format – PowerPoint PPT presentation

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Title: MECCANIZZAZIONE DELLA FORAGGICOLTURA


1
CORSO LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA
PRODUZIONE ANIMALE
IMPIANTI E STRUTTURE PER AZIENDE ZOOTECNICHE
OPERANTI NEI SETTORI DEL CONSUMO E TURISMO
SOSTENIBILI (corso SOSaz)
Massimo Lazzari Dipartimento di Scienze e
tecnologie Veterinarie per la Sicurezza
Alimentare Università degli Studi di Milano
2
CORSO LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE DELLA
PRODUZIONE ANIMALE
Modelli di consumo alimentare e di turismo tra
globale e locale
Massimo Lazzari Dipartimento di Scienze e
tecnologie Veterinarie per la Sicurezza
Alimentare Università degli Studi di Milano
3
GLOBALIZZAZIONE DEL SETTORE AGRO-ALIMENTARE
  • Commercio globale
  • Concentrazione nel settore degli input
  • Concentrazione della produzione
  • Concentrazione nel settore al dettaglio
  • Marginalizzazione dei piccoli agricoltori
  • Convergenza negli stili alimentari

4
COMMERCIO GLOBALE
  • For most products (cereals, meat and dairy) only
    10 to 20 of the total production is
    internationally traded. In other words the bulk
    of production is traded on the domestic market
    (where the European Union is considered as one
    unified market and had the 10 of total
    production sold on global market in 2005).
  • For some products the international market is of
    vital importance as well as for some countries,
    being their main source of obtaining foreign
    currency.
  • When talking about WTO and liberalisation, these
    differences between various products have to be
    taken intoconsideration.
  • Nonetheless, world trade in agricultural
    commodities
  • is not the rule, but it determines the product
    prices

5
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE SEMENTIERO
55 of the total market
6
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA CARNE
About 35 million cattle are slaughtered in the
U.S. annually by 60 major beef-packing operations
processing around 26 billion pounds of beef. Four
firms control over 80 percent of all the beef
slaughtered.
7
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA CARNE
Con un fatturato netto 2012 di 29 miliardi di
euro, JBS SA occupa nel mondo 140.000 dipendenti
impiegati su 307 unità produttive dislocatein 5
continenti.
  • Nel 2011 Jbs ha restituito al gruppo Cremonini il
    50 del capitale sociale di Inalca e Cremonini 
    (218.855.219,50 Euro) investito nel 2009. JBS ha
    acquisito il rimanente 30 del produttore di
    bresaola Rigamonti. JBS gia' aveva il 70
    (valutato circa 130 milioni di euro) della
    societa' valtellinese in seguito all'acquisto
    della francese Bertin, avvenuto nel 2009

8
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE ALIMENTARE
9
  • Sono dieci i signori che controllano da soli più
    del 70 per cento dei piatti del pianeta. Queste
    multinazionali gestiscono 500 marchi che entrano
    nelle nostre case quotidianamente. Così pasta,
    biscotti e caffè diventano globali, anche in
    Italia. E le grandi questioni, come luso di oli
    e grassi nei prodotti, vengono decise a tavolino
  • di PAOLO GRISERI
  • Lo leggo dopo
  • STANNO seduti intorno alla tavola del mondo e
    controllano da soli più del 70 per cento dei
    piatti del pianeta. Sono i 10 signori
    dellindustria alimentare 450 miliardi di
    dollari di fatturato annuo e 7.000 miliardi di
    capitalizzazione, lequivalente della somma del
    pil dei paesi più poveri della Terra. Non sempre
    sono nomi noti in Italia. Da un secolo la Coca
    Cola è il sinonimo della multinazionale ma solo
    gli addetti ai lavori conoscono la Mondelez. Un
    po più numerosi sono gli italiani che ricordano
    la Kraft, vecchio nome proprio della Mondelez.
    Quasi tutti invece hanno incontrato al
    supermercato marchi come Toblerone, Milka e
    Philadelphia. "I 500 marchi riconducibili ai
    dieci signori della tavola spiega Roberto
    Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia
    sono spesso vissuti dai consumatori come aziende
    a sé stanti. In realtà fanno parte di
    multinazionali in grado di condizionare non solo
    le politiche alimentari dellOccidente ma anche
    le politiche sociali dei paesi più poveri"
  • La mappa dei padroni del cibo
  •                                        
  • A rendere chiaro il quadro cè il paradosso del
    ricco Epulone, il protagonista della parabola
    evangelica. Mentre sono 900 milioni le persone
    che soffrono la fame (dati Onu settembre 2014) e
    che vivono sotto la tavola del banchetto sperando
    nelle briciole, sono 1,4 miliardi gli uomini e le
    donne che nel mondo hanno il problema del
    sovrappeso. "Sono due prodotti dello stesso
    sistema osserva Barbieri perché l80 per
    cento di coloro che non riescono a sfamarsi
    vivono nelle campagne e lavorano per produrre
    cibo". Oxfam è unorganizzazione che si propone
    di aiutare le popolazioni povere del mondo
    cercando di redere virtuosi, con campagne e
    raccolte di firme, i comportamenti delle
    multinazionali del cibo. Il sistema è quello di
    fare pressione sullimmagine dei gruppi
    alimentari in Occidente per spingerli a
    migliorare le politiche sociali nei paesi
    produttori. È accaduto con Nestlé, Mondelez e
    Mars per quel che riguarda i diritti delle donne
    che lavorano nelle piantagioni di cacao. Si
    chiede che accada con Coca Cola e Pepsi per
    evitare il fenomeno del land grabbing,
    lesproprio forzoso delle terre dove si coltiva
    la canna da zucchero. "Già oggi spiega Oxfam
    sono coltivati a zucchero 31 milioni di ettari di
    terra, lequivalente della superficie
    dellItalia".La tendenza alla concentrazione
    dei marchi è in atto da tempo e riguarda
    praticamente tutti i settori alimentari. Ci sono
    eccezioni quasi inevitabili come il latte e il
    vino. Stiamo naturalmente parlando di grandi
    multinazionali. Ma se nel settore vinicolo il
    blocco alla creazione di grandi gruppi è dovuto a
    un legame strettissimo con il territorio (ogni
    collina è una diversa cantina sociale), nella
    birra non è più così da tempo i tre principali
    marchi mondiali, i belgi in In Bev (Artois,
    Becks e la brasiliana Anctartica), i sudafricani
    di SAB Miller e gli olandesi di Heineken
    controllano da soli il 60 per cento del fatturato
    mondiale e raccolgono l80 per cento degli utili.
    Analoga concentrazione sta per avvenire nel
    settore del caffè. "Lesempio della birra
    spiega Antonio Baravalle, ad di Lavazza
    dimostra che nei settori dellalimentare la
    concentrazione delle proprietà fa aumentare i
    profitti". Dunque cè da immaginare che nei
    prossimi anni i dieci signori che governano le
    tavole del mondo si ridurranno ancora? "Penso che
    ci sia un limite. Fondersi ancora di più non sarà
    facile. Mi sembra più probabile che ciascuno di
    quei dieci gruppi assorba nel tempo altri gruppi
    minori".Anche se, a ben guardare la
    composizione della tavolata, non tutti i signori
    del cibo hanno la stessa consistenza. Provando a
    metterli in fila per fatturato, la Nestlé è di
    gran lunga più grande (90,3 miliardi) della
    seconda classificata, la Pepsicola (66,5
    miliardi). Nonostante il suo valore iconico, come
    si dice oggi, la Coca Cola è ben distaccata dalla
    storica rivale ed è ferma a 44 miliardi di
    fatturato, scavalcata da Unilever (60) e Mondelez
    (55). A fondo classifica la Kelloggs con 13
    miliardi di dollari di ricavi annui. Con queste
    marcate differenze tra i dieci primi in
    classifica cè, in teoria, ancora spazio, per i
    matrimoni. "Ma può anche accadere spiega
    Baravalle che uno dei grandi gruppi decida di
    liberarsi di un marchio perché non lo considera
    abbastanza globale". È quel che è successo, ad
    esempio, con la scelta di Mondelez di cedere i
    suoi marchi del caffè. Ed è quel che è accaduto
    negli anni scorsi a Findus, un tempo di Nestlé e
    Unilever e oggi in maggioranza detenuta da un
    fondo di investimento. Findus continua ad essere
    un ottimo marchio ma il suo difetto, secondo le
    valutazioni delle multinazionali, è quello di
    essere forte solo su alcuni mercati. Unaltra
    tendenza è quella di rilevare un marchio
    alimentare locale perché faccia da veicolo alla
    penetrazione di un grande gruppo in un mercato.
    Se Unilever, per esempio, deciderà un giorno di
    acquistare un marchio locale in un paese
    asiatico, lo farà soprattutto per mettere piede
    in quel mercato e poterlo affiancare dopo poco
    tempo con uno dei suoi brand globali.Dopo altri
    decenni di fusioni e concentrazioni, ci troveremo
    un giorno a consegnare ad un unico grande
    fratello le chiavi della dispensa del mondo?
    Quello di un pianeta in cui una sola grande
    multinazionale controllerà tutti i marchi
    alimentari è certamente uno scenario da incubo.
    Ma come tutti i processi di concentrazione, anche
    quello del cibo crea inevitabilmente i suoi
    anticorpi. Succede in politica, dove
    contemporaneamente alle unioni tra stati nascono
    i movimenti separatisti e territoriali accade,
    in modo assai più virtuoso, nellalimentare con
    il sorgere dei prodotti chilometro zero, i
    presidi territoriali, i sistemi di produzione
    artigianale. Chi decide di resistere alla
    tentazione di vendere lazienda alle
    multinazionali è inevitabilmente portato a
    valorizzare il suo brand mettendo in evidenza il
    legame con il territorio.LItalia è certamente
    uno dei Paesi del mondo dove il rischio della
    concentrazione dei produttori di alimenti è meno
    forte. Un po per il particolarismo che
    caratterizza la nostra economia asfittica. Un
    paese dominato dal modello per molti aspetti
    negativo della piccola e media impresa, che nel
    settore del cibo potrebbe trasformare il difetto
    in virtù. Lo dimostra uno studio condotto
    dallagenzia Next con un questionario rivolto
    alle aziende alimentari italiane. Lelenco di
    quelle principali dice che siamo ben al di sotto
    del livello dei colossi mondiali. Lunica che si
    avvicina per fatturato è la Ferrero, con 8,1
    miliardi di euro di ricavi annui, circa 10
    miliardi di dollari, poco meno dei 13
    miliardi della Kelloggs. Le altre sono molto più
    indietro. La Barilla fattura 3,5 miliardi di euro
    ed è limitata dal fatto di avere come business un
    prodotto molto connotato localmente come la
    pasta. Si contano sulle dita di una mano le altre
    italiane sopra il miliardo di fatturato il
    gruppo Cremonini (3,5) Parmalat (1,4), Amadori
    (1,3) Lavazza (1), Conserve Italia (1).
    Immediatamente sotto il livello del miliardo ci
    sono Acqua San Benedetto, Galbani e Granarolo.È
    evidente che gli 11 signori del cibo italiano
    sono molto meno potenti dei commensali della
    tavolata mondiale. Ci si chiede se i re
    dellalimentare, in Italia e nel mondo, hanno
    politiche comuni, accordi segreti, si mettono
    daccordo per decidere che cosa mangeremo nei
    prossimi trentanni. Lidea di una Trilateral del
    cibo, di un supergoverno occulto delle nostre
    cucine, è forse fantasiosa Credo anchio che
    messa così possa essere un esercizio di fantasia
    premette Baravalle ma sarei un ingenuo ad
    escludere che sulle grandi questioni di politica
    alimentare i grandi gruppi non esercitino, comè
    legittimo, le loro pressioni sui politici .
    Certo, la discussione delle normative comunitarie
    sulla etichettatura risente ed ha inevitabilmente
    risentito dei desiderata dei signori del cibo.
    Ogni particolare in più o in meno da aggiungere
    sul foglio informativo per i consumatori si porta
    dietro miliardi di investimenti. Il caso più
    clamoroso è scoppiato di recente e riguarda gli
    oli utilizzati finora è sufficiente scrivere che
    si tratta genericamente di oli vegetali. Ma se
    domani i produttori fossero costretti a
    specificare quali sono quegli oli, quanti
    avrebbero il coraggio di scrivere che utilizzano
    lolio di palma, decisamente più scadente di
    quello di oliva? Ogni tanto sedersi intorno a un
    tavolo e decidere strategie comuni può essere
    utile. Anche per i signori del cibo.






10
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA DISTRIBUZIONE
11
CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA DISTRIBUZIONE
It is expected that in the future only ten retail
companies will dominate the international food
supply market, turning the global food market
into even more of an oligopoly.
12
CONCENTRAZIONE DEL POTERE
  • Cinque imprese che commerciano granaglie
    detengono una quota superiore al 75. Bunge
    (Belgium) and Dreyfuss dominate the oilseed and
    soy market, Cargill, Dreyfuss and TateLylle
    share the sugar market while only four companies
    control 40 of the coffee market
  • Le 10 più importanti imprese produttrici di
    sementi detengono una quota superiore al 50
  • 10 imprese detengono il 75 del mercato dei
    pesticidi
  • Western multinational companies control 80 of
    international agriculture trade.
  • La più grande catena di supermarkets, Wal Mart, è
    quattro volte più grande della seconda
  • Il 78-85 del valore aggiunto nella filiera
    agroalimentare di USA e UK non è realizzato dagli
    agricoltori ma da altri soggetti economici

13
MARGINALIZZAZIONE DEI PICCOLI PRODUTTORI
14
OMOLOGAZIONE DEGLI STILI ALIMENTARI
15
OMOLOGAZIONE DEGLI STILI ALIMENTARI
The market as it is seen today is essentially an
expression of the wants of consumers and not of
the needs of society
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LA LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI
  • Crescita delle economie agricole export oriented
  • Ridotta autosufficienza alimentare dei paesi
    poveri
  • Divisione internazionale del lavoro
  • Produzioni di qualità / commodities
  • Alimenti per animali / produzioni animali
  • Produzione di ambiente/ produzione di cibo
  • Domanda di energia e di cibo nei paesi emergenti
  • La vulnerabilità biologica

17
PSE Producer Support Estimate
  • As a result of previous WTO agreements and
    domestic
  • reforms Producer Support Estimate (PSE) in OECD
    countries fell from 37 of farm receipts in 1988
    to 29 in 2005.
  • PSEs vary enormously between OECD countries,
    ranging from
  • 5 of gross farm receipts in Australia
  • 20 in the US
  • 35 in the EU
  • up to 70 in Switzerland

18
INTERMEZZO UN POCO DI STORIA
  • The official UN definition of poverty is when a
    person has less than 2 to spend per day.
  • Currently 2.6 billion people, 40 of world
    population, live below 2 a day.
  • Joseph Stiglitz points out that in Europe the
    subsidy per cow is on average 2.40 a day.
  • it is better to be a cow in Europe
  • than a poor man in the Third World

19
INTERMEZZO UN POCO DI STORIA
  • GATT - ITO
  • WTO - URUGUAY ROUND
  • WTO - DOHA ROUND
  • USAUE -TTIP
  • PAC - TRATTATO DI ROMA
  • PAC RIFORMA MAC-SHARRY
  • PAC RIFORMA FISCLER

20
GATT  General Agreement on Tariffs and Trade 
  • In 1947 in Havana, the GATT member states agreed
    for the first time on a decrease of tariffs
    against each other
  • recognizing that their relations in the field of
    trade and economic endeavour should be conducted
    with a view to
  • raising standards of living,
  • ensuring full employment and a large and steadily
    growing volume of real income and effective
    demand,
  • developing the full use of the resources of the
    world
  • expanding the production and exchange of goods,
  • being desirous of contributing to these
    objectives by entering into reciprocal and
    mutually advantageous arrangements directed to
    the substantial reduction of tariffs and other
    barriers to trade and to the elimination of
    discriminatory treatment in international
    commerce.

21
GATT URUGUAY ROUND
A series of trade rounds followed, leading
eventually to the Uruguay round that started in
1986 after four years of extensive
renegotiations. By that time gradual progress
was made on reducing tariffs, but the process had
become slower and more difficult. It was felt
that a new attempt was necessary to get
liberalisation back on track. At the start of the
Uruguay round 123 countries participated. Despite
good intentions and lengthy preparations,
negotiations were thrown back and forth between
complete failure and potential success. It took
8 years before finally a new agreement could be
signed at Marrakech.
22
WTO WORLD TRADE ORGANIZATION
The WTOs creation on 1 January 1995 marked a big
reform In the 2004 the states agree on four main
points a reduction in agricultural aid that
encourages distortions in trade for example, a
substantial reduction in national aids and
grants the suppression of export practices
that bring about distortions in trade. The EU's
demand for equal treatment for all practices of
this type was satisfied opening up of
agriculture markets. This implies a
general reduction in customs duties, with
exceptions for farming products considered
sensitive for each Member State special,
differentiated treatment for developing
countries.
23
WTO WORLD TRADE ORGANIZATION Doha Development
Round
WTO negotiations (Doha Development Round) came
to a complete stop in July 2006 with agriculture
as one of the major breaking points. Progressi
parziali sono stati fatti a Bali nel
2013 http//www.europarl.europa.eu/aboutparliament
/it/displayFtu.html?ftuIdFTU_5.2.8.html If the
Doha round would have been completed, this would
have meant a cut back in tariffs for EU
agricultural products from on average 23 to 12,
with a drop in higher tariffs for those processed
products in the escalation system.
24
WTO WORLD TRADE ORGANIZATION Doha Development
Round Where does this leave Europe?
On the current WTO talks the EU is requesting
acknowledgement of and support for the
multifunctional character of agricultural
production in Europe. The objective of the EU is
that there will be a balance between trade
considerations (market access, export competition
and domestic support) and programs belonging to
non-trade concerns (ENVIRONMENTAL PROTECTION,
FOOD SAFETY, RURAL DEVELOPMENT). In return for
this the EU agrees with the drastic decrease of
domestic support and export refunds. Where does
this leave our farms???
25
TTIC Transatlantic Trade and Investment
Partnership
  • a favore
  • http//ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/ttip/
  • contro
  • http//corporateeurope.org/

26
PAC Trattato di Roma - 1960
  • The goals, as set out in Article 39 of the
    Treaty, underlying the first CAP, have, in legal
    terms, remained unchanged until today
  • to increase agricultural productivity by
    promoting technical progress and by ensuring the
    rational development of agricultural production
    and the optimum utilisation of the factors of
    production, in particular labour
  • to ensure a fair standard of living for the
    agricultural community by increasing the
    individual earnings of persons engaged in
    agriculture
  • to stabilise markets
  • to assure the availability of supplies and to
    ensure that supplies reach consumers at
    reasonable prices.

27
PAC Trattato di Roma - 1960
  • To make these principles operational three
    mechanisms were put in place
  • apply import tariffs an quotas to specified goods
    imported into the EU
  • an internal intervention price was set
  • subsidies were used to pay to farmers growing
    particular products. Subsidies were generally
    paid on the area of land growing a particular
    crop, rather than on the total amount of crop
    produced to assure the availability of supplies
    and to ensure that supplies reach consumers at
    reasonable prices.
  • Undesiderated result
  • OVERPRODUCTION

28
PAC Riforma MacSharry - 1992
  • The reform of 1992 marked a major change and had
    as its principal elements
  • the cutback of agricultural support prices to
    render them more competitive in the internal
    market and on the world market
  • compensation for farmers for loss of income
  • other measures relating to market mechanisms and
    the protection of the environment

29
PAC Riforma Fischler - 2003
  • The most dramatic rupture, at least at first
    glance, with the old CAP is the introduction
    (completed in 2007) of
  • a single farm payment system for EU farmers
    (FIRST PILLAR), independent from production
    (decoupling) linked to obligatory minimum
    requirements concerning environmental, food
    safety, animal and plant health and animal
    welfare standards, as well as the requirement to
    keep all farmland in good agricultural and
    environmental condition ("compulsory
    cross-compliance")
  • strengthening the rural development policy
    (SECOND PILLAR especially for the 2007-2013
    programming period) entailing new measures to
    help young farmers, to promote the environment,
    nature and landscape management, food quality and
    animal welfare and to help farmers to meet EU
    production standards

30
PAC Riforma Fischler - 2003
  • Aim was to convince the WTO that a major share of
    support to agriculture would be moved
  • from trade distorting classification under
    WTO-rules (Amber Box)
  • towards minimal or non-trade distorting category
    (Green Box).
  • As a consequence the value of subsidies paid to
    individual European farmers will fall by 25-30
    in real terms until 2013.
  • Until 2013 80 of the support will still go to
    the same 20
  • beneficiaries. They are in general the largest
    farms, part of which are in the hands of private
    investors, producing the most protected crops or
    animal products obtained with standardized,
    capital intensive techniques, which offer fewer
    job opportunities. They are generally less
    compatible with the objectives of environmental
    protection, less diversified, and less market
    oriented.

31
PAC FUTURO FINO AL 2020

32
PAC FUTURO FINO AL 2020

33
PAC FUTURO FINO AL 2020

34
PAC FUTURO FINO AL 2020
35
LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE
  • Lingegneria genetica
  • Le tecnologie dellinformazione e della
    comunicazione ? la logistica
  • I functional food e la nutriceutica
  • Appropriazione del valore da parte di settori
    extra-agricoli

36
NUOVE FORME DI CONTROLLO
  • La proprietà intellettuale
  • Gli standards
  • La comunicazione e il branding
  • Gli health claims

37
Esempi
LE DINAMICHE SPAZIALI
Fondi Flussi
Strade Persone, animali, cose
Oleodotti, gasdotti Risorse energetiche
Impianti industriali Materia prima, prodotti, reddito, occupazione, inquinamento
Alberature Ombra, rifugio ecologico, paesaggio
Identità locale Condivisione delle regole, azione collettiva, coordinamento degli attori
Capitale umano Beni e servizi
38
La distribuzione delle attività umane nello spazio
LE DINAMICHE SPAZIALI
39
LE DINAMICHE SPAZIALI
40
SPAZI DI LUOGHI
41
SPAZI DI FLUSSI
42
LE DINAMICHE SPAZIALI
  • Economie totali
  • lannientamento dello spazio e del tempo come
    motore della sopravvivenza
  • La modellazione del territorio finalizzata
    allintensificazione dei flussi
  • Economie locali
  • Le differenze spaziali come valore

43
EFFETTI DELLECONOMICA TOTALE
  • Le economie totali
  • svuotano le economie locali, privando le comunità
    locali del controllo sulle risorse
  • fanno affluire le risorse nei nodi centrali della
    rete
  • sono insensibili al concetto di limite

44
La soizzazione dellagricoltura argentina
45
SITUAZIONE ATTUALE
  • I modelli di produzione e consumo si sono
    caratterizzati negli ultimi decenni per profondi
    mutamenti, in conseguenza del complesso processo
    di riorganizzazione che ha riguardato lintero
    sistema agroalimentare. I meccanismi di
    modernizzazione e globalizzazione dei sistemi
    produttivi e degli scambi commerciali, uniti ai
    cambiamenti nelle modalità di organizzazione del
    lavoro e della società, hanno favorito la
    crescita delle cosiddette filiere lunghe. Tali
    filiere sono infatti in grado di allacciare
    produzione e consumo e sono governate da
    strategie commerciali la cui attuazione ha
    implicato una standardizzazione e una riduzione
    del legame tra processi produttivi e relativi
    contesti territoriali.

46
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE FILIERA CORTA
POSSIBILMENTE INTEGRARE I MODELLI
47
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
  • Lagricoltura neo-produttivista (neo- moderna
    neo-industriale)
  • Concentrazione
  • Specializzazione
  • Intensificazione
  • Integrazione di filiera
  • Compatibilità ambientali

48
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
  • Lagricoltura post-produttivista (post-moderna)
  • La scoperta della multifunzionalità
  • Crescita della componente servizio
  • Qualità allargata a funzioni immateriali
  • Interattività con il consumatore
  • Autonomia nella distribuzione

49
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
  • Le nicchie
  • Come laboratorio protetto
  • Come incubatore di imprese creative
  • Come produttore di immagine
  • La produzione a forte tasso di integrazione
  • Partnership strategica con la GDO
  • Capitale organizzativo

50
I soggetti della competitività
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
Sistemi dimpresa
Territorio
impresa
Consumatori / Società
51
Esempio le strade del vino
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
Mercati di esportazione
Strade del vino
impresa
Consumatori / Società
52
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE INTEGRAZIONE
DI MODELLI DI AGRICOLTURA
  • Capacità di offrire benefici chiaramente visibili
  • Capacità di comunicare con i consumatori
  • Creazione di reputazione e immagine
  • Innovazione, organizzazione, comunicazione

53
STRATEGIA DELLA RILOCALIZZAZIONE
54
RILOCALIZZAZIONE SIMBOLICA
55
RILOCALIZZAZIONE RELAZIONALE
56
RILOCALIZZAZIONE RELAZIONALE SECONDO LA FORMULA
SLOW FOOD
Produttori locali
Istituzioni locali
Attivisti Slow food
Consumatori sensibili
Negozi specializzati
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RILOCALIZZAZIONE FISICA
  • Varietà e razze locali
  • Rapporto tra comunità locale e risorse
  • Riduzione delle food miles
  • Stagionalità
  • Eliminazione del packaging inutile
  • Circuiti distributivi brevi

58
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE
  • I produttori consapevoli
  • Il cittadino-consumatore
  • Sistemi locali di produzione consumo
  • Slow/fair trade
  • Copyleft / Open source

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Consumatori o cittadini?
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE
  • Consumo? effetti sulla propria utilità e su
    quella di una cerchia ristretta
  • Comportamento civico? effetti sugli altri / sulla
    comunità

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I consumatori come forza di cambiamento
COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE
  • Utilizzano la libertà di scelta in modo radicale
  • Partecipano ai movimenti del cibo
  • Co-producono nuovi sistemi di produzione e
    distribuzione alimentare
  • Riconfigurano il modo in cui il cibo è integrato
    nelle pratiche sociali

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COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE
  • Far leva su visionari
  • La comunicazione chiave della transizione
  • Agire su più livelli
  • Favorire il consolidamento di networks ibridi
  • Andare oltre!

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COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE
  • Qualità igienicosanitaria
  • Qualità nutrizionale
  • Qualità tecnologica
  • Qualità organolettica
  • Qualità territoriale
  • Qualità culturale

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UNA RIFLESSIONE
Una intera pagina del Quotidiano Nazionale è
stata dedicata ad un' inserzione pubblicitaria,
che contiene un messaggio meritevole di qualche
riflessione. Ai 4 angoli della pagina sono
riportati i simboli di McDonald's, di Expo, del
Mipaaf e di Fattore Futuro (progetto giovani
agricoltori di McDonald's). In basso, in corpo
piccolo, si parla del progetto Fattore Futuro che
"McDonald's ha realizzato per i giovani
agricoltori, con il patrocinio del Ministero
delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Il progetto si rivolge a imprenditori agricoli
italiani con meno di 40 anni che abbiano un
progetto di innovazione e sostenibilità per la
propria azienda e offre a 20 di loro la
possibilità di entrare a fare parte dei fornitori
italiani di McDonald's per 3 anni".    
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INTERMEZZO RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI
E FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA
AGRICOLO
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INTERMEZZO RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI
E FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA
AGRICOLO
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INTERMEZZO RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI
E FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA
AGRICOLO
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