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Globalizzazione, neoliberismo e disparit

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GLOBALIZZAZIONE, NEOLIBERISMO E DISPARIT DI SVILUPPO * corso di programmazione economica territoriale, Grosseto, appunti delle lezioni del prof. V. Sodano – PowerPoint PPT presentation

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Title: Globalizzazione, neoliberismo e disparit


1
Globalizzazione, neoliberismo e disparità di
sviluppo
2
Globalizzazione (1) Il termine globalizzazione
è utilizzato in modo molto generico per indicare
lelevata interdipendenza che attualmente esiste
tra le diverse economie nazionali. In parte la
globalizzazione ha a che fare con la crescita del
volume delle transazioni internazionali, ma è
sbagliato ridurre il fenomeno alla crescita degli
scambi. Come notato da molti studiosi, la quota
relativa del valore degli scambi commerciali
internazionali sul prodotto interno dei diversi
paesi attualmente non è particolarmente elevata
rispetto al passato. Il commercio internazionale
negli anni novanta non è stato molto più grande,
come quota del prodotto mondiale, rispetto al
secolo precedente. Ad esempio negli USA nel 1993
la spesa per importazioni è stata pari all11 per
cento del reddito lordo interno, contro un valore
dell8 nel 1890 (Krugman, 1997, pag. 157).
3
Globalizzazione (2) Le economie nazionali sono
interdipendenti non in virtù dei flussi di
commercio internazionale, ma soprattutto in virtù
delle strategie delle grandi imprese
multinazionali. Agli inizi degli anni ottanta le
dinamiche competitive interne a molti settori
produttivi portarono ad una elevata
concentrazione ed al conseguente bisogno delle
imprese di espandere il proprio mercato di
riferimento. La ricerca di nuovi mercati da
colonizzare, il perseguimento di strategie di
vantaggio di costo ottenuto con la
delocalizzazione degli impianti in paesi a minor
costo della manodopera e con ridotti standard
ambientali, il processo di finanziarizzazione
teso a sfruttare le opportunità di rendita
offerte dalla riconfigurazione dei mercati
finanziari su scala internazionale, hanno portato
le grandi imprese ad operare, sia in termini di
attività di vendita che di investimento e
finanziamento, in qualsiasi parte del mondo
offrisse loro le migliori opportunità.
4
Globalizzazione (3) Mano a mano che il raggio
di azione delle grandi imprese transnazionali si
è diffuso oltre il paese di origine, queste hanno
chiesto (e ottenuto) alle istituzioni nazionali e
sopranazionali garanzie via via maggiori sulla
propria libertà di azione. Il rischio di impresa
aumenta con laumentare delle turbolenze e
dellinstabilità del quadro di riferimento
istituzionale e pertanto le grandi imprese da
sempre si sono assicurate posizioni eccellenti
come lobby e gruppi di pressione capaci di
influire sulle scelte di politica economica e
sociale dei governi. In un contesto globale le
grandi imprese hanno sostenuto e guidato lo
sviluppo di organismi internazionali capaci di
stabilizzare il quadro di riferimento
istituzionale ed orientarne le regole a favore
delle attività dei grandi capitali.
5
Globalizzazione (4) In definitiva, aumento degli
scambi commerciali, raggio di azione
sopranazionale delle grandi imprese, cessione ad
una organizzazione sopranazionale della politica
commerciale da parte dei singoli stati nazionali,
sono i principali elementi che denotano il
fenomeno della globalizzazione. A tali tre
elementi ne va tuttavia aggiunto un quarto,
quello della standardizzazione dei modelli di
consumo (e insieme ad essi dei modelli culturali
e di organizzazione sociale) indotto dalle
strategie produttive e di marketing delle grandi
imprese transnazionali.
In parte il WTO è il frutto di tali dinamiche e
la sua istituzione ha segnato effettivamente il
passaggio ad una economia globale largamente
intesa, vale a dire dove la dimensione globale (e
sopranazionale) domina formalmente e di diritto
su quella locale (e nazionale
6
IWTO (World Trade Organization) o OCM
(Organizzazione del Commercio Mondiale) Nasce
nel 1994 con il trattato di Marrakech che
costituisce insieme il documento della nascita
ufficiale del WTO e latto finale dellUruguay
Round, lultima serie di negoziati (iniziata nel
1986) del Gatt. Il Gatt (General Agreement on
Tariffs and Trade, o accordo generale sulle
tariffe doganali ed il commercio) fu istituito
nel 1948 ed ha costituito un tavolo di
contrattazione multilaterale permanente per la
riduzione progressiva dei diritti doganali sui
prodotti di manifattura. In 45 anni i paesi
membri ed i loro esperti, riunitisi in occasione
di round o cicli successivi di negoziati
(Kennedy, Tokyo, Uruguay, ecc.) sono riusciti ad
abbassare le tariffe doganali del 40-50, fino ad
una soglia del 4-5. John Maynard Keynes,
lartefice della Banca mondiale e del FMI, aveva
preparato prima della sua morte (1946) il terreno
per unorganizzazione internazionale del
commercio (ITO). Gli statuti dellITO furono
effettivamente negoziati e la Carta dellAvana,
che li promulgava, fu firmata da 56 paesi in
occasione di una conferenza internazionale
tenutasi a Cuba nel 1947/48. Gli Stati Uniti
tuttavia rifiutarono di ratificarla. Ciò che
sopravvisse fu solo il capitolo IV di questa
carta, che è il noto GATT (General Agreement on
Tariffs and Trade , o accordo generale sulle
tariffe doganali ed il commercio).
7
WTO (2) Il trattato di Marrakech nelle sue oltre
seicento pagine definisce statuto e funzionamento
della nuova organizzazione per il commercio
mondiale e pone in una sola volta, e con rare
eccezioni, tutti i campi dellattività umana
sotto il condizionamento immediato o programmato
della nuova organizzazione. Il WTO segna un
passaggio epocale nelle politiche di commercio
internazionale, e nella politica internazionale
in generale, grazie a due elementi le norme
definite dal WTO sono coercitive per una
particolare materia rispetto alle norme nazionali
(e il WTO definisce sanzioni e procedure di
applicazione delle stesse in caso di defezione)
rispetto al GATT, che si occupava delle attività
manifatturiere, il WTO estende il suo campo di
azione a pressappoco tutte le attività umane.
Questi due elementi fanno del WTO una istituzione
sopranazionale con ampi diritti di
regolamentazione delle economie nazionali.
8
  • WTO (3)
  • Le attività del WTO, che attualmente conta circa
    153 paesi membri, sono state inaugurate il primo
    gennaio 1995 negli ex uffici del GATT a Ginevra.
  • Gli organi istituzionali del WTO comprendono
  • Una Segreteria composta da 533 persone, che
    svolge funzioni di carattere tecnico.
  • Un Direttore Generale, in carica per tre anni.
  • Una Conferenza Ministeriale, composta dai
    rappresentanti di tutti i paesi membri, che si
    riunisce almeno ogni due anni (la Conferenza
    definisce lordine del giorno dei negoziati e può
    istituire gruppi di lavoro permanenti su
    particolari temi).
  • Un Consiglio Generale, composto da
    rappresentanti permanenti (ambasciatori) dei
    paesi membri a Ginevra, che ha la facoltà di
    creare comitati e gruppi di lavoro permanenti.

9
WTO (5) Il potere decisionale spetta alla
Conferenza Ministeriale. Questa tuttavia non fa
che ratificare le proposte redatte dal Consiglio
Generale. Poiché la partecipazione alle
attività del Consiglio Generale da parte dei
paesi più poveri è fortemente limitata dagli alti
costi di mantenimento degli ambasciatori
permanenti a Ginevra, tali paesi usufruiscono
limitatamente di quella partecipazione
democratica alle trattative prevista sulla carta
Almeno 36 paesi non hanno ambasciatori permanenti
al WTO. Fra i fattori che penalizzano la piena
partecipazione al tavolo delle trattative da
parte dei paesi più poveri va citato inoltre lo
svantaggio proveniente dalluso di lingue
ufficiali che non sono quelle di origine. Benché
il WTO riconosca tre lingue ufficiali (inglese,
spagnolo e francese), la lingua che predomina è
linglese.
10
WTO (6)
Current members of the WTO (in green)
11
WTO (7)

Formation 1 January 1995
Headquarters Geneva, Switzerland
Membership 153 member states
Official languages English, French, Spanish 1
Director-General Pascal Lamy
Budget 180 million Swiss francs (approx. 163 million USD) in 2008.2
Staff 6253
Website www.wto.int
12
  • WTO (8)
  • Principi del WTO
  • Nessuna eccezione (ogni decisione si applica
    indistintamente ad ogni paese ed in ogni
    situazione).
  • Liberalizzazione progressiva e crescente (fino ai
    servizi anche di base come sanità e istruzione).
  • Trasparenza (i membri sono tenuti ad informare
    tempestivamente il WTO di qualsiasi disposizione
    interna che possa ripercuotersi sul commercio
    internazionale tale principio si traduce di
    fatto in una forte limitazione della sovranità
    nazionale).
  • Principio della nazione più favorita e
    definizione dei prodotti similari (ogni paese
    deve trattare allo stesso modo i prodotti
    similari esportati da un altro paese membro,
    vale a dire che non può essere favorito un
    particolare paese fornitore- sono esclusi solo i
    prodotti di detenuti-).
  • Trattamento nazionale non discriminante (ai
    fornitori interni deve essere riservato un
    trattamento pari a quello per i fornitori
    esterni tale principio si traduce in una
    limitazione delle scelte di politiche
    specifiche).
  • Diritti antidumping (i paesi minacciati da
    politiche di dumping possono applicare tasse
    compensatrici -diritti antidumping- alla
    frontiera).
  • Eliminazione delle quote (applicato anche al
    paese esportatore).

13
Neoliberismo (1) Lidea che le libertà
individuali siano garantite dalla libertà di
mercato e di scambio rappresenta un aspetto
fondamentale del pensiero neoliberista, il fulcro
dellideologia con cui gli USA guardano al resto
del mondo. Il primo esperimento di uno stato
neoliberista si verificò in Cile dopo il golpe di
Pinochet, l11 settembre 1973 contro il governo
democraticamente eletto di Salvador
Allende. Privatizzazioni, sfruttamento senza
regole delle risorse naturali, libertà di
investimento da parte di società straniere con il
diritto di rimpatriare gli utili, crescita basata
sulle esportazioni, privatizzazione dei servizi
pubblici, riduzione della spesa pubblica.
14
  • Neoliberismo (2)
  • Negli anni ottanta si ha la svolta neoliberista
    in UK e USA.
  • Le parole dordine sono
  • Privatizzazioni
  • Riduzione della spesa pubblica
  • Deregolamentazione dei mercati
  • Liberalizzazione del commercio

15
Neoliberismo (3) Dopo la seconda guerra mondiale
si diffuse lopinione che per garantire la pace
bisognasse raggiungere una qualche forma di
compromesso di classe tra capitale e lavoro
(Dhal, Lindblom, 1953). Si consolidò lidea, che
fu alla base anche delle istituzioni
internazionali che nacquero con gli accordi di
Bretton Woods (1944), che lunica soluzione
possibile per ottenere tale obiettivo fosse una
commistione di stato, mercato e istituzioni
democratiche che assicurasse la pace,
lallargamento della partecipazione, il benessere
e la stabilità. La maggioranza dei governi che
governarono nei paesi capitalistici dopo la
seconda guerra mondiale, fossero essi
socialdemocratici, cristiano-democratici,
democratici-liberali o che altro accettarono
lidea di quello che oggi viene definito come
embedded liberalism, in base al quale lo stato
doveva operare liberamente al fianco del mercato
per cercare di conseguire gli obiettivi
prioritari dellazione pubblica piena
occupazione, benessere, sicurezza e pace sociale.
Politiche di redistribuzione, welfare state,
controlli sulle libertà di movimento dei
capitali, nazionalizzazione di settori chiave
strategici per lo sviluppo e la coesione sociale,
furono tratti salienti dellembedded liberalism
che garantì crescita e pace per oltre un
trentennio nei paesi a capitalismo avanzato
(altrove come in Africa non si instaurò mai una
tale forma di governo e la povertà non fu mai
curata).
16
Neoliberismo (4) Negli anni settanta la crisi
dellaccumulazione di capitale e la stagflazione
richiesero un rinnovamento dellazione dei
governi in economia. Una soluzione era quella di
estendere il controllo dello stato e la
regolamentazione delleconomia, anche con misure
di austerità e politiche dei redditi
re-distribuissero reddito ai profitti. Laltra
soluzione, quella che di fatto fu scelta era
quella di dare maggiore potere e libertà alle
imprese e al capitale privato. La volta
neoliberista va letta come la vittoria della
battaglia delle classi dominanti per il recupero
del potere economico che ad esse era stato
sottratto durante il periodo dellembedded
liberalism. Negli USA ad esempio la percentuale
del reddito nazionale percepita dallì1 per cento
che si trovava in testa alla scala delle entrate
era precipitata dal 16 dellanteguerra all8
nei trenta anni successivi alla seconda guerra
mondiale.
17
Neoliberismo (5) Lattuazione delle politiche
neoliberiste degli anni ottanta e novanta ha
consentito un rapido recupero del potere
economico della classe dominante. Lo 0,1 della
popolazione statunitense che percepisce i redditi
più alti ha visto crescere la propria fetta del
reddito nazionale dal 2 del 1978 a oltre il 6
del 1999, mentre il rapporto tra i salari medi
dei lavoratori e gli stipendi dei massimi
dirigenti dazienda è passato da 30 a 1 del 1970
al quasi 500 a 1 del 2000.   La crescita delle
disuguaglianze è stato il principale effetto del
neoliberismo. Le disuguaglianze sono cresciute
sia tra strati della popolazione allinterno dei
singoli stati che tra paesi poveri e paesi
ricchi. Il divario dei redditi tra il quinto
della popolazione mondiale che vive nei paesi più
ricchi e il quinto che vive in quelli più poveri
era di 74 a 1 nel 97, 60 a 1 nel 90, 30 a 1 nel
1960.
18
Neoliberismo (6) È possibile interpretare la
neoliberalizzazione come un progetto utopico
finalizzato a una riorganizzazione del
capitalismo internazionale, oppure come un
progetto politico per ristabilire le condizioni
necessarie allaccumulazione del capitale e
ripristinare il potere delle èlite economiche.
Harvey (2005) storico e critico del neoliberismo
sostiene la seconda interpretazione. La tesi di
Harvey può essere sostenuta in base a molti
argomenti, ma uno è particolarmente evidente
quando i principi neoliberisti si scontrano con
la necessità di ripristinar o sostenere le elites
dominanti, vengono abbandonati e distorti.
Lintervento dei governi nella recente crisi
finanziaria è un valido esempio di ciò.
19
Neoliberismo (7) Un tratto importante
dellideologia neoliberista che segna il
passaggio da in liberalismo di sinistra ad uno
di destra è proprio il valore e il significato
dato allingiustizia sociale. Uno degli
obiettivi dei governi del precedente liberalismo
era la giustizia sociale, dove il concetto di
giustizia non poteva essere scisso da quello di
equità (è lidea di Rawls, giustizia come equità)
e di uguaglianza (luguaglianza sociale è una
delle maggiori richieste del movimento del
68). Con il neoliberismo si consolida una idea
di giustizia come libertà, dove lequità e
luguaglianza non solo non sono obiettivi in sé,
ma addirittura sarebbero tratti negativi
dellorganizzazione sociale, in quanto
minerebbero quei principi di competizione,
ricerca delleccellenza, meritocrazia che
sarebbero alla base del comportamento individuale
virtuoso che porta al benessere della società.
20
Neoliberismo (8) Gli economisti al servizio del
neoliberismo. Lideologia del neoliberismo ha
trovato la sua principale fonte di consenso
attraverso la diffusione di quei risultati della
scienza economica che ci dicono che il mercato
(e quindi il controllo da parte del capitale
privato di tutte le risorse e le attività
produttive) è quella forma di organizzazione
economica che massimizzerebbe il benessere
sociale. La liberalizzazione del commercio
mondiale, che ha contribuito alla
globalizzazione, in particolare non può che
portare benefici. In realtà gli economisti sanno
benissimo che queste affermazioni sono vere solo
sotto alcune ipotesi molto stringenti e sanno
anche che anche se si riesce ad avare la
massimizzazione del benessere complessivo questa
non garantisce alcuna equità nella distribuzione
della ricchezza (che dipende da come sono
distribuiti i diritti di proprietà originari).
Qualsiasi intervento redistributivo deve partire
da una azione politica da parte dei governi.
21
Neoliberimo (10) Ma gli economisti sanno anche
che dal punto di vista storico ed empirico i
mercati lasciati operare liberamente portano ad
un progressiva concentrazione della ricchezza e
quindi allaumento delle disuguaglianze. In
particolare il principio dellagglomerazione, che
è stato studiato fin dal diciannovesimo secolo
dalla geografia economica e dalla teoria del
commercio internazionale, così come la regola
80/20 identificata già da Pareto, sono le
manifestazioni più evidenti delle disuguaglianze
prodotte dal libero mercato. Nel 1897 Pareto,
studiando la distribuzione dei redditi, dimostrò
che in una data regione solo pochi individui (il
20) possedevano la maggior parte (l80) della
ricchezza.
22
Neoliberismo (11) Negli ultimi cinquanta anni la
liberalizzazione degli scambi e lo sviluppo del
commercio internazionale sono andati di pari
passo con una accelerazione delluso delle
risorse non rinnovabili e del degrado ambientale.
Dal 1960 ad oggi leconomia globale è
quadruplicata, mentre il commercio internazionale
è cresciuto 12 volte. Nello stesso periodo sono
aumentate le disparità nella distribuzione della
ricchezza. Attualmente lun per cento della
popolazione mondiale dispone di una ricchezza
pari a quella disponibile per la fetta più
povera, pari al 57 della popolazione mondiale.
Il reddito medio a livello mondiale è pari a 5100
dollari annui, ma 2,8 miliardi di persone (pari
ai due quinti della popolazione mondiale) vivono
con meno di due dollari al giorno. Negli ultimi
cinquanta anni le emissioni di biossido di
carbonio sono quadruplicate, spingendo i
cambiamenti climatici verso un vicino punto di
catastrofe (tipping point). Le risorse idriche
sono state abusate e distrutte e tal punto che si
stima che nei prossimi venti anni tre miliardi e
mezzo di persone soffriranno per carenze idriche.
Attualmente ogni giorno 6000 persone muoiono per
carenza di servizi igienici connessi alla
scarsità di acqua. Il tasso di estinzione delle
specie viventi è di mille volte superiore a
quello naturale stimato.
23
Neoliberismo (12) Per spiegare tali principi gli
economisti hanno dovuto necessariamente
considerare il fatto che le ipotesi sono
irrealistiche e che i sistemi economici reali
siano molto più complessi di quelli teorici.
Myrdal che negli anno 30 e 40 studiava i fenomeni
di agglomerazione li spiegò con il principio
della cumulative causation, affermando
esplicitamente che lorganizzazione economica è
solo un aspetto dellorganizzazione sociale e che
pertanto lo studio deleconomia non può
prescindere da quello della società (è in ciò un
antesignano dalla nuova sociologia economica nata
negli anni ottanta dopo il famoso lavoro di
Granovetter). Gli studiosi della nuova geografia
economica, tra i quali il premio nobel Krugman
hanno invece tentato di spiegare lagglomerazione
senza rinunciare ai modelli di equilibrio
generale dellapparato teorico neoclassico e di
fatto ne hanno dato interpretazioni parziali
(Helpman ha riconosciuto maggiormente
limportanza della politica e della sociologia,
ma non ha rinunciato molto allastrazione e alla
semplificazione). Questi ultimi economisti sono
arrivati ad una visione quasi schizofrenica del
mondo nel quale vivono, appellandosi a politiche
stataliste di welfare per la giustizia sociale
(si veda uno degli ultimi bestseller di Krugman),
nello stesso tempo in cui a livello
teorico-accademico difendevano di fatto le tesi
dellideologia neo-liberista.
24
  • La nuova divisione internazionale del lavoro
    (vale a dire il grado di specializzazione
    economica unitamente alla localizzazione delle
    attività economiche) si fonda su tre elementi
  • lorganizzazione produttiva delle commodity
    chains
  • la finanziarizzazione delleconomia.
  • Tali elementi sono visti dagli economisti
    (neo)liberisti come un risultato (tutto sommato
    positivo) del processo di razionalizzazione
    conseguente alla liberalizzazione del commercio
    mondiale che avrebbe portato ad un migliore
    sfruttamento dei cosiddetti vantaggi comparati e
    quindi ad un aumento complessivo del benessere
    per la popolazione mondiale. Ovviamente i
    sottoprodotti di tale processo, tra cui
    laccresciuta diseguaglianza o non sono presi
    nella dovuta considerazione (daltronde il
    principio di agglomerazione no trova spiegazione
    nei modelli formali più astratti) o sono visti
    come problemi di cui la politica (senza
    analizzare come la ricetta neoliberista abbia di
    fatto ridotto al lumicino gli spazi per gli
    interventi correttivi) e la società possono e
    devono in qualche modo farsi carico (cè chi come
    Bagwathi si appella la buon Dio ed alla
    coscienza e al senso del bene dei coraggiosi
    capitani di industria)

25
Neoliberismo, globalizzazzione e
Finanziarizzazione delleconomia La mia
preoccupazione non è di natura tecnica, non
riguarda lefficienza del sistema, ma sociale e
politica, circa le possibili conseguenze per la
gente comune a cui non è stato chiesto se fosse
disposta a giocarsi il lavoro, i risparmi e il
reddito nel grande casinò del capitalismo
globale. Il fatto che qualcuno, per pura fortuna,
ci abbia guadagnato qualcosa, non allevia in
alcun modo le sofferenze e lo sconcerto di coloro
che hanno subito perdite immeritate. (Susan
Strange, 1998, p. 6)
26
  • Globalizzazione finaziarizzazione delleconomia e
    nuova divisione internazionale del lavoro
  • La globalizzazione ha portato ad un nuovo assetto
    economico-istituzionale globale i cui tratti
    essenziali sono 
  • 1.
  • Una nuova divisione internazionale del lavoro
    basata su
  • la dispersione spaziale delle attività produttive
    di tipo manifatturiero, attraverso le commodity
    chains, vale a dire le reti internazionali che
    collegano le attività di produzione-lavoro e
    consumo-distribuzione
  • la centralizzazione delle attività di direzione e
    controllo, con la nascita delle città globali
    (Sassen, 1991) dove si trovano le centraline del
    potere finanziario e manageriale, vale a dire i
    centri direzionali delle grandi corporations ed
    il settore dei servizi finanziari.
  •  

27
2. Una riconfigurazione dei poteri statuari
nazionali, con la subordinazione degli
ordinamenti costituzionali agli imperativi delle
istituzioni globalizzate, dettati a loro volta
dagli interessi privati della nuova classe
capitalistica transnazionale. In tale ambito è
relativamente sbagliato parlare di affievolimento
del controllo degli stati nazione, perché più che
altro si ha un cambiamento degli attori e delle
istanze rispetto a cui tale controllo viene
esercitato
28
La cosiddetta finanziarizzazione delleconomia
globale è uno degli aspetti della nuova divisione
internazionale del lavoro. Con questo termine ci
si riferisce al peso crescente delle transazioni
finanziarie sul totale delle transazioni
economiche. Tra il 1985 1 il 1995, periodo di
lancio di una nuova fase globale, lammontare
totale dei patrimoni finanziari è cresciuto a
velocità tripla rispetto al PIL aggregato dei 23
più sviluppati paesi dellOCSE, e il volume degli
scambi in valuta, titoli obbligazionari e azioni
ordinarie, è cresciuto ad una velocità di circa
cinque volte superiore. Questo PIl aggregato
ammontava a 30000 miliardi di dollari alla fine
degli anni novanta, mentre il valore mondiale dei
derivati commerciali sul piano internazionale
ammontava a circa 65000 miliardi, valore che sale
nel 2004 a 290000 miliardi. (Sassen, 2008, p.
89).
29
  • E bene ricordare le cinque principali
    conclusioni circa leffetto dalla
    finanziarizzazione cui Strange arrivava
    nellultimo capitolo del suo libro del 1998
    intitolato quale futuro ci attende?(pp.
    267-72)
  • La finanza dirige lorchestra , vale a dire che
    tutti i settori delleconomia reale devono
    piegarsi ai dettami dei mercati finanziari.
  • I governi nazionali esercitano sempre meno
    controllo sulle proprie economie e sulle proprie
    società. La perdita di controllo è
    particolarmente forte rispetto al controllo della
    tassazione quale strumento di politica fiscale e
    al controllo del crimine organizzato.

30
  • La finanziarizzazione accelera i processi di
    concentrazione delle imprese e offre alla grande
    impresa nuove leve di vantaggio competitivo
    rispetto alle piccole e medie imprese.
  • La finanziarizzazione contiene in sé una
    contaminazione morale.
  • Un effetto è la crescente sperequazione nella
    distribuzione del reddito e il crescente ineguale
    accesso delle piccole e grandi imprese al credito
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