Title: Presentazione di PowerPoint
1Confindustria Modena Limpresa e le strategie
innovative di internazionalizzazione Modena, 26
settembre 2007
Linternazionalizzazione dei distretti
industriali Creatività e valore nella nuova
economia globale della conoscenza Enzo
Rullani Venice International University Laborator
io Network, Venezia
2LINTERNAZIONALIZZAZIONE INVISIBILE Mille e una
ragioni, in Italia, per avere nuovi occhi
3Internazionalizzazione? Ma quale?
- LItalia delle piccole imprese e dei distretti è
stata da sempre legata ad una forte proiezione
sullexport - Ma oggi questa non è più sufficiente, serve il
presidio delle filiere e dei mercati a scala
internazionale - Le multinazionali ce lhanno
- E noi? Facciamo pochi investimenti diretti
allestero (IDE) e pochi ne riceviamo - Dunque siamo disallineati rispetto alle nuove
esigenze. Ma è proprio vero? - I DATI NON CI FANNO VEDERE QUELLO CHE LE IMPRESE
HANNO FATTO DI NUOVO SU QUESTO VERSANTE - Linternazionalizzazione italiana diventa
invisibile
4Tante idee di globalizzazione
- Allinizio cera lINTER-nazionalizzazione
(commercio tra diversi) scambi di mercato - Poi è arrivata la MULTI-nazionalizzazione
(espansione di una impresa sullestero e di un
paese leader su altri paesi) unità
dellorganizzazione e del comando manageriale - Alla fine arriva la GLOBALIZZAZIONE (anni
ottanta) con lidea del prodotto globale e del
consumatore universale - omologazione dei territori, scomparsa delle
differenze
5Ma le cose non sono andate così
- Le imprese hanno imparato a sfruttare i territori
per le loro differenze - nel mercato globale le differenze acquistano più
valore perché fanno emergere delle vocazioni
specializzate con clienti in molti paesi - le differenze possono essere tra imprese ma anche
tra territori, ossia tra imprese localizzare in
contesti di esperienza diversi - Le differenze legate al significato e alla
qualità del territorio sono originali e
difficilmente imitabili altrove
6Produzione a rete la globalizzazione di oggi dà
valore alle differenze
- nelle reti transnazionali ogni nodo (locale)
apporta un valore aggiunto dovuto alla sua
differenza e unicità - i nodi che contano sono quelli che hanno accesso
a conoscenze, relazioni e a risorse differenziali - Le conoscenze tacite, lorganizzazione produttiva
(distretti, value chains), il lavoro qualificato,
la cultura, le università, le infrastrutture
creano vantaggi competitivi del territorio - questi vantaggi attraggono le imprese
transnazionali nelle loro scelte localizzative o
generano scambi e specializzazioni con altri
territori - La cura strategica dellidentità territoriale
rende riconoscibili e organizza queste differenze
7La prima differenza da spendere è lidentità del
proprio territorio?
- Ogni territorio ha la sua identità, ma questa
deriva dalla storia e dalla cultura passata non
è detto che sia utile alla competizione di oggi - Le identità locali devono essere rigenerate, non
solo conservate - La rigenerazione delle identità avviene
spontaneamente ma in modo anarchico e
conflittuale. Fare evolvere le identità
territoriali verso una meta condivisa è un fatto
di imprenditorialità collettiva - NON TUTTI I TERRITORI SONO UGUALI DA QUESTO PUNTO
DI VISTA
8E noi chi siamo? Identità italiana in crisi
- Declinisti contro continuisti in ambedue i casi
si rischia di non fare niente - Il modello italiano è originale, diverso dagli
altri, ma ha una sua vitalità finora ha dato
buoni risultati tranne che negli ultimi cinque
anni - Una discontinuità è però necessaria un ciclo di
sviluppo è finito, ma non si parte da zero
9RIGENERARE IL VANTAGGIO COMPETITIVO OSSIA
RIGENERARE LA PROPRIA IDENTITA AZIENDALE E
TERRITORIALE
-
- LA CRISI E UNA OCCASIONE DI APPRENDIMENTO
- Per prendere le distanze dal vecchio e costruire
il nuovo bisogna - innanzitutto
- AVERE NUOVI OCCHI
10LE NUOVE SFIDE DA AFFRONTARE sul terreno
dellinternazionalizzazione oggi
11Prima novità la fine dellalterità tra domestico
e estero
Lestero è qui, non è altrove Agisce sempre meno
la barriera protettiva della distanza Leconomia
internazionale è stata in passato uneconomia
altra rispetto a quella domestica (Export,
Investimenti diretti allestero) Oggi non è più
così la globalizzazione ci è venuta a casa, e
plasma qualità, quantità, margini e prezzi di
mercati che una volta erano domestici IL NOSTRO
PROBLEMA NON E DI MIGLIORARE LA PERFORMANCE CHE
LE IMPRESE FANNO ALTROVE, MA DI RENDERLE
COMPETITIVE SUL MERCATO TRASVERSALE
DOMESTICO-ESTERO IN PRESENZA DI COMPETITORS che
sono già TRANS-NAZIONALI
12Comparazione dei livelli salariali tra diverse
aree concorrenti nelleconomia globale di oggi
Svezia 28,7 Portogallo 6,0 Germania
27,1 Turchia 5,2 Giappone 24,4 Rep.
Ceca 4,5 USA 24,3 Ungheria 4,3 Francia 20,9 Ar
gentina 4,1 ITALIA 18,0 Brasile 3,4 Spagna
16,7 Messico 3,0 Corea 16,4 Polonia 2,5 ______
_________________________________ Cina 2,0 Sudaf
rica 2,2 Romania 1,7 Marocco 2,1 India 0,5 Tuni
sia 1,5 salari orari pagati da una nota
multinazionale che opera in 23 paesi diversi
(Zaghi, Nomisma 2004)
13Per riposizionarsi, bisogna mettere in movimento
nelle aziende e nel territorio una nuova economia
della conoscenza
- Il problema dei nuovi paesi non è tanto il costo
del lavoro quanto la rapidità del loro
apprendimento, che riduce il differenziale di
produttività, rendendo insostenibile il
differenziale di costo a nostro svantaggio - Per riposizionarsi rispetto ai paesi a
rapido apprendimento serve uneconomia che sia in
grado di generare un differenziale sostenibile in
termini di conoscenze originali ed esclusive
14Seconda novità bisogna usare la conoscenza per
fare un salto nella produttività
- Si deve investire nelle nuove tecnologie, ma
anche le innovazioni di uso - Le innovazioni di uso si appoggiano alla
tecnologia (ad es. le ICT), ma passano anche per
la creazione di nuove idee, esperienze, identità,
servizi che hanno valore per il cliente - Le innovazioni di uso richiedono un circuito
internazionale di impiego della conoscenza e
dunque una evoluzione delle regole istituzionali,
contrattuali e pratiche nel senso della
trasparenza, abbassando le barriere per eventuali
produttori esteri o reti transnazionali con cui
entrare in contatto
15Per aumentare la produttività, bisogna usare la
leva della propagazione delle conoscenze
- La grande transizione degli ultimi trenta anni
- dallo sviluppo PER ACCUMULAZIONE, tipico della
grande impresa fordista, che accumula conoscenze
proprietarie al suo interno e cerca di sfruttarle
direttamente per rafforzare il vantaggio
competitivo sul proprio business di riferimento - allo sviluppo PER PROPAGAZIONE, basato sul
trasferimento, diffusione e moltiplicazione della
conoscenza per linee esterne filiere,
territori, mercati allargati a paesi, settori,
usi anche diversi da quello di origine
16ECONOMIA DELLA PROPAGAZIONE come usare la
conoscenza per riposizionarsi nelle filiere
internazionali
17La posizione del follower diventa attiva e la sua
economia si lega in filiera a quella del leader
- lo sviluppo non trabocca dai centri sulla punti
avanzati sulla loro immediata periferia, - ma viene intercettato e agito dalla periferia
(ruolo attivo) - PURCHE CHI SEGUE POTENZI
- la propria capacità di assorbimento
- propri processi di apprendimento, innovazione
e sfruttamento delle conoscenze altrui
18La propagazione delle conoscenze non è solo
importazione di conoscenze altrui, ma adattamento
creativo alle proprie specificità
- GIAPPONE anni sessanta/ottanta
- Il Giappone dopo la guerra importa massicciamente
conoscenze altrui (macchine, soluzioni
tecnologiche e organizzative, prodotti), ma le
impiega in modo da adattarle alle proprie
specificità (cultura tradizionale, lealtà dei
fornitori, impiego a vita, incroci finanziari),
che sono corrette da interventi sui punti deboli
(qualità) ne scaturisce un nuovo modo di
organizzare la produzione (lean production, just
in time, catene di fornitura) - ITALIA anni ottanta/novanta
- Modernizzazione industriale fatta importando
conoscenza da Germania, Francia, Stati Uniti
(macchine, licenze, imitazione, copia), ma
adattandole alle nostre specificità (crisi delle
grandi imprese, outsourcing, piccole imprese dei
distretti e delle catene di subfornitura)
19Ovunque, la propagazione delle conoscenze è il
motore dello sviluppo postfordista
- New economy in CALIFORNIA, anni novanta
- propagazione della conoscenza generata nei centri
di ricerca attraverso la condivisione culturale
nella comunità epistemica cresciuta intorno alle
università e nelle aziende innovative - CINA, INDIA, RUSSIA o Est Europa oggi
- Propagazione multinazionale della conoscenza da
Stati Uniti, Giappone, Germania attraverso
limportazione di macchine, le licenze,
limitazione, la copia e attraverso gli
investimenti diretti delle multinazionali.
20LA PROPAGAZIONE AVVIENE ATTRAVERSO LE RETI
- ossia attraverso
- limpresa estesa (extended enterprise), quasi
sempre MULTINAZIONALE, che si focalizza su un
core business e si propaga attraverso
loutsourcing verso fornitori esterni,
acquisizioni e alleanze (modello americano) - - la catena di subfornitura, organizzata dalla
grande impresa che progetta i nuovi prodotti, li
produce solo in parte e cura la
commercializzazione e lexport (modello
giapponese) - il distretto industriale, che emerge attraverso
laddensarsi di molte filiere fornitore-cliente
nello stesso territorio, in modo da usare le
economie di prossimità e quelle della
specializzazione territoriale in un certo settore
(modello italiano)
21IL DISTRETTO INDUSTRIALE una variante
(territoriale) delleconomia della propagazione
22LA PROPAGAZIONE CHE CE STATA FINORA IN ITALIA
ECONOMIA DEL DISTRETTO INDUSTRIALE
- Nel distretto industriale le imprese hanno
imparato a - lavorare a rete, in FILIERA, collegando
fornitori e clienti di piccola scala, grazie ai
legami e alle esperienze comuni - utilizzare il TERRITORIO come fonte di
conoscenza, di lavoro qualificato, di servizi
specializzati, di cultura imprenditoriale, di
capitale sociale - mettere in movimento lenergia delle PERSONE,
che finalizzano la propria vita privata e le
proprie risorse familiari allimpresa
23Leconomia della propagazione in filiera è già
oggi il modo prevalente di produrre, in Italia
- LE MEDIE AZIENDE Le medie imprese italiane sono
imprese-rete acquistano dallesterno l81 di
quanto fatturano (tra materie prime, energia,
licenze, componenti, lavorazioni conto terzi,
servizi), in gran parte da fornitori stabili - E ogni anno la percentuale aumenta di mezzo punto
. - DUNQUE è sbagliato contrapporre piccole e grandi
(medie) imprese, perché non fanno parte di due
economie differenti, ma della stessa economia di
filiera. Piccole e grandi imprese sono
potenzialmente complementari, ma non è detto che
abbiano strategie convergenti
24- IL DISTRETTO CONCENTRA UN SETTORE IN UN
PARTICOLARE LUOGO - LItalia ha 156 distretti manifatturieri (Istat
2001) di cui 39 nel Nordovest, 42 nel Nordest, 49
nel Centro, 26 nel Sud - 45 nel Tessile-Abbigliamento, 38 meccanica, 32
beni per la casa, 20 pelli e calzature, 21 altri
(con alimentare) - 212.000 imprese e 1.929.000 addetti ossia 1.350
imprese per distretto, 12.400 addetti, e 9
addetti per impresa (anche in settori diversi da
quelli di specializzazione)
25I DISTRETTI SONO CRESCIUTI PER TUTTO IL PERIODO
DAL 1970 AL 2001 Nel 2001 i 156 distretti
dellIstat avevano raggiunto il 39
delloccupazione totale nella manifattura,
generando il 37 del valore aggiunto
nellindustria e il 46 dellexport, tra
cui Tessile abbigliamento 67 Calzature 67
Ceramica e altri min 60 Prodotto in
metallo 51 Macchine 51
26- poi abbiamo avuto 5 anni di stagnazione
- con crisi rilevanti e forte selezione delle
imprese nel Tessile-Abbigliamento, nelle
Calzature, nellOreficeria - le difficoltà occupazionali non sono state
drammatiche perché alcune aziende sono comunque
cresciute mentre edilizia e terziario hanno
impedito al numero delle aziende e al numero di
occupati di flettere - adesso ordini, produzione e esportazioni hanno
ripreso cè stato un cambiamento dei mercati di
sbocco (paesi extraeuropei) un incremento della
qualità del prodotto e del prezzo medio a cui si
vende
27LE ESPORTAZIONI DEI DISTRETTI SONO ANDATE PEGGIO
DELLA MEDIA MANIFATTURIERA ITALIANA DAL 2001 AD
OGGI INCREMENTO DELLEXPORT SULLANNO
PRECEDENTE su 102 distretti rilevati da Intesa S.
Paolo (Monitor dei distretti luglio
2007) Distretti Non-distretti Manifatt.
Tot 2002 -3,4 -2,4 -1,5 2003
-4,2 -5,1 -2,7 2004 3,9 3,7 7,6 2005
-0,3 2,4 5,3 2006 8,8 8,5 10,6 Marzo
2007 8,7 9,2 11,0
28LA RIPRESA E DIFFERENZIATA A SECONDA DELLE
REGIONI, MA IL SUD RIMANE INDIETRO INCREMENTO
DELLEXPORT DISTRETTUALE SULLANNO PRECEDENTE per
regioni (Monitor dei distretti Intesa San Paolo
luglio 2007) Quota Incr. 2006 Incr.
gen- mar 2007 ITALIA 100,0 8,8
8,1 Marche 7,6 10,9 2,0 Lombardia
25,5 16,8 17,2 Piemonte 7,0 10,6
9,0 Veneto 25,7 8,5 3,4 Emilia Rom.
12,9 4,3 8,0 Toscana 12,7 6,0
5,7 SUD 5,1 -5,4 2,0
29IL SISTEMA MODA, IN GENERALE, SI RIPRENDE PIU
LENTAMENTE DEL SISTEMA CASA E DELLA
MECCANICA INCREMENTO DELLEXPORT SULLANNO
PRECEDENTE per regioni (Monitor dei distretti
Intesa San Paolo luglio 2007) Distretti 2006
Non-distretti 2006 MANIFATTURA TOT
10,6 SETTORI DISTRETTUALI 8,8 8,5 Moda
prod. Intermedi 0,1 4,9 Moda beni di
consumo 8,4 6,4 Mobili e elettrodom. 3,9
5,9 Casa beni per edilizia 14,6 9,2 Casa
manufatti vari 16,5 12,2 Meccanica
strumentale 7,6 11,4 Prodotti in metallo
strum. 12,9 15,8
30LE LEVE SU CUI AGIRE decostruire e ricostruire le
filiere distrettuali senza perdere i vantaggi
della rete territoriale
31CONDIZIONI PER LA PROPAGAZIONE
Il distretto è una forma di cooperazione
involontaria nella produzione e propagazione
della conoscenza (copia, imitazione,
specializzazione, bacino comune di lavoro
qualificato, spin off imprenditoriali,
macchine) Specializzandosi e lavorando in filiera
ciascun produttore usa le competenze, il
capitale, le capacità innovative e di rischio
degli altri (fornitori, clienti), abbassando di
molto le barriere allentrata nel business Le
imprese distrettuali possono fare economie di
scala rimanendo piccole, ma specializzandosi in
una funzione particolare questo spiega anche
perché non hanno un particolare incentivo a
forzare loro il tasso di crescita
32FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
- economie di prossimità grazie alla riduzione
delle distanze, rende poco costosa la
distribuzione della produzione tra i nodi della
rete, che si specializzano e si collegano in modo
flessibile in filiere - governance politica dei problemi e dei
conflitti, perché il sistema sociale e
istituzionale locale permette di negoziare e
regolare i comportamenti individuali - divisione del lavoro nel processo di
apprendimento (riduzione del capitale investito,
del rischio e delle competenze necessarie) e
rapida propagazione di conoscenze poco codificate
(copia, imitazione, intrecci personali)
33DI CONSEGUENZA, DAL PUNTO DI VISTA DEL VANTAGGIO
COMPETITIVO, IL DISTRETTO E TRE COSE INSIEME
- cluster economie di agglomerazione
- comunità locale fiducia, negoziazione,
istituzioni - sistema cognitivo divisione del lavoro
nellapprendimento e nellinnovazione - QUALE DI QUESTE TRE COSE E DECISIVA PER
RIPOSIZIONARE IL SISTEMA PRODUTTIVO NELLA NUOVA
ECONOMIA INTERNAZIONALE?
34SERVONO TUTTE E TRE, MA SOLO SE SONO AL SERVIZIO
DELLA TERZA
- cluster lagglomerazione oggi dà più
diseconomie che economie, bisogna estendere il
sistema più che addensarlo - comunità locale difendere tutto può quello che
cè essere una tentazione pericolosa (il nuovo
nasce se una parte del vecchio libera le risorse
che oggi occupa) - sistema cognitivo è il terreno decisivo per
rigenerare i vantaggi creati in passato dalla
propagazione della conoscenza, oggi diventati
obsoleti
35RIVOLUZIONARE LECONOMIA DELLA CONOSCENZA TIPICA
DEL DISTRETTO
36IL DISTRETTO IN PASSATO HA MESSO IN MOVIMENTO UNA
PARTICOLARE ECONOMIA DELLA CONOSCENZA
- in termini di
- capacità di assorbimento (ACCESSO)
- innovazione di uso negli usi (CREATIVITA)
- aumento del bacino di uso e di applicazione
della conoscenza (MOLTIPLICAZIONE)
37LA PROPAGAZIONE CHE GENERA VALORE
CREATIVITA Avere idee originali che
aggiungono qualcosa alla conoscenza altrui
ACCESSO Capacità di assorbimento
delle conoscenze altrui
MOLTIPLICAZIONE Moltiplicazione degli usi e
distribuzione del valore generato
38IN PASSATO la propagazione che cè stata
ACCESSO Macchine, Lavoro specializzato, imitazione
CREATIVITA Flessibilità, piccole
serie Creatività personale
Conoscenze informali sedimentate nei luoghi
MOLTIPLICAZIONE Distretti, catene di
subfornitura
39Negli ultimi dieci anni NUOVE SFIDE
- GLOBALIZZAZIONE bisogna intercettare i mercati
emergenti (in crescita), acquisire forniture a
basso costo, aumentare i volumi, imparare dalla
varietà - Globalizzazione non vuol dire solo esportare, ma
sfruttare le differenze esistenti tra i vari
paesi e allargare il bacino di vendita a scala
mondiale - SMATERIALIZZAZIONE bisogna fornire al cliente
prestazioni che arricchiscono il prodotto
materiale trasformando il senso del consumo o
delluso (anche industriale) della conoscenza - Smaterializzazione vuol dire passare
dalleconomia dei bisogni alleconomia dei
desideri, creando significati, esperienze,
identità e attenzione
40Che cosa non va, del vecchio modello
- Di fronte a globalizzazione e smaterializzazione,
i punti di forza del distretto si mutano in
fattori di debolezza - le reti locali non bastano più (sono piccole e
non usano i fattori più convenienti) - il territorio che resiste allinnovazione
diventa un problema, invece di una risorsa - le persone invecchiano e possono inibire la
crescita autonoma dellazienda, che spesso
richiede un ricambio delle persone e delle
competenze
41Il nuovo modello distrettuale sistema locale che
addensa reti multi-localizzate
Il distretto inteso come sistema cognitivo locale
può estendersi verso leconomia globale e verso
leconomia immateriale se è in grado di dar vita
ad una comunità epistemica aperta Ossia ad una
comunità multi-territoriale che adotta visioni e
metodi comuni per codificare e condividere le
conoscenze utili E lo sviluppo di visioni e
metodi epistemologici comuni che fa circolare la
conoscenza tra attività svolte in luoghi diversi,
integrando funzioni manifatturiere con funzioni
immateriali.
42OGGI serve una propagazione diversa
CREATIVITA Ambiente metropolitano, Comunità
epistemiche Multiculturalità
ACCESSO Linguaggi formali, Ricerca, reti lunghe
Che cosa manca (e rimane da fare)
MOLTIPLICAZIONE Reti globali aperte a monte e a
valle, Marchi, Investimenti commerciali
43Il punto critico AUMENTARE LINVESTIMENTO IN
CAPITALE INTELLETTUALE E RELAZIONALE
44TUTTI I PROBLEMI DEL MODELLO DISTRETTUALE VENGONO
AL PETTINE
- la dimensione troppo piccola delle imprese (si
può rimediare con la filiera) - il locale, che chiude al globale (bisogna
invece usare la propria differenza per
distinguersi nelleconomia globale) - la natura tradizionale dei settori tipici delle
produzioni distrettuali (in questi settori
bisogna innovare creando significati, esperienze,
identità e attenzione al cliente) - Ma il vero problema è un altro labitudine fatta
alla propagazione senza investimento
45IL TALLONE DACHILLE DEL SISTEMA DISTRETTUALE
- LA DEBOLEZZA DI FONDO DEL MODELLO DISTRETTUALE E
DATA DALLA - PROPAGAZIONE SENZA INVESTIMENTO
- scarso investimento in capitale intellettuale
- scarso investimento in capitale relazionale
- E INVECE CE STATO un massiccio sfruttamento di
capitale sociale (intellettuale e relazionale)
accessibile a costo zero nei sistemi locali
46 Il capitale sociale non basta più e allora?
- per globalizzare
- per smaterializzare
- servono investimenti, ma
- PER FARE GLI INVESTIMENTI, DEVONO ESSERE
CONVENIENTI - PER FARLI RENDERE, BISOGNA ALLARGARE IL BACINO
DI USO DELLE CONOSCENZE COME?
47I DISTRETTI NON MUOIONO MA STANNO CAMBIANDO (per
fortuna)
48Rimedio n. 1 Investire in risorse connettive
Le reti tradizionali sono invecchiate. Per un
distretto che tende a diventare comunità
epistemica multilocalizzata servono reti diverse
dal passato, per fornire nuove forme di a)
Comunicazione (linguaggi formali, ricerca
diffusa, sistemi ICT) b) Logistica strade ma
non solo strade (trasporti globali,
intermodalità, piccoli lotti, sistemi
metropolitani) c) Garanzia (accreditamento
mediante comunità professionali, reciproco
riconoscimento, o assunzione di rischi condivisi)
49Rimedio n. 2 trasformare la filiera distrettuale
in filiera globale modularizzando la produzione
- La filiera distrettuale è vincolata ai rapporti
interpersonali diretti (locali) fino a che i
rapporti tra i diversi specialisti della filiera
restano informali - Per allargare le reti di fornitura a monte e di
commercializzazione a valle bisogna modularizzare
i processi e i prodotti realizzati definendo
delle interfaccia standard tra moduli che possono
essere ricombinati anche a distanza - Nel distretto restano i processi generativi di
idee e di servizi complessi (la testa), che non
possono essere codificati con interfacce standard
o perché nuovi o perché personalizzati, adattivi
rispetto alle esigenze particolari del cliente
50Rimedio n. 3 smaterializzare le funzioni svolte
nelle filiere globali
- per sviluppare conoscenze originali e
moltiplicarle occorrono forti investimenti
nellimmateriale - questi possono diventare convenienti solo le idee
vengono sfruttate al massimo, cercando tutti i
loro possibili usi, al di fuori dellimpresa e
delluso di origine, ma anche del distretto o del
settore di partenza - BISOGNA LIBERARE LE IDEE DAI PRODOTTI E PROCESSI
MATERIALI IN CUI SONO PRIGIONIERE - E FARLE DIVENTARE DEI BUSINESS AUTONOMI MEDIANTE
LA NASCITA DI IMPRESE SPECIALIZZATE DI SERVIZI,
IL NETWORKING, LA BREVETTAZIONE O ALLEANZE
STRATEGICHE CON ALTRI
51IL FUTURO DEI DISTRETTI CRESCITA PER ESTENSIONE,
SPECIALIZZAZIONE E IBRIDAZIONE
- accanto alla manifattura (che diventa industria
intelligente) si sviluppa una consistente numero
di imprese terziarie specializzate nella
fornitura di conoscenze, relazioni e servizi - ciascuna impresa organizza il suo business
intorno a unidea originale ed esclusiva, andando
a cercare i propri clienti potenziali a 360, e
comincia ad interessarsi di mercati e in settori
diversi da quelli già conosciuti - Ciascuna impresa approfondisce la sua
specializzazione, diventando una impresa di
nicchia eccellente a scala mondiale. Di
conseguenza cerca anche fornitori eccellenti a
scala mondiale
52RIEPILOGANDO
53CHE COSA FARE PER INTERNAZIONALIZZARSI NELLA
NUOVA ECONOMIA GLOBALE DELLA CONOSCENZA?
Non basta esportare Non basta fare investimenti
diretti ma bisogna estendere le filiere, usando
specialisti locali o internazionali che
forniscano in modo stabile e affidabile
conoscenze, servizi, lavorazioni, componenti
54LINTERNAZIONALIZZAZIONE A RETE
- Lestensione a scala internazionale delle filiere
è una delle forme di internazionalizzazione
cognitiva (propagazione globale delle conoscenze)
non si legge dai dati statistici ufficiali che
riguardano EXPORT IDE (Investimenti diretti
allestero) - ma esiste tutte le volte che consente la
propagazione internazionale delle conoscenze (non
solo per il traffico di perfezionamento passivo) - consente anche ai piccoli di internazionalizzarsi
senza andare direttamente allestero, se restano
legati ad una filiera che si internazionalizza
55PER INTERNAZIONALIZZARE LE FILIERE, PERO,
QUALCUNO DEVE INVESTIRE
- non solo investimenti diretti (produttivi e
commerciali) - ma anche investimenti in reti di fornitura e di
commercializzazione che si appoggiano ad altre
imprese (alleanze, imprese specializzate in
approvvigionamento o in commercializzazione,
imprese locali) - eppoi marchi commerciali, brevetti e reti di
franchising - SERVONO INVESTIMENTI, MA CHI LI FARA?
56I NODI DA SCIOGLIERE nuovi protagonisti
cercasi disperatamente
57SERVONO SOGGETTI CHE CREDANO NELLE PROPRIE
CAPACITA, PRENDENDOSI I RISCHI E FACENDO GLI
INVESTIMENTI NECESSARI PER SFRUTTARLE A SCALA
INTERNAZIONALE
- ossia cè bisogno di nuovi PIONIERI
- IMPRESE LEADER
- IMPRESE COMMERCIALI E TERZIARIE
- ALLEANZE TRANS-NAZIONALI CON PARTNERS ESTERI
- RETI A PROGETTO CHE NASCONO DAL BASSO
- INIZIATIVE DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE
ISTITUZIONI LOCALI - BANCHE E NUOVE FORME DI FINANZA
-
58Qualche idea su cosa stanno facendo le IMPRESE
LEADER
- LOsservatorio TeDIS
- imprese medie distrettuali
- nelle diverse aree italiane e nei diversi
settori - nei processi di internazionalizzazione
- nei processi di innovazione tecnologica
59I distretti presi in esame
Veneto Vetro Murano Calzature -
Brenta Sportsystem Montebelluna Concia -
Arzignano Occhiali Belluno Mobile - Q. del
Piave Tessile - Schio, Thiene,
Valdagno Meccanica - Schio, Thiene-
Montecchio Friuli VG Sedie Manzano Mobile -
Livenza Prosciutto - San Daniele Emilia
Romagna Ceramica Sassuolo Tessile - Carpi
Macchine agricole - Reggio Emilia Oleodinamica
Meccanica alimentare
Lombardia Mobile- Brianza Calze -
Castelgoffredo Tessile Como Meccanica -
Lecco Metalli Lumezzane Piemonte Tessile/abbigl
iamento - Biella Oreficeria - Valenza Po
Casalinghi - Cusio Meccanica - Pianezza Pinerolo
Abruzzo Abbigliamento Nord Abruzzese
Abbigliamento Sud Abruzzese Puglia Imbottito
Murge Calzatura - Salento Abbigliamento
Salento Calzatura - Barletta Campania Calzatura
e Abbigliamento Napoli Concia Solofra Pasta
- Gragnano Conserve - Nocera
Toscana Tessile - Prato Marmo - Carrara Concia
- S. Croce sullArno Marche Mobile Pesaro
Calzatura - Fermo Agro-alimentare San
Benedetto Lazio Ceramica -Civita Castellana
60LEMERGERE DI UN NUOVO MODELLO DI IMPRESA
61Si può fare di più? (1)
- Le nostre reti attuali sono soprattutto reti
inter-personali. Per estenderle bisogna - Far muovere le persone (i nostri che vanno
allestero, gli esteri che vengono qui),
ricollocando i luoghi nello spazio dei flussi - Rendere affidabili le relazioni (regole,
comportamenti, comunicazioni ecc.) anche per chi
non ha una diretta esperienza del contesto
italiano - Fare un investimento di avanguardia nelluso
delle ICT allacciando maggiori rapporti con le
multinazionali grazie a ICT e produzione modulare - Rendere sapienti e creativi i territori
investendo sulla loro identità, sulla qualità del
contesto e sulla loro riconoscibilità
62Si può fare di più? (2)
- Per investire notevolmente di più in capitale
intellettuale e relazionale. Per fare gli
investimenti richiesti dalla nuova
internazionalizzazione bisogna - Cambiare le forme societarie e imprenditoriali,
portando dentro limpresa nuovi soci ossia nuovo
capitale di rischio (possono essere managers,
fornitori, clienti, concorrenti, dipendenti che
si mettono in proprio, banche locali o con
attenzione al locale, o altre forme per le
imprese più grandi) - cambiare i rapporti tra impresa e famiglia non
va più bene la situazione Impresa povera,
famiglia ricca, non va più bene la confusione tra
relazioni familiari e manageriali - cominciare a credere nelle alleanze, locali ma
anche con reti multinazionali