Diapositiva 1 - PowerPoint PPT Presentation

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Diapositiva 1

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Title: Diapositiva 1 Author: ACER 1603LM Last modified by: Virna Fasone Created Date: 9/13/2004 8:44:33 AM Document presentation format: Presentazione su schermo (4:3) – PowerPoint PPT presentation

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Title: Diapositiva 1


1
(No Transcript)
2
Venera Fasone
  • CORSO DI
  • ALLEVAMENTO DEGLI ANIMALI DI INTERESSE FAUNISTICO
    E VENATORIO

3
FAUNA SELVATICA
  • BENE COMUNE DELLA COLLETTIVITA
  • PARTE INTEGRANTE DEGLI ECOSISTEMI

4
PRESENZA DEGLI ANIMALI SELVATICI
  • difesa e valorizzazione della natura e del tempo
    libero
  • recupero del rapporto uomo - animale (sebbene
    limitatamente ad apposite zone controllate, ad
    es. parchi)
  • ripristino dellhabitat
  • corretta gestione della fauna
  • selvaggina da caccia (leventuale attività
    venatoria devessere PRELIEVO SOSTENIBILE DI UNA
    RISORSA RINNOVABILE).

5
GESTIONE FAUNISTICA(Wildlife management)
  • La scienza e larte di prendere decisioni
  • e provvedimenti per manipolare
  • la struttura, la dinamica e le relazioni
  • di popolazioni animali, spazi vitali
  • e comportamento delluomo
  • per raggiungere obiettivi definiti.
  • (Giles, 1978)

6
OBIETTIVI GENERALI DELLA GESTIONE
FAUNISTICO-VENATORIA
  • CONSEGUIMENTO DI DENSITA OTTIMALI
  • PER TUTTE LE SPECIE
  • CONSERVAZIONE SIA DELLE SPECIE NON CACCIABILI
  • CHE DELLE SPECIE OGGETTO DI PRELIEVO VENATORIO
  • NECESSARI
  • DESTINAZIONE DIFFERENZIATA DEL TERRITORIO
  • AGRO-SILVO-PASTORALE
  • RIQUALIFICAZIONE DELLE RISORSE AMBIENTALI
  • E FAUNISTICHE E GESTIONE DEL TERRITORIO

7
GESTIONE DEL TERRITORIO ANALISI DI -
TERRITORIO E SUE POTENZIALITA - STATO
DELLA FAUNA E DELLAMBIENTE DEFINIZIONE DEGLI
OBIETTIVI
8
POSSIBILI PROBLEMI (NON TECNICI)
  • fattibilità reale di un intervento in relazione
    alle caratteristiche territoriali
  • reperibilità dei capi animali necessari
  • ricerca di personale competente e specializzato
  • opinione pubblica
  • presenza delluomo come fattore antropico.

9
Selvicoltura

Agricoltura
Caccia
Spazio vitale della fauna
Turismo, traffico, industria
Fauna
10
ALCUNI OBIETTIVI DELLA GESTIONE FAUNISTICA
  • CONSERVAZIONE FAUNISTICA
  • conservazione della diversità delle specie
    (biodiversità)
  • protezione di popolazioni minacciate
  • lanci per ripopolamento
  • aree di protezione
  • controllo delle malattie e mantenimento dello
    stato di salute
  • miglioramento alimentazione
  • adeguata gestione venatoria

11
ALCUNI OBIETTIVI DELLA GESTIONE FAUNISTICA
  • CONSERVAZIONE DEGLI SPAZI VITALI
  • miglioramento quantitativo e qualitativo degli
    spazi
  • limitazione dei danni a foreste e colture
  • sviluppo delle funzioni del bosco e degli
    ambienti
  • in toto di interesse generale (funzione
    protettiva,
  • di ricreazione, produzione di legname, ecc.)

12
ALTRI OBIETTIVI
  • Conservazione della diversità delle specie
  • (biodiversità)
  • Protezione di popolazioni minacciate
  • Lanci per ripopolamento
  • Aree di protezione
  • Adeguata gestione venatoria

13
GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA E PIANIFICAZIONE
DELLATTIVITA VENATORIA
CONOSCENZA IDONEI RISORSE PIANI DI
RISPETTO DISPONIBILI PRELIEVO DELLE LEGGI
GESTIONE FAUNISTICO-VENATORIA
SCOPO RAGGIUNGERE E MANTENERE LE MASSIME
CAPACITA FAUNISTICHE DELLAMBIENTE
14
UTILIZZO VENATORIO DELLA FAUNA NEL PIENO
RISPETTO DI
LEGGI VIGENTI PRINCIPI BIOLOGICI
TECNICHE DI GESTIONE DEL PATRIMONIO
FAUNISTICO ! !
15
ALLEVAMENTI DI SELVAGGINA IN ITALIA
LEGGE N. 157/1992 NORME PER LA PROTEZIONE DELLA
FAUNA OMEOTERMA E PER IL PRELIEVO
VENATORIO SELVAGGINA RES COMMUNITATIS (AD
ECCEZIONE DEI FONDI CHIUSI)
16
LEGGE N. 157/1992
ALLEVAMENTI ALLINTERNO DI IMPRESA AGRICOLA
NIENTE CACCIA, MA PRELIEVO TUTTO LANNO AMBITI
TERRITORIALI DI CACCIA, AZIENDE FAUNISTICO-VENATOR
IE E AGRITURISTICO-VENATORIE CACCIA COME DA
CALENDARIO VENATORIO ABBATTIMENTO E
DISSANGUAMENTO DI SELVATICI IN AZIENDA (MACELLO
ENTRO 6 ORE PER LAVORAZIONE) (NO STRESS)
17
ALLEVAMENTI DI SELVATICI PER 4 SCOPI
  • ALIMENTARI
  • RIPOPOLAMENTO
  • ORNAMENTALI
  • AMATORIALI

18
TERRITORIO ITALIANO
IDONEO PER ALLEVAMENTO AVIFAUNA
  • POSSIBILITA DI RECUPERO DEL TERRITORIO
  • (AREE MARGINALI)
  • EVOLUZIONE DELLAGRICOLTURA IN SENSO
    AMBIENTALISTICO
  • CONSERVAZIONE E RIPRISTINO DEGLI HABITAT
  • RICOSTITUZIONE EQUILIBRIO ECOLOGICO

19
ALLEVAMENTO DEI SELVATICI
INTENSIVO
ESTENSIVO INTERO CICLO VITALE
GESTIONE SVOLTO IN STRUTTURE
NATURALISTICA CREATE DALLUOMO
INTERVENTO UMANO LIMITATO
  • DESTINAZIONE
  • RIPOPOLAMENTO
  • PRONTA CACCIA
  • RIPRODUZIONE

DIFFICILE !
20
REQUISITI DELLALLEVAMENTO INTENSIVO DI ANIMALI
SELVATICI
  • SITUATO NELLA STESSA ZONA DA RIPOPOLARE
  • TERRITORIO TRANQUILLO
  • UTILIZZO DI SPECIE PROPRIE DELLAMBIENTE
  • DIMENSIONI MEDIO-PICCOLE
  • ALLEVAMENTO A TERRA
  • DISPONIBILITA DI ACQUA, LUCE
  • COLTURE IDONEE

21
OGGI SI IMPORTA SELVAGGINA
DOMANDA SUPERIORE ALLOFFERTA
SPAZI PER LO SVILUPPO DEL SETTORE
CONVIENE PERO PUNTARE SU INIZIATIVE DI AMPIO
RESPIRO, NELLAMBITO DI ATTIVITA
INTEGRATE (AGRICOLE, FORESTALI, TURISTICHE, ECC.)
22
ALLEVAMENTO DI SELVAGGINA NEL MERIDIONE DITALIA
! ! !
???
TERRITORIO NOVITA
CLIMA
RIDOTTE DIMENSIONI AZIENDE
NUOVO LAVORO CARENZA CONOSCENZE
TECNICHE
SFRUTTAMENTO CARENZA ORGANIZZAZIONE
AREE MARGINALI
PER VALORIZZARE LE
PRODUZIONI
23
lepre
capriolo
daino
cinghiale
  • cervo

SPECIE UTILIZZABILI
24
quaglia
starna
pernice
fagiano
coturnice
25
PER LA GESTIONE DELLA FAUNA SELVATICA SONO
INDISPENSABILI
  • ANALISI E VALUTAZIONE DI
  • AMBIENTE SPECIE
  • ATTRAVERSO 3 MOMENTI . . .

26
  • VALUTAZIONE RELAZIONE HABITAT SPECIE
  • APPLICAZIONE DEI DATI A LOCALITA NON
  • STUDIATE
  • APPLICAZIONE ALLAMBIENTE DEI DATI DI
  • VARIE SPECIE (QUALITA DELLHABITAT)

27
ENTI VENATORI
  • oasi di protezione
  • zone di ripopolamento e cattura
  • aziende faunistico-venatorie o agro-venatorie
  • (ex riserve di caccia)
  • centri di produzione di selvaggina
  • ecc.

28
GLI ENTI VENATORI DEVONO
  • CONSERVARE NEL TEMPO IL PATRIMONIO ANIMALE
  • PROTEGGERE E RECUPERARE
  • GLI AMBIENTI NATURALI
  • FARE VIGILANZA

29
ENTI VENATORI PREVISTI DALLA LEGGE 157/92
AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA(ATC)
30
GESTIONE FAUNISTICA(Wildlife management)
31
2 FASI1. MESSA A REGIME DI UN TERRITORIO
FAUNISTICO2. GESTIONE ORDINARIA DEL
TERRITORIO
32
1. MESSA A REGIME DI UN TERRITORI0 FAUNISTICO O
DI UN ATC
  • Collocazione geografica
  • Descrizione del territorio
  • Elementi faunistici di interesse gestionale
  • (Caratterizzazione della gestione venatoria)
  • Programmazione gestione a medio termine

33
2. GESTIONE ORDINARIA DEI TERRITORI FAUNISTICI
O DEGLI ATCPROGRAMMA DI GESTIONE ANNUALE
  • Programmazione interventi sullambiente
  • Piani di immissione
  • Valutazione quali-quantitativa delle popolazioni
    faunistiche
  • (Piani di prelievo)
  • (Interventi di controllo)
  • (Verifica del prelievo)
  • Iniziative tecnico-culturali

34
MESSA A REGIME
35
MESSA A REGIME
  • Collocazione geografica
  • Conoscenza geografia del territorio
  • Confini

36
MESSA A REGIME
  • Descrizione del territorio
  • Geologia
  • Idrologia
  • Climatologia
  • Caratteristiche della vegetazione ed uso del
    suolo (tecniche colturali)
  • Presenza, infrastrutture ed attività delluomo

HABITAT
37
MESSA A REGIME
  • Elementi faunistici di interesse gestionale
  • Fauna potenziale
  • Fauna reale

38
MESSA A REGIME
  • Fauna potenziale

NECESSARI MODELLI DI VALUTAZIONE
AMBIENTALE OBIETTIVO FORNIRE UNA STIMA DELLE
POTENZIALITA QUANTITATIVE E QUALITATIVE DEL
TERRITORIO
(quanto è idoneo il territorio esaminato come
habitat per la specie prescelta?)
39
MESSA A REGIME
  • Fauna potenziale

CAPACITA FAUNISTICA TEORICA DI UN
TERRITORIO Massima densità raggiungibile da una
popolazione, sulla base dei propri meccanismi di
autoregolazione, quando lincremento utile annuo
risulta pari a 0 (nati morti)
40
MESSA A REGIME
  • Fauna potenziale

RISULTANTE TRA INCREMENTO POTENZIALE ED AZIONE
DEI FATTORI LIMITANTI DINAMICA DI POPOLAZIONE
41
MESSA A REGIME
  • Curva logistica (o sigmoide) di accrescimento di
    una popolazione (teorica)

Numero
Capacità portante dellambiente
K
(Resistenza ambientale proporzionale alla densità)
K 2
Max tasso di accrescimento
Tempo
42
MESSA A REGIME
  • Fauna reale
  • Indispensabile avere informazioni su
    distribuzione, densità e struttura dei
    popolamenti faunistici
  • CENSIMENTO
  • conteggio totale stima (indice di abbondanza)

43
MESSA A REGIME
  • Fauna reale
  • IMPORTANTE
  • Scelta del metodo
  • Corretta applicazione
  • Alcuni metodi
  • Conteggio contemporaneo da punti fissi di
    osservazione
  • Censimenti in battuta
  • Censimenti notturni con fari
  • Mappaggio dei territori
  • Censimento tramite rilevamento delle impronte
  • Tecniche di cattura-mappaggio-ricattura
  • Ecc.

44
MESSA A REGIME
  • Fauna reale

CENSIMENTO
DENSITA
ERRORI

variabilità periodi interazioni influenze
diverse annuale limitanti o no sociali per
diverse specie e diversi habitat
45
CRITERI DI ANALISI E VALUTAZIONE DELLO STATUS
DI UNA POPOLAZIONE
MESSA A REGIME
ATTRAVERSO I SEGUENTI ELEMENTI
  • numero totale di animali
  • dimensioni del territorio
  • effettivamente occupato
  • distribuzione spaziale
  • consistenza della popolazione
  • per sesso e per classi detà
  • stato sanitario
  • bilancio numerico.

ELEMENTI STRUTTURALI FORMALI
46
MESSA A REGIME
  • comportamento
  • costituzione
  • capacità riproduttiva
  • mortalità

ELEMENTI STRUTTURALI FUNZIONALI
47
MESSA A REGIME
  • Caratterizzazione della gestione venatoria
  • Dati statistici e socio-economici sui cacciatori
    afferenti allambito territoriale di caccia
  • Numero di cacciatori
  • Forme di caccia praticate
  • Pressione venatoria esercitata (potenziale e
    reale)

48
  • Programmazione e gestione a medio termine

49
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • DOCUMENTO INDISPENSABILE
  • CARTA REGIONALE DELLE VOCAZIONI FAUNISTICHE
  • (DEFINIZIONE DI ZONE FAUNISTICHE OMOGENEE)
  • PIANO FAUNISTICO
  • O FAUNISTICO -VENATORIO

50
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • PIANO FAUNISTICO-VENATORIO
  • (provinciale)
  • CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE-VEGETAZIONALI
  • DEL TERRENO
  • PRESENZA DI ATTIVITA ANTROPICHE
  • SPECIE TIPICHE PRESENTI
  • VALORE NATURALISTICO E FAUNISTICO-VENATORIO
  • DI CIASCUNA SPECIE
  • RELAZIONI INTERSPECIFICHE E COMPATIBILITA
  • CON LE ATTIVITA ANTROPICHE
  • ESIGENZE ECOLOGICHE DELLE SINGOLE SPECIE
  • VOCAZIONE FAUNISTICA DI CIASCUNA FASCIA

51
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • OBIETTIVO GENERALE DI UNA RAZIONALE GESTIONE
    FAUNISTICA
  • ASSICURARE LA PRESENZA SUL TERRITORIO DI
    ZOOCENOSI IL PIU POSSIBILE DIVERSIFICATE E IN
    BUON EQUILIBRIO
  • (LE CUI COMPONENTI SI ASSESTINO SU CONSISTENZE
  • PROSSIME ALLA CAPACITA PORTANTE DELLAMBIENTE,
  • IN MODO DA SFRUTTARE APPIENO
  • LE POTENZIALITA FAUNISTICHE DEL TERRITORIO)

52
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
LEVENTUALE PRELIEVO E CORRETTO SOLO SE
SOTTOPOSTO AI PRINCIPI GENERALI DELLA
CONSERVAZIONE
  • FAUNA REALE
  • DOVREBBE TENDERE AD UGUAGLIARE
  • LA FAUNA POTENZIALE

53
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
QUINDI
  • VA DETERMINATO ED EFFETTUATO IL
  • MASSIMO PRELIEVO SOSTENIBILE
  • (ASPETTO QUANTITATIVO E QUALITATIVO)

54
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • INTERVENTI SULLAMBIENTE
  • DA EFFETTUARE IN RELAZIONE ALLAREA GEOGRAFICA,
    ALLE CONDIZIONI AMBIENTALI
  • ED ALLE SPECIE DA TUTELARE

55
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • INTERVENTI SULLAMBIENTE
  • TIPOLOGIE AMBIENTALI
  • ZONE DI PIANURA E BASSA COLLINA INTENSAMENTE
    COLTIVATE (? PICCOLA FAUNA STANZIALE FAGIANO,
    STARNA, LEPRE, CAPRIOLO)
  • ZONE DI COLLINA E MONTAGNA PARZIALMENTE COLTIVATE
    (? PICCOLA FAUNA STANZIALE FAGIANO, STARNA,
    LEPRE, CAPRIOLO)
  • ZONE DI COLLINA E MONTAGNA NON COLTIVATE (?
    UNGULATI)
  • ZONE UMIDE (? AVIFAUNA ACQUATICA)

56
  • ZONE DI PIANURA E BASSA COLLINA INTENSAMENTE
    COLTIVATE (? PICCOLA FAUNA STANZIALE FAGIANO,
    STARNA, LEPRE, CAPRIOLO)
  • INTERVENTI POSSIBILI
  • RIPRISTINO E MANTENIMENTO DEGLI ELEMENTI FISSI
    DEL PAESAGGIO (SIEPI, CESPUGLI, ECC.)
  • SEMINA DI COLTURE A PERDERE
  • SET-ASIDE
  • PREDISPOSIZIONE PUNTI DI ALIMENTAZIONE E
    ABBEVERATURA
  • RIDUZIONE IMPIEGO DI FITOFARMACI E FERTILIZZANTI
    DANNOSI
  • MISURE DI SICUREZZA DURANTE SFALCIO E RACCOLTA
    DEI FORAGGI

PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
57
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • ZONE DI COLLINA E MONTAGNA PARZIALMENTE COLTIVATE
    (? PICCOLA FAUNA STANZIALE FAGIANO, STARNA,
    LEPRE, CAPRIOLO)
  • INTERVENTI POSSIBILI
  • COME PUNTO PRECEDENTE

58
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • ZONE DI COLLINA E MONTAGNA NON COLTIVATE (?
    UNGULATI)
  • INTERVENTI POSSIBILI
  • AUMENTO DISPONIBILITA IDRICHE ED ALIMENTARI
  • SEMINA DI COLTURE A PERDERE
  • MANTENIMENTO DELLA ETEROGENEITA (SIA FAUNISTICA
    CHE FORESTALE)
  • RIDURRE I DANNI CHE LA FAUNA PUO ARRECARE ALLA
    FORESTA

59
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • ZONE UMIDE (? AVIFAUNA ACQUATICA)
  • INTERVENTI POSSIBILI
  • MANTENIMENTO E/O RIPRISTINO DELLA VEGETAZIONE
    SOMMERSA, NATANTE E DEI TERRENI CIRCOSTANTI
  • GESTIONE DEL LIVELLO DELLE ACQUE
  • MANTENIMENTO E/O RIPRISTINO DEL PROFILO
    IRREGOLARE DELLE RIVE E DEGLI ARGINI
  • MANTENIMENTO E/O PREDISPOSIZIONE DI ZONE DACQUA
    BASSA
  • MANTENIMENTO E/O PREDISPOSIZIONE DI SPIAGGE E
    ISOLOTTI
  • DISTRIBUZIONE DI PAGLIA SULLA SUPERFICIE
    DELLACQUA, PER FAVORIRE LO SVILUPPO DI INSETTI,
    MOLLUSCHI, ECC.

60
UN ESEMPIO DI INTERVENTOMIGLIORAMENTO
DELLALIMENTAZIONE
INTEGRAZIONE ALIMENTARE INTERVENTO IMPORTANTE MA
PERICOLOSO
  • OCCORRE VALUTARE
  • STATUS POPOLAZIONE
  • DISPONIBILITA ALIMENTARI
  • CAPACITA DELLAMBIENTE
  • DI SOPPORTARE IL CARICO ANIMALE
  • ECC.
  • POSSIBILI DANNI ALLECOSISTEMA
  • ANIMALI INCAPACI DI AUTONOMIA

61
  • MODALITA DI INTERVENTO POSSIBILI
  • quantitative
  • qualitative

62
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • IMMISSIONI FAUNISTICHE

TRASFERIMENTO E RILASCIO DI ANIMALI DA PARTE
DELLUOMO
INTRODUZIONI REINTRODUZIONI RIPOPOLAMENTI
63
REINTRODUZIONE, INTRODUZIONE, RIPOPOLAMENTO
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • REINTRODUZIONE - FINALITA
  • Ritorno di una specie in un luogo in cui essa era
    presente nel passato (AUTOCTONA)
  • Ridistribuzione di una specie e sua conservazione
  • Recupero ambientale
  • Informazione e cultura ambientale
  • Recupero di animali

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PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • REINTRODUZIONE CONDIZIONI INDISPENSABILI
  • Esistenza documentazione storica sullesistenza
    della specie nel territorio
  • Habitat ancora rispondente alle esigenze della
    specie
  • Cause originarie di estinzione non più esistenti
  • Assenza di conseguenze negative di rilievo

65
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • RIPOPOLAMENTO - FINALITA
  • Incremento della consistenza di popolazioni
    naturali che presentino densità particolarmente
    ridotte

66
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • RIPOPOLAMENTO - IMPORTANTE
  • Non devessere routinario
  • Devono essere state individuate e rimosse le
    cause responsabili della diminuita densità
  • La popolazione non era riuscita a riprendersi
    naturalmente

67
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • RIPOPOLAMENTO PROBLEMI SE NON E FATTO
    RAZIONALMENTE
  • Danni alle fitocenosi
  • Introduzione di fattori di squilibrio nelle
    zoocenosi
  • Inquinamento genetico e/o culturale
  • Diffusione di agenti patogeni
  • Rapporto costi/benefici spesso economicamente
    negativo

68
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • RIPOPOLAMENTO ORIGINE DEI SOGGETTI
  • Animali di cattura e importazione
  • Animali di allevamento
  • Animali di cattura in ambiti locali di produzione
    (zone di ripopolamento e cattura)

69
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • INTRODUZIONE
  • Immissione di specie o razze alloctone
  • FORTEMENTE SCONSIGLIATA

70
POPOLAZIONE AFFERMATA
CORRETTO IDONEITA
DEL CARATTERISTICHE INTERVENTO NUOVO
AMBIENTE DEGLI ANIMALI UMANO
71
fagiano
lepre
pernice rossa
starna
coturnice
SPECIE PIU UTILIZZATE PER RIPOPOLAMENTI
72
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • PIANI DI PRELIEVO
  • PIANIFICARE IL PRELIEVO TEORICO
  • IN MODO TALE DA MANTENERE
  • LA POPOLAZIONE A LIVELLI DI K/2
  • IN PRATICA
  • SU LIVELLI INFERIORI A QUELLO TEORICO,
  • PER EVITARE SOVRASFRUTTAMENTO

73
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
PIANI DI PRELIEVO PER SPECIE STANZIALI MIRATI
ALLA RICOSTITUZIONE E MANTENIMENTO DI
POPOLAMENTI FAUNISTICI SANI E BEN STRUTTURATI
74
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • PIANI DI PRELIEVO PER SPECIE STANZIALI
  • OBIETTIVI POSSIBILI
  • PERMETTERE AD UNA POPOLAZIONE DI AUMENTARE FINO A
    RAGGIUNGERE LA DENSITA OTTIMALE (tasso max di
    prelievo mai superiore allincremento utile annuo
    della popolazione)
  • STABILIZZARE LA POPOLAZIONE (prelievo uguale
    allincremento utile annuo)
  • RIDURRE LE DIMENSIONI DELLA POPOLAZIONE (prelievo
    superiore allincremento utile annuo)

75
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • ELABORAZIONE DEI PIANI DI PRELIEVO
  • ATTRAVERSO I SEGUENTI MOMENTI
  • DETERMINAZIONE DELLE DENSITA OTTIMALI DI
    POPOLAZIONE, PER SPECIE E PER UNITA DI
    SUPERFICIE
  • DETERMINAZIONE DELLA CONSISTENZA EFFETTIVA DELLA
    POPOLAZIONE
  • CALCOLO DEL MAX PRELIEVO SOSTENIBILE

76
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
APPLICAZIONE DEI PIANI DI PRELIEVO RIPARTIZION
E DEL PIANO ANNUALE COMPLESSIVO RELATIVO AD OGNI
SPECIE TRA I CACCIATORI DELLAMBITO ATTIVITA
VENATORIA PIANIFICATA
77
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • GESTIONE DELLA FAUNA MIGRATORIA
  • MOLTO COMPLESSA, ANCHE PERCHE
  • E DIFFICILE FARE CENSIMENTI CORRETTI
  • INOLTRE AREE DI RIPRODUZIONE ED AREE DI CACCIA
    NON COINCIDONO
  • OPPORTUNA
  • COOPERAZIONE TECNICA INTERNAZIONALE

78
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • PREVENZIONE E CONTROLLO DEI DANNI PRODOTTI DALLA
    FAUNA SELVATICA
  • DANNI POSSIBILI A
  • VEGETAZIONE NATURALE
  • ATTIVITA DELLUOMO
  • ANIMALI DI PARTICOLARE INTERESSE

E POSSIBILE EFFETTUARE INTERVENTI DI
CONTENIMENTO DELLE POPOLAZIONI SELVATICHE (ART.
19 L. 157/92)
79
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
INTERVENTI DI CONTENIMENTO DELLE POPOLAZIONI
SELVATICHE (ART. 19 L. 157/92)
OBBLIGATORIO TENTARE PRIMA METODI ECOLOGICI, E
SOLO DOPO, IN CASO DI MANCATO FUNZIONAMENTO,
PROGRAMMARE IDONEI PIANI DI ABBATTIMENTO (previa
autorizzazione delle Regioni)
80
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
OPERAZIONI DA EFFETTUARE PER UNEFFICACE
PREVENZIONE E CONTROLLO DEI DANNI PROVOCATI DALLA
FAUNA SELVATICA
  • Stabilire il danno
  • Identificare la specie responsabile
  • Valutare la convenienza di fare prevenzione e /o
    controllo
  • Impostare idonei piani di prevenzione e/o
    controllo
  • Valutare lefficacia del metodo applicato per
    ridurre il danno

81
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
TECNICHE PER LA PREVENZIONE E IL CONTROLLO DEI
DANNI
  • METODI ECOLOGICI
  • Limitare le opportunità di accesso (anche solo
    per
  • tempi limitati)
  • PIANI DI ABBATTIMENTO
  • Effettuabili direttamente (abbattimenti) o
    mediante
  • catture

82
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • STRUMENTI DI GESTIONE
  • CARTOGRAFIA ADEGUATA
  • GIS (SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI)
  • ANELLI, RADIOCOLLARI ED ALTRI CONTRASSEGNI PER IL
    MARCAGGIO DEI CAPI IMMESSI

83
PROGRAMMAZIONE E GESTIONE A MEDIO TERMINE
  • STRUTTURE DI GESTIONE
  • (NEGLI ATC) POSSONO ESSERE PRESENTI AREE
    PARZIALMENTE VINCOLATE
  • E INDISPENSABILE LA PRESENZA DI PERSONALE
    TECNICO ADEGUATAMENTE ISTRUITO
  • E AUSPICABILE LA PRESENZA DI VOLONTARI
  • E AUSPICABILE LA PRESENZA DI CENTRI DI RACCOLTA
    DEI CAPI ABBATTUTI (PER IL TRATTAMENTO DEI CAPI,
    PER EVENTUALI ACCERTAMENTI SANITARI E PER LE
    REGISTRAZIONE DELLE MISURE BIOMETRICHE)
  • E AUSPICABILE LA PRESENZA DI UN SERVIZIO DI
    RECUPERO DEI CAPI FERITI

Torna
84
(No Transcript)
85
CONTROLLO DELLE MALATTIEE MANTENIMENTO DELLO
STATODI SALUTE ECOPATOLOGIA
86
SINGOLO ANIMALE
POPOLAZIONE
INTEGRAZIONE CON LECOSISTEMA
87
NON SALUTE MA BENESSERE
OSSERVATO PER VIE INDIRETTE ATTRAVERSO ALCUNI
FATTORI
  • stabilità della specie nellambiente
  • buona distribuzione per sesso e per classi detà
  • estrinsecazione normale (fisiologica)
  • del potenziale riproduttivo
  • equilibrio con le diverse componenti ambientali

RELAZIONI PARCHI ATTIVITA AGRO-ZOOTECNICHE
88
SOVRAFFOLLAMENTO

STRESS
AGGRESSIVITA DIFFUSIONE MALATTIE
CARENZE ALIMENTARI
MIGRAZIONE
MINORE EFFICIENZA RIPRODUTTIVA
NEI RUMINANTI PERDITE DI PESO DEL 20-30
PERICOLOSE !
89
PROBLEMA PARASSITI
  • COME I PREDATORI
  • INFLUENZA SULLO SVILUPPO DELLE
  • POPOLAZIONI
  • CONTAGIO DAGLI/AGLI ANIMALI DOMESTICI

90
GESTIONE ORDINARIA
91
  • TUTTI I PUNTI GIA TRATTATI VANNO APPLICATI AD
    UN PROGRAMMA DI GESTIONE ANNUALE
  • CARTOGRAFIA ADEGUATA
  • GIS (SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI)
  • ANELLI, RADIOCOLLARI ED ALTRI CONTRASSEGNI PER IL
    MARCAGGIO DEI CAPI IMMESSI

Torna
92
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
SELVAGGINA
  • A PENNA O PIUMA A PELO (capriolo,
    (allodola, anatra selvatica, cervo,
    cinghiale,
  • beccaccia, beccaccino, fagiano,
    coniglio selvatico,
  • pernice, piccione, quaglia, tordo) daino,
    lepre)

93
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
SELVAGGINA
  • CARNI NERE
  • INDISPENSABILE FROLLATURA
  • (5-10 gg)
  • RICCHE IN PROTEINE
  • (E IN BASI PURINICHE)
  • POVERE IN GRASSI
  • SAPORE PRONUNCIATO
  • MINORE FACILITA E
  • RAPIDITA DI COTTURA
  • TALORA MINORE DIGERIBILITA

94
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
SELVAGGINA
  • CARNI E PRODOTTI DERIVATI GENUINI
  • CARNI E PRODOTTI DERIVATI TIPICI
  • CARNI E PRODOTTI DERIVATI DI NICCHIA
  • ELEVATO VALORE ECONOMICO DEI PRODOTTI
  • ELEVATO VALORE SOCIALE DEI PRODOTTI
  • ELEVATA QUALITA DEI PRODOTTI
  • DIFFICILE LAVORAZIONE DELLE CARNI
  • DIFFICILE REPERIBILITA DEI PRODOTTI

95
QUAGLIA Elevato contenuto in proteine (25)
e basso tenore in grasso (6,5) 160 kcal ogni
100 grammi di parte edibile)
ESEMPI
  • FAGIANO
  • 24 di proteine e 5 circa di grassi 145 kcal
    ogni 100 g di parte edibile.
  • PERNICE
  • Elevato contenuto proteico (25) e bassissimo
    tenere in grasso (1,5).

96
QUALITA DELLA CARNE (RICHIAMI DI ZOOTECNICA
SPECIALE)
97
(No Transcript)
98
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CINGHIALE
99
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CINGHIALE
  • IN ITALIA QUASI 700 ALLEVAMENTI DI CINGHIALE
  • (14.000 capi) (Carenzi-Panzera, 2009)
  • CONSISTENZA MEDIA PER ALLEVAMENTO 21 capi
  • PRESENTE NEL 68 DEGLI ALLEVAMENTI DI UNGULATI
  • SELVATICI (è lungulato selvatico più allevato
    in Italia)
  • PRODUZIONE DI CARNE PARI AL 90 DELLA
  • PRODUZIONE INTERNA DI TUTTI GLI UNGULATI
  • SELVATICI ALLEVATI

100
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CINGHIALE
  • ONNIVORO MANGIA VEGETALI EPIGEI ED IPOGEI
  • (ghiande, tuberi, nocciole, noci, castagne,
    rape,
  • leguminose, radici, frutti selvatici ecc.),
    PICCOLI
  • ANIMALI VIVI O MORTI, RIFIUTI ORGANICI
    (immondizie)
  • PREDILIGE LE MACCHIE FITTE, RICCHE DI ACQUA,
  • DOVE ABBEVERARSI E ROTOLARSI, E I SOTTOBOSCHI
  • INTRICATI, DOVE NASCONDERSI NELLE ORE DIURNE
  • E MOLTO PROLIFICO

101
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CINGHIALE
  • DENSITA TROPPO ELEVATA SCOMPARSA DEL
    SOTTOBOSCO, SCOPERCHIAMENTO DI RADICI, DANNI
    AGRICOLTURA
  • ELEVATA TOLLERANZA NEI CONFRONTI DEGLI ALTRI
    UNGULATI
  • NON MOLTO COMPETITIVO CON I RUMINANTI NEL
    PRELIEVO DEGLI ALTRI ALIMENTI SPONTANEI
  • LA RICERCA DEL CIBO PORTA GLI ANIMALI A SPOSTARSI
    IN PICCOLI BRANCHI (INTEGRAZIONE ALIMENTARE?)
  • BEN ADATTABILE ALLALLEVAMENTO INTENSIVO

102
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CINGHIALE
CARNE FRESCA SALUMI E INSACCATI (PRODOTTI
MOLTO RICHIESTI !!!)
  • INOLTRE
  • SALVAGUARDIA DELLAMBIENTE
  • ASPETTI NATURALISTICI
  • STUDIO E DIDATTICA
  • TURISMO
  • ECC.

103
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
(Salghetti, 1998)
104
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
(Salghetti, 1998)
105
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
  • PESO MEDIO MASCHIO ADULTO 100 kg (FINO A 200)
  • PESO ALLA MACELLAZIONE 50-70 kg
  • RESA AL MACELLO 65-70

106
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
CONFRONTO QUALITA CARNE CINGHIALE-MAIALE
(Marchiori, de Felício, 2003)
Dal punto di vista commerciale e della
lavorazione, la carne di cinghiale è migliore
rispetto a quella suina
107
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
Carne di cinghiale colore più intenso rispetto
alla carne di maiale (più mioglobina, più
esercizio fisico) (comunque compreso nel range
di valori accettabili)
108
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
Migliore e più rapido raffreddamento della
carcassa, specialmente dei tagli
commerciali Migliore qualità microbiologica
109
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
Declino più lento del pH rispetto al
maiale Indice di maggiore resistenza allo
stress
110
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
SUINO NERO
111
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
SUINO NERO
Maiale di taglia piccola e mantello scuro, molto
simile al cinghiale. Ha una prominente cresta di
setole che vanno dalla testa al posteriore, lungo
la parte mediana del dorso. Altezza media 70
cm. Grugno lungo e robusto, adatto a
scavare. Imparentato con altre varietà di suino
nero presenti in Italia e in Europa, ma è
considerato comunque una razza autoctona. Da
considerare una varietà o una popolazione
piuttosto che una specie o una sottospecie. È
allevato allo stato semi brado.
112
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
  • Per la sua carne di alta qualità e che ben si
    presta alla trasformazione rappresenta un
    patrimonio prezioso sia per leconomia locale che
    per il piacere gastronomico.
  • Le sue carni vengono consumate fresche o
    trasformate
  • in salami, prosciutti, capicolli e pancetta.
  • Prodotti non famosi e poco conosciuti anche in
    Italia,
  • ma con un mercato di nicchia e spesso sommerso.

113
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
Suini Bio Allevati Bradi
114
Dr. Venera Fasone - DISTAFA
Maiali spagnoli al pascolo
115
LEPRE
116
LEPRE
ORDINE LAGOMORFI FAMIGLIA LEPORIDI NOME
SCIENTIFICO LEPUS EUROPAEUS
117
Caratteristiche
  • denti incisivi molto sviluppati e ricurvi, con
    margine
  • tagliente, a crescita continua
  • presenza nelle cavita nasali di lamine
    cartilaginee
  • molto sviluppate (elevata sensibilita
    olfattiva)
  • intestino cieco assai sviluppato e utero doppio
  • regime alimentare essenzialmente vegetariano.
  • . . . .

118
  • dimensioni medie, con testa piccola, occhi ed
    orecchie
  • grandi
  • zampe posteriori assai sviluppate, atte alla
    corsa ed
  • al salto, terminanti con piedi provvisti di
    quattro dita
  • coda breve, pelliccia abbondante (abbondanza del
    pelo
  • e colore variabili in funzione della stagione
    e
  • dellambiente).

119
HABITAT ORIGINARIO praterie e steppe
temperate ma
si è adattata ad una grande varietà di
ambienti DISTRIBUZIONE ubiquitaria nelle
pianure e nelle zone collinari e di
bassa e media montagna. Assente nei
territori alto montani, cioè sopra i
2000 metri.
120
ALIMENTAZIONE erbivora. Nel periodo
primaverile ed estivo parti verdi de vegetali in
crescita in mancanza ortaggi, leguminose da
foraggio o da granella, cereali. Nel periodo
invernale parti secche delle piante, semi e
cortecce, radici fittonanti di alcune specie,
come la carota e la barbabietola. Acqua sufficie
nte lacqua delle piante la Lepre ha necessità
di bere solo in casi di siccità molto
accentuata. (in allevamento con mangimi
situazione diversa!)
121
Generalmente la lepre stabilisce uno stretto
legame con il proprio territorio. Però gli
esemplari immessi, nella fase iniziale, possono
compiere spostamenti anche rilevanti.
122
  • La lepre non scava, come fa il coniglio
    selvatico, delle vere e proprie tane si limita a
    ricavare dei giacigli rimuovendo il terreno con
    le zampe anteriori.
  • Nel lasciare il covo e nel rientrarvi adotta una
    tattica antipredatoria, che consiste nel compiere
    salti e percorsi elusivi al fine di confondere le
    proprie tracce.
  • In caso di pericolo,il comportamento è diverso
    nell'adulto
  • rispetto al giovane
  • ladulto inizialmente cerca di mimetizzarsi
    quando il
  • pericolo si fa più vicino, si dà alla fuga
    raggiungendo
  • velocità anche di 60-70 Km/h non copre
    comunque
  • grandi distanze (circa 1 Km di raggio)
  • i piccoli tendono a restare immobili in ogni
    caso.

123
La riproduzione, alle nostre latitudini, va da
gennaio a settembre, con un picco riproduttivo a
maggio. Durante il periodo riproduttivo si ha la
marcatura dei territori con i secreti delle
ghiandole anogenitali, pigmentali (situate nel
naso) e di quelle situate sulle guance. Queste
marcature permettono il riconoscimento tra i
sessi, con scontri aggressivi e violenti tra i
maschi e rituali di corteggiamento tra maschi e
femmine. L'accoppiamento stimola, come nel
coniglio, l'ovulazione se la fecondazione
avviene, si ha una gestazione che è in media di
41-42 giorni, al termine della quale vengono alla
luce (solitamente di notte o all'alba) 2-3
leprotti (ma il numero può variare da 1 fino a
6).
124
Il numero maggiore di nascite si ha tra aprile e
luglio (il periodo più favorevole dal punto di
vista ambientale). I leprotti alla nascita hanno
un peso intorno ai 100 gr nascono con gli occhi
aperti, provvisti di pelo e denti e sono perciò
indipendenti già dopo poco tempo dalla
nascita. Vengono allattati dalla madre una sola
volta al giorno, per 3-5 minuti questo ha anche
valenza antipredatoria (poco tempo per assumere
lodore della madre il leprotto è privo di odore
e dunque più difficilmente rintracciabile dai
predatori) All'età di 12-14 giorni i piccoli
cominciano ad assumere anche cibi solidi a 25-35
giorni avviene lo svezzamento completo.
125
La maturità sessuale viene raggiunta prima dai
maschi che dalle femmine (5-7 mesi contro
6-8). La lepre può arrivare anche a vivere 12
anni, ma di media supera raramente i 5-6 anni.
126
Tasso di mortalità dei leprotti molto variabile,
ma generalmente elevato. Allo scopo di definire
un piano di prelievo, occorre considerare anche
un tasso medio di mortalità degli adulti nel
periodo riproduttivo che si ritiene possa essere
intorno al 20 della consistenza di fine inverno.
Lentità delle perdite invernali può essere
accertata nei singoli territori di caccia
attraverso censimenti da eseguirsi in dicembre e
in marzo, prima della ripresa vegetativa.
127
  • CAUSE DI MORTALITA (naturali)
  • condizioni climatiche (in particolare
    precipitazioni
  • abbondanti) le condizioni climatiche svolgono
    un
  • ruolo importante nel manifestarsi delle
    malattie
  • infettive o parassitarie
  • agenti patogeni (comprese le sostanze tossiche)
  • predazione (specialmente volpi)
  • disponibilità alimentare
  • malattie.

128
CAUSE DI MORTALITA (artificiali)
  • sviluppo della rete viaria (direttamente e
  • indirettamente)
  • trasformazioni ambientali e moderne tecniche di
  • coltivazione agraria (ridotta diversita
    ambientale
  • e disponibilta delle zone di rifugio e di
    alimentazione)
  • caccia e bracconaggio.

129
COLLOCAZIONE DELLALLEVAMENTO
  • Luogo tranquillo, per evitare stress agli
    animali allevati
  • Opportuna la lontananza da altri allevamenti,
    specie
  • cunicoli, per motivi di ordine sanitario
  • Luogo in cui si tengono le gabbie adeguatamente
  • recintato, per
  • tenere a distanza i curiosi
  • impedire l'accesso a mammiferi domestici e
    selvatici e a roditori, che hanno un ruolo
    determinante nella propagazione di determinate
    malattie
  • evitare la fuga delle lepri, che si può
    verificare durante le operazioni di governo
    dell'animale
  • . . . .

130
  • Protezione dai venti dominanti
  • Presenza di sole, specie nelle prime ore del
    mattino (in
  • collina meglio i versanti esposti a est o sud
    est)
  • Presenza di alberi
  • Suolo preferibilmente sciolto e in pendenza per
    favorire
  • il drenaggio e l'eliminazione delle acque
    superficiali.
  • Disposizione delle gabbie a file almeno 5 m tra
    le file e
  • almeno 2 m tra gabbie della stessa fila
    distanza di una
  • gabbia dalla recinzione almeno 3 m.

131
GABBIE
  • Pareti in materiale coibente e resistente ai
    morsi
  • (fibra di vetro rivestita da resine
    sintetiche,
  • compensato marino rivestito di resine
    repellenti al
  • gusto).
  • Pareti lisce e lavabili assenza di spigoli o
    asperità
  • che potrebbero essere causa di infortunio
  • Due aree distinte zona di alimentazione, comune
    a
  • tutti gli individui, e zona di rifugio
    (divisa in leprotti e
  • riproduttori).

132
GABBIE
  • Superficie minima consigliata per coppia 2
    metri
  • quadrati (m 1 X 2)
  • Altezza dal suolo minima della gabbia 50 cm,
    per
  • agevolare le operazioni di rimozione delle
    deiezioni
  • altezza utile almeno 80 cm per permettere alla
    lepre
  • di alzarsi in piedi e assecondare quindi i
  • comportamenti naturali tipici del
    corteggiamento e
  • dell'accoppiamento

133
GABBIE
  • Tra il nido e la zona di alimentazione
    passaggio
  • cm 15 X 18 , per far accedere al nido solo i
    leprotti.
  • Nidi separabili dalla zona di alimentazione e
  • asportabili (possibile spostare un animale in
    un altro
  • luogo senza maneggiarlo direttamente).
  • Pavimento che permetta l'eliminazione delle
    deiezioni
  • e allo stesso tempo che scongiuri l'incidenza
    di
  • piaghe podali o di fratture (es. reti con
    diametro
  • superiore a 1,2 mm).

134
GABBIE
  • Mangiatoia a tramoggia per i pellet, dotata di
    fori
  • per l'eliminazione delle parti più
    polverulente del
  • mangime ed una rastrelliera per paglia e
    fieno.
  • Impianto di abbeveraggio automatico a tazza,
  • goccia o pulsante
  • Le lepri, oltre che in coppia fissa, possono
    anche
  • essere allevate in gabbie-harem (12 15)
    (raro)

135
CONIGLIO SELVATICO
  • Specie tipica delle zone più scoperte
  • della macchia mediterranea.
  • Originario delle zone costiere della
  • Spagna e della Francia meridionale
  • e, forse, della Sicilia
  • Molto adattabile, ma oggi trova habitat
    favorevoli
  • solo in piccole aree
  • E poco popolare come selvaggina per la
    difficoltà
  • di sorprenderlo allo scoperto

136
  • In alcune zone, se abbondante, può causare
    rilevanti
  • danni al novellame dei pioppeti e ai giovani
    frutteti
  • E soggetto a tutte le malattie che colpiscono
    le lepri,
  • ed in più è vulnerabilissimo alla mixomatosi
  • lintroduzione del Coniglio selvatico e quindi
  • sconsigliabile nelle zone dove sono presenti
    allevamenti
  • di conigli domestici, per il pericolo di
    trasmissione di
  • tale virus

137
RIPOPOLAMENTO CON LEPRI DIMPORTAZIONE
  • Molto utilizzate nel passato
  • Provenienza prevalentemente dall'Europa
    dell'Est (Ungheria,
  • Cecoslovacchia, Polonia, ecc.)
  • Problemi - inquinamento genetico a carico
    delle popolazioni locali
  • - introduzione di forme patogene nuove
  • - durante la fase di dispersione la
    lepre risulta
  • particolarmente vulnerabile
    per la cattiva
  • conoscenza del nuovo
    territorio (maggiore rischio
  • predazione, incidenti sulle strade e
    malattie)

138
L'allevamento intensivo della lepre è una valida
alternativa per la produzione di carne e di capi
da ripopolamento (carne più elevata
percentuale di acidi grassi polinsaturi rispetto
ad altre carni e quantità minore di
monoinsaturi) (contenuto migliorabile con
mangimi a basso contenuto energetico e lipidico
139
(No Transcript)
140

AVICOLI
FAGIANO (Phasianus colchicus)
PERNICE (Alectoris spp.)

- chucar (coturnice orientale) - rufa (pernice
rossa) - graeca (coturnice delle Alpi)

141


STARNA (Perdix perdix)
QUAGLIA (Coturnix coturnix)
142
FAGIANO
143
FAGIANO COMUNE
ORDINE GALLIFORMI FAMIGLIA FASIANIDI NOME
SCIENTIFICO PHASIANUS COLCHICUS
MONGOLICUS TORQUATUS
TENEBROSUS COLCHICUS DISTRIBUZIONE
IN ITALIA OVUNQUE, ENTRO I 1000-1500 m
s.l.m.
144
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
  • ACCENTUATO DIMORFISMO SESSUALE
  • PESO ? 1-1,2 kg, ? 1,6 kg
  • LUNGHEZZA 70-85 cm
  • STRUTTURA CORPOREA MASSICCIA, BECCO ROBUSTO,
  • ALI BREVI E ARROTONDATE, CODA LUNGA, TARSO
    MUNITO
  • DI SPERONE NEL ?
  • PIUMAGGIO ? COLORI VIVACI E RIFLESSI
    METALLICI,
  • CARUNCOLE SCARLATTE SULLE GUANCE, SPESSO
    COLLARE
  • BIANCO INTORNO AL COLLO - ? COLORE
    BRUNO-CASTANO
  • CON MACCHIE E MARGINI DELLE PENNE FULVI
  • MUTA COMPLETA IN AUTUNNO
  • UOVO ROTONDEGGIANTE, COLORE BRUNO OLIVA O
  • MARRONE CHIARO, PESO 30-35 g
  • MUTA COMPLETA IN AUTUNNO

145
  • ALIMENTAZIONE MOLTO VARIA GRANAGLIE, FRUTTA,
    SEMI,
  • ERBA, INSETTI, MOLLUSCHI, UOVA, ECC.
  • RIPRODUZIONE
  • NIDIFICA UNA VOLTA LANNO, AD APRILE
  • IL MASCHIO CORTEGGIA E FECONDA ALCUNE FEMMINE,
  • POI RIPRENDE LA VITA SOLITARIA
  • LA FEMMINA PREPARA IL NIDO IN UNA DEPRESSIONE
  • DEL TERRENO TAPPEZZATA DI FOGLIE SECCHE
  • DEPOSIZIONE 8-15 UOVA, COVATE PER 24-26 gg
  • I PULCINI VOLANO A 12-14 gg, MA RESTANO CON LA
    MADRE
  • E A TERRA, DI SOLITO, FINO ALLOTTOBRE
    SUCCESSIVO

146
  • HABITAT MOLTO ADATTABILE
  • PREFERISCE AMBIENTI FORESTALI CON
  • SOTTOBOSCO, MA ANCHE ZONE COLTIVATE
  • PURCHE DOTATE DI ACQUA
  • COMPORTAMENTO
  • STAZIONARIO E PARZIALMENTE ERRATICO
  • TERRAGNOLO, MA SI POSA SUGLI ALBERI DI NOTTE
  • ED IN CASO DI PERICOLO
  • SE DISTURBATO CORRE VIA, ALZANDOSI IN VOLO SOLO
  • SE MINACCIATO DA VICINO
  • FRULLO FRAGOROSO, VOLO DI SOLITO ORIZZONTALE,
  • CON BATTUTE DI ALI POTENTI, MA NON LUNGO NE
    ALTO

147
ALLEVAMENTO DEL FAGIANO
  • SPECIE PIU ADATTABILE E PIU DIFFUSA
  • TRA I SELVATICI STANZIALI
  • SI COMMERCIALIZZA
  • A INIZIO ANNO
  • (RIPRODUTTORI DA ALLEVAMENTO)
  • PERIODO ESTIVO
  • (SOGGETTI DI NUOVA PRODUZIONE)
  • PERIODO AUTUNNALE
  • (SOGGETTI PRONTA CACCIA)

148
RAZZE PIU UTILIZZATE
  • MONGOLICA - MIGLIORE PER BELLEZZA E
  • RAPIDITA DI CRESCITA
  • - PIU FACILE DA CACCIARE
  • - DOPO IL LANCIO NON EMIGRA
  • TENEBROSO - MENO PROLIFICO
  • - PIU DIFFICILE DA CATTURARE E
  • DA CACCIARE
  • - CERCA SEMPRE NUOVI TERRITORI
  • TORQUATO - SOLO ORNAMENTALE
  • INCROCI

149
SCELTA DELLA RAZZA
  • CRITERIO EDONISTICO (PER RIPOPOLAMENTO E
    CACCIA)
  • - BELLEZZA DELLA LIVREA
  • - TAGLIA
  • - SELVATICITA
  • - RUSTICITA
  • - ATTITUDINE AL VOLO
  • - COMPORTAMENTO AL TIRO
  • CRITERIO ZOOTECNICO (PER PRODUZIONE DI CARNE)
  • - ELEVATA OVIDEPOSIZIONE
  • - INCREMENTO PONDERALE
  • - DOMESTICITA

150
SCELTA DEI SINGOLI SOGGETTI
  • GENOTIPICA
  • TRAMITE SELEZIONE
  • FENOTIPICA (MASSALE)
  • CRITERI DI SCELTA
  • STATO SANITARIO
  • TAGLIA
  • PROVENIENZA
  • PIUMAGGIO
  • TEMPERAMENTO

151
METODI DI SCELTA - MASCHI
  • CATTURA - DIFFICILE LADATTAMENTO
  • - NECESSARI TRATTAMENTI IGIENICO- SANITARI
  • - UTILIZZABILI SOLO PER UN ANNO
  • ALLEVAMENTO - SCEGLIERE I SOGGETTI AD INIZIO
    ANNO (GENN.-FEBBR.)
  • - RIUTILIZZARE I SOGGETTI ANDATI PRIMA IN
    CALORE E RIMASTIVI PIU A LUNGO (NECESSARI
    REGISTRI!)

152
METODI DI SCELTA - FEMMINE
  • ALLEVAMENTO - (I CAPI CATTURATI SONO
    DISOMOGENEI E SI STRESSANO TROPPO)
  • - SOGGETTI MIGLIORI DAL 2 AL 3- 4 ANNO
  • - NON SCEGLIERE LE OVAIOLE TROPPO
    PRODUTTIVE PERCHE HANNO MINORE ATTITUDINE
    ALLA COVA (IMPORTANTE PER RIPOPOLAMENTO, NON
    PER PRODUZ. CARNE)
  • ATTENZIONE ALLA CONSANGUINEITA!!!

153
  • POLIGAMIA (NEL FAGIANO 15 / 17)
  • FORTE COMPETIZIONE TRA I MASCHI
  • DIMORFISMO SESSUALE ACCENTUATO
  • LOTTA PER IL TERRITORIO
  • DISINTERESSE PER LA PROLE
  • PREDATORI DISTRATTI DAL MASCHIO
  • MONOGAMIA
  • MINORE COMPETIZIONE
  • MINORE DIMORFISMO SESSUALE
  • CURE PARENTALI A META TRA I DUE GENITORI

154
IN CATTIVITA, A VOLTE, I FAGIANI MENO
SELVATICI TENDONO ALLA MONOGAMIA
IL 92 DEGLI UCCELLI SONO MONOGAMI!
155
ACCASAMENTO DEI RIPRODUTTORI
I RIPRODUTTORI VANNO POSTI NELLE VOLIERE PULITE E
DISINFETTATE ENTRO META FEBBRAIO PRIMA
  • SVERMINAZIONE
  • VACCINO PSEUDOPESTE
  • CONTROLLO A CAMPIONE PER POLLUROSI

NEL CORSO DELLA STAGIONE RIPRODUTTIVA MASCHI CHE
PRESENTANO PROBLEMI VANNO SCARTATI!!!
156
NELLA STAGIONE DEGLI AMORI
IL MASCHIO ASSUME LA LIVREA NUZIALE (C.S.S.,
DETERMINATO DA GHH. TIROIDE, IPOFISI, TESTICOLI)
  • AUMENTO QUANTITA PIUME
  • AUMENTO BRILLANTEZZA DEL MANTO
  • CARUNCOLE DELLE GUANCE TURGIDE E DI COLOR ROSSO
    VIVO
  • MANIFESTAZIONI CANORE
  • DANZE NUZIALI

PARATA NUZIALE
EVITARE DI ASSISTERE A CORTEGGIAMENTO E
ACCOPPIAMENTO IL MASCHIO PUO DIVENTARE VIOLENTO!
157
MUTA
  • AVVIENE IN MANIERA GRADUALE,
  • TRA GIUGNO E SETTEMBRE
  • IL FAGIANO PUO VOLARE IN QUALSIASI MOMENTO
  • SFORZO METABOLICO NOTEVOLE
  • NECESSARIA ALIMENTAZIONE PIU RICCA IN
  • PROTEINE, VITAMINE, MINERALI
  • ALLA FINE CONTROLLARE (ED, EVENTUALMENTE,
  • PAREGGIARE) BECCO ED UNGHIE

158
SONNO
  • VA DALLIMBRUNIRE ALLE PRIME LUCI DELLALBA
  • (NELLA STAGIONE RPRODUTTIVA SEGUONO SUBITO
  • CORTEGGIAMENTO E ACCOPPIAMENTO)
  • MAI MOLTO PROFONDO (SE SI SUPERA LA SOGLIA
  • DI DISTANZA DI FUGA VOLA)
  • TRASCORSO SUI POSATOI PIU ALTI
  • (SE STA A TERRA NUOVO ARRIVATO O MALATO)

159
OVIDEPOSIZIONE
  • DA FINE MARZO - INIZIO APRILE A GIUGNO LUGLIO
  • TOTALE UOVA DEPOSTE 50-70 (NEL TARDO
    POMERIGGIO)
  • LE PRIME, DI SOLITO, SI SCARTANO PER DIFETTI
  • RACCOLTA 2 VOLTE AL GIORNO
  • CONSERVAZIONE PER 7-10 gg MAX,
  • IN AMBIENTE FRESCO E UMIDO
  • IN CASO DI UOVA ROTTE INDIVIDUARE IL/LA
  • RESPONSABILE ED ELIMINARLO/LA (O SPUNTARE IL
    BECCO)
  • PUO ESSERE ANTICIPATA MODIFICANDO
  • IL FOTOPERIODO, MA NON CONVIENE
  • AL 2-3 ANNO LE FAGIANE ANTICIPANO LINIZIO
  • DELLOVIDEPOSIZIONE DI 7-10 gg

160
FINITA LA STAGIONE RIPRODUTTIVA E RIAVVICINANDOSI
IL PERIODO DELLA MUTA
  • I SOGGETTI DA CONSERVARE (I PIU PROLIFICI)
  • SI ALLOGGIANO NELLE VOLIERE DI ALLEVAMENTO
  • GLI ALTRI SI LIBERANO, MA A FINE INVERNO

161
DIFFICILE NIDIFICARE SE IN ZONA NON CI SONO
SELVATICI DELLA STESSA SPECIE DA CUI POSSANO
IMPARARE PER IMITAZIONE, PERCHE I SOGGETTI
NATI E VISSUTI SEMPRE IN CATTIVITA CONSERVANO I
MODELLI COMPORTAMENTALI ACQUISITI DURANTE LA
PRIGIONIA (K. LORENZ)
162
STRUTTURE DELLALLEVAMENTO
  • PARCHETTI DA RIPRODUZIONE
  • LOCALE INCUBATOIO
  • PULCINAIA
  • VOLIERE

163
VOLIERE
164
VOLIERE
165
VOLIERE
166
VOLIERE
167
PARCHETTI
168
PARCHETTI
169
VOLIERE
170
PARCHETTI DA RIPRODUZIONE
  • VOLIERE COLLOCATE PREFERIBILMENTE A TERRA
  • O SU RETE METALLICA
  • LUOGO TRANQUILLO E APPARTATO
  • TERRENO PERMEABILE
  • RIPARO PER LA PIOGGIA
  • ALBERI O ALTRO RIPARO PER IL SOLE
  • POSATOI ALTI CIRCA 1 m
  • DIMENSIONI PER CIASCUN RIPRODUTTORE
  • 1,2-2 mq
  • PAVIMENTAZIONE - GHIAIA O PIETRISCO cm 25-30
  • - SABBIA cm 25 (APPOGGIO ZAMPE-
  • LIMITATO RISCHIO ROTTURA UOVA)
  • . . . .

171
  • . . . .
  • CORDOLO DI CEMENTO INTERRATO PER 30-40 cm
  • (- ANCORAGGIO RETE
  • - ACCESSO RODITORI)
  • ALTEZZA RETE PERIMETRALE 2-2,5 m
  • RETE A MAGLIE LARGHE
  • RETE A TETTO FLUTTUANTE
  • PARATOIE PER ISOLARE VISIVAMENTE LE VARIE
    FAMIGLI
  • MANGIATOIE RIFORNIBILI DALLESTERNO
  • ABBEVERATOI
  • RICOVERI RUSTICI (2 mq circa OGNI 5-6 SOGGETTI)

172
VOLIERE PER FAGIANOTTI (gt 6-8 SETTIMANE)
  • ALMENO 1 mq OGNI 3 CAPI ALLINIZIO, POI 4-5 mq A
    CAPO
  • QUALITA DELLE PRODUZIONI
  • (SELVATICITA, ATTITUDINE AL VOLO)
  • ALIMENTI QUELLI DELLA VITA LIBERA
  • COPERTURA ERBOSA
  • POSSIBILITA NASCONDIGLI

173
INCUBAZIONE
  • FATTA IN APPOSITI LOCALI
  • (INCUBATOI)
  • PIANO TERRA O SEMINTERRATO
  • TEMPERATURA 16-21C
  • UMIDITA gt 60
  • NO - RUMORI
  • - VIBRAZIONI
  • - SCOSSE
  • - VICINANZA CON ALLEVAMENTI

174
UOVA
PULIZIA (EVENTUALE CONSERVAZIONE)
  • RIVOLTAMENTO - DOPO 48 h,
  • POI OGNI 12 h FINO AL 22 GIORNO
  • AEREAZIONE - SEMPRE,
  • FINO A INIZIO SCHIUSA
  • UMIDITA - 75-85
  • A FINE INCUBAZIONE
  • SPERATURA . . . .

INCUBAZIONE (24 gg)
175
SPERATURA
  • OSSERVAZIONE DELLE UOVA TRAMITE SPERAUOVO
  • ALLONTANAMENTO DELLE UOVA INFECONDE
  • O CON EMBRIONE MORTO
  • (PERICOLOSE!!!)

176
INCUBATRICI
177
INCUBATRICE - INTERNO
178
SPERATURA
  • 6 GIORNO - UOVA INFECONDE TRASPARENTI
  • - UOVA SANE MACCHIA ROSSO-ARANCIO
  • CON RAMIFICAZIONI SCURE
  • 16-21 GIORNO - UOVA CON EMBRIONE MORTO
  • TRASPARENTI CON UNA PICCOLA
  • MACCHIA ARANCIONE
  • - UOVA SANE OPACHE E CON
  • VISIBILE CAMERA DARIA AL POLO
  • OTTUSO

SCARTO 10-12
SCARTO 7-8 DEL RESIDUO
179
UOVO DI FAGIANA - SVILUPPO EMBRIONALE
180
NASCITE 50 70 DELLE UOVA TOTALI
181
  • I PULCINI VANNO LASCIATI IN INCUBATRICE
  • O IN CAMERA DI SCHIUSA PER ALCUNE ORE
  • (? PIUMINO ASCIUTTO)
  • PRIMA ALIMENTAZIONE DOPO CIRCA 10 h

182
CAMERA DI SCHIUSA
183
ALLEVAMENTO DEL PULCINO NEL PRIMO PERIODO
LOCALE PULCINAIA BATTERIE CALDE LAMPADE A
RAGGI INFRAROSSI più adatte ad
più adatte a soggetti allevamenti
intensivi da ripopolamento
184
  • PULCINAIA
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