Le pagine del tempo - PowerPoint PPT Presentation

1 / 123
About This Presentation
Title:

Le pagine del tempo

Description:

UN GIORNO DOPO L'ALTRO Un giorno dopo l'altro Il tempo se ne va. Le strade sempre uguali, le stesse case. Un giorno dopo l'altro e tutto come prima. – PowerPoint PPT presentation

Number of Views:86
Avg rating:3.0/5.0
Slides: 124
Provided by: TizianaV4
Category:
Tags: arte | commedia | del | pagine | tempo

less

Transcript and Presenter's Notes

Title: Le pagine del tempo


1
Le pagine del tempo
UN GIORNO DOPO L'ALTRO Un giorno dopo l'altro
Il tempo se ne va. Le strade sempre uguali, le
stesse case. Un giorno dopo l'altro e tutto è
come prima. Un passo dopo l'altro, la stessa
vita. E gli occhi intorno cercano
quell'avvenire che avevano sognato, ma i sogni
sono ancora sogni e l'avvenire è ormai quasi
passato. Un giorno dopo l'altro, la vita se ne
va. Domani sarà un giorno uguale a ieri. La
nave ha già lasciato il porto e dalla riva
sembra un punto lontano. Qualcuno anche questa
sera torna deluso a casa piano piano. Un giorno
dopo l'altro, la vita se ne va, e la speranza
ormai è un'abitudine. LUIGI TENCO
Mappe
Help
Bibliografia
REALIZZATO da prof.
Tiziana Vannucci, Corso abilitante di Latino,
anno 2000/2001 Tenuto dalla prof. Manuela Sbrana
docente di Letteratura Latina al Liceo
Scientifico A.Vallisneri di Lucca
2
Il tempo
IL TEMPO
Come per tutto ciò che è quotidiano, è
difficilissimo dare una definizione esatta di
TEMPO. Il tempo non si tocca, non ha una forma,
non ha un colore, non ha un profumo, non ha un
sapore. E allora cosa può essere il TEMPO?
Il Tempo è la vita o forse è la morte il tempo
è risorsa o forse consuma il tempo distrugge
oppure risana il tempo non cèma fa parlare di
sé.
Concezioni del tempo sono state elaborate nel
corso dei secoli nellambito della scienza e
della filosofia, ed inevitabilmente tali
elaborazioni hanno influenzato anche la
produzione letteraria di autori sia del passato
che del presente.
3
DEFINIZIONE
Il tempo è lintuizione e la rappresentazione
della modalità secondo la quale i singoli eventi
si susseguono e sono in rapporto luno con
laltro in base ad indicatori temporali ( prima,
durante, dopo), vista come fattore che trascina
ineluttabilmente levoluzione delle cose o come
scansione ciclica e periodica delleternità, a
seconda che vengano enfatizzate lirreversibilità
e caducità delle vicende umane, o leterna
ricorrenza degli eventi astronomici tale
intuizione è condizionata da fattori ambientali
(cicli biologici, succedersi del giorno e della
notte, cicli stagionali ecc.) e psichici ( i vari
tratti della coscienza e della percezione, la
memoria) ed è diversificata da cultura a cultura.
Oggi nelle società ricche occidentali si tende ad
un appiattimento del senso del tempo verso il
presente e nello stesso tempo si rafforza
langoscia determinata dalla fretta, in
conseguenza alla mancanza di percezione delle
fasi del passato, presente e futuro inoltre il
processo di globalizzazione tende a livellare
anche le differenze fra zone e culture del mondo,
eliminando tutto ciò che risulta difforme
rispetto alla strutturazione voluta. I fattori
ambientali sono diventati confusi ( si vive molto
di più la notte ed i cicli stagionali sono sempre
più scombinati dalle variazioni climatiche), così
come si è alterata la percezione psichica (la
coscienza tende ad annullarsi, la percezione è
falsata dalle nuove tecnologie, la memoria è
scomparsa nella simultaneità).
4
Scienza
SCIENZA
Il tempo della scienza
  • Il Tempo è un concetto fisico che viene
    utilizzato per stabilire la contemporaneità o
    lordine di una serie di eventi è una delle
    grandezze fondamentali e sotto questo aspetto è
    analogo alla lunghezza e alla massa. La
    misurazione del tempo è fondata oggi su tre
    metodi astronomici diversi i primi due, basati
    sulla rotazione giornaliera della terra attorno
    al suo asse, fanno riferimento al moto apparente
    del Sole (tempo solare) o a quello delle stelle
    (tempo sidereo) il terzo metodo è invece basato
    sul moto orbitale della terra attorno al Sole
    (tempo delle effemeridi).
  • TEMPO SOLARE
  • Il moto apparente del sole nella sfera celeste è
    stato a lungo considerato un criterio sul quale
    fondare la misura del tempo. In ogni luogo e in
    qualunque giorno, lora del mezzogiorno è
    definita dalla culminazione del Sole al meridiano
    celeste locale, il cerchio massimo passante per
    lo zenit del luogo di osservazione e per i poli
    della sfera celeste. Lintervallo di tempo tra
    due successivi passaggi del Sole attraverso il
    medesimo meridiano celeste è il giorno solare,
    per tradizione suddiviso in 24 ore.

5
Scienza2
  • Poiché il moto di rotazione della terra non è
    uniforme, la durata del giorno solare varia
    durante lanno e di conseguenza, per la
    determinazione dellora civile, si introdusse
    come riferimento il giorno solare medio, misurato
    sulla base di un Sole immaginario che viaggi con
    velocità costante durante tutto lanno.
  • TEMPO SIDEREO
  • Il tempo sidereo è misurato assumendo come
    riferimento la posizione delle stelle fisse.
    Lanno sidereo, definito come lintervallo di
    tempo che intercorre tra due successive
    congiunzioni del Sole con una stessa stella, è di
    365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45,5 secondi.
  • TEMPO DELLE EFFEMERIDI
  • Il giorno solare e il giorno siderale medi non
    sono sufficientemente precisi a causa delle
    irregolarità del moto di rotazione della Terra
    intorno al suo asse la velocità di rotazione
    varia di uno o due secondi lanno e il periodo di
    rotazione diminuisce di circa un secondo al
    secolo. Nel 1940, per superare questo
    inconveniente fu introdotto il tempo delle
    effemeridi, basato sullannuale moto di
    rivoluzione della Terra attorno al Sole come il
    tempo sidereo, esso assume come punto di
    riferimento lequinozio di primavera.

6
Scienza3
  • E usato soprattutto dagli astronomi quando è
    richiesto il più alto grado di precisione nel
    calcolo della posizione dei pianeti e delle
    stelle.
  • LUNITA DI TEMPO NELLUSO SCIENTIFICO
  • Fino al 1955 lunità di tempo in uso nella
    scienza, il secondo, era definito, con
    riferimento al moto di rotazione della terra,
    come 1/86.400 del giorno solare medio.
    Levoluzione della scienza, tuttavia, richiese
    una definizione più precisa e rigorosa cosicché
    nel 1967 il secondo fu ridefinito come la durata
    di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione
    emessa dallatomo di cesio-133 nella transizione
    fra due livelli iperfini del suo stato
    fondamentale.
  • SISTEMI DI MISURAZIONE DEL TEMPO
  • Nel corso della storia il tempo è stato misurato
    in base al movimento della Terra rispetto al Sole
    ed alle stelle. Lo strumento più antico, in uso
    probabilmente in Egitto intorno al 3500 a.C., era
    una sorta di meridiana che sfruttava lombra
    proiettata da uno stilo o da un obelisco. La
    prima meridiana semisferica fu descritta nel III
    secolo a.C. dallastronomo caldeo Berossus. Tra i
    metodi antichi per misurare il tempo in assenza
    di sole, vi sono luso cinese di bruciare una
    corda con nodi equidistanti e quello della
    candela con tacche incise. Di origini antiche
    sono pure le forme elementari di clessidra,

7
Scienza4
in cui il tempo veniva misurato in base al flusso
di sabbia o acqua attraverso un piccolo foro.Tale
strumento ebbe unevoluzione rapida intorno al
270 a.C., quando linventore greco Ctesibio di
Alessandria mise a punto il primo orologio
idromeccanico, introducendo un complesso sistema
di ingranaggi. Talvolta al flusso dellacqua si
sostituì la caduta libera di un grave,
anticipando così gli orologi meccanici. Lorigine
storica dellorologio meccanico è difficile da
definire sicuramente nel XIII secolo furono
congegnati meccanismi relativamente complessi,
pesanti e ingombranti, dotati di suonerie
elaborate e spesso collocati davanti alle torri
campanarie (clock orologio non portatile, ma in
origine anche campana). Una serie di invenzioni
nel XVII e nel XVIII secolo migliorò la
precisione degli orologi e ne ridusse il peso e
lingombro. Lisocronismo delle oscillazioni del
pendolo, descritte da Galileo nel XVI secolo,
permise al fisico danese Huygens di realizzare il
primo orologio preciso che sfruttava questo
meccanismo. Non molto dopo Hooke riuscì a
utilizzare pendoli con piccole oscillazioni
inventando lo scappamento, successivamente un
sistema per compensare la variazione di lunghezza
del pendolo, dovuta alle variazioni di
temperatura, fu messo a punto da Harrison.
8
Filosofia
FILOSOFIA
Il tempo della coscienza
Nel pensiero filosofico e scientifico la nozione
di tempo ha costituito un problema costante e
basilare della riflessione fin dalle trattazioni
mitologiche. Nel pensiero antico il tempo,
inizialmente collegato al movimento del Sole e
del Cielo in generale, viene considerato,
specialmente dai pitagorici, sia come un continuo
divenire, per lo più ciclico (il ritmo del
cambiamento cosmico), sia come la misura della
durata. Per Parmenide, invece non è che
unillusione e per Zenone, un assurdo, come il
movimento stesso, essendo lEssere, considerato
la vera essenza delle cose, immutabile (es.la
tartaruga e Achille).Per Eraclito panta rei e
solo il saggio conosce il logos che regola il
mondo. Il concetto di tempo come gerarchicamente
inferiore alleternità ritorna in Platone, per
cui solo nel mondo materiale corruttibile hanno
senso il passato e il futuro, mentre alla
sostanza eterna compete un eterno presente
immobile. Il pensiero aristotelico riconcilia
queste concezioni, da un lato assumendo il
movimento perfetto dei Cieli come riferimento per
la misura del tempo, dallaltro ponendo il primo
motore immobile fuori dal tempo e quindi
eternamente presente. Con il pensiero cristiano,
specialmente in SantAgostino,abbandonata la
concezione ciclica per la lineare, si ha una
decisa interiorizzazione del tempo e una sua
riduzione a estensione dellanimo,
9
Filosofia2
successione di stati di coscienza in quanto
ricordo del passato, attesa del futuro, ma anche
attenzione al presente visto come passaggio, come
tensione lineare e progressiva verso la
perfezione e la liberazione, una volta dissolto
il tempo nelleternità spirituale. Con la
rivoluzione scientifica del 600 ed in
particolare con Galileo, il tempo viene
analizzato come entità fisica e diviene parametro
misurabile del movimento. Per Cartesio e Spinoza
il tempo va distinto dalla durata la durata è
reale mentre il tempo è un modo di pensare la
durata. In Pascal il tempo è infinito che
schiaccia lestrema finitezza e nullità
delluomo, ombra che non dura se non un istante
senza ritorno. Da Newton in poi, prende corpo la
distinzione tra tempo assoluto (scenario
metafisico,insieme allo spazio assoluto, di ogni
evento naturale) e tempo relativo, riferito cioè
a particolari sistemi di misurazione in
determinati sistemi di riferimento Gli empiristi
inglesi ne accentuano la soggettività,
sottolineandone lorigine psicologica. Con Kant,
lo spazio e il tempo assoluti diventano le forme
a priori di ogni esperienza possibile e il
carattere irreversibile della successione
temporale degli eventi viene connesso alla
relazione anchessa irreversibile tra causa ed
effetto. Il tempo è la forma con la quale noi
ordiniamo i dati del senso interno (i fatti
psichici) e indirettamente quelli fisici. La
concezione soggettivistica infine prevale
nellidealismo e, in genere, in tutto il pensiero
contemporaneo. Bergson critica la nozione del
tempo come successione di istanti, in quanto non
riconosce il valore qualitativo della durata.
10
Filosofia3
La durata è da lui intesa psicologicamente, come
il dato originario della coscienza e, insieme,
come la realtà stessa, in quanto perpetuo fluire,
continua creazione, in cui non si possono
distinguere gli stati successivi se non a patto
di immobilizzarli astraendo dalla realtà vivente
e continua. Nellesistenzialismo di Haidegger, il
problema del tempo è affrontato analizzando le
strutture essenziali dellesistenza umana cioè i
modi di essere delluomo. Lessere umano è
gettato in un mondo che non ha costruito, dove
incontra oggetti potenzialmente utili (naturali o
prodotti della cultura), poiché questi oggetti
giungono dal passato e sono usati nel presente
per un vantaggio futuro, il tempo autentico è
superamento del passato e apertura verso il
futuro e proprio il futuro è ciò che dovrebbe
dare senso al presente, se non ci fosse la morte,
di fronte alla quale proviamo angoscia, ma è
proprio langoscia che ci fa capire che la radice
dellesistenza è il nulla e ci fa guardare con
distacco la morte stessa, liberandocene. La
concezione soggettivistica e relativistica del
tempo si afferma nel pensiero scientifico di
Einstein, che intende il tempo come quarta
dimensione dello spazio egli nega lesistenza di
un tempo assoluto, cioè di una misura unica del
tempo, che dovrebbe essere valevole per i diversi
sistemi di riferimento in moto gli uni in
rapporto agli altri la nozione fisica di
simultaneità può avere solo un senso relativo
perché bisogna sempre indicare il sistema di
coordinate spaziali a cui ci si riferisce.
11
Orologio biologico
OROLOGIO BIOLOGICO
Il tempo della natura
E un sistema fisiologico che permette agli
organismi di vivere in armonia con i ritmi della
natura, come il ciclo del giorno e della notte e
delle stagioni. Nel mondo animale e vegetale vi
sono orologi biologici per quasi ogni tipo di
periodicità, ma le nostre conoscenze derivano
soprattutto dallo studio dei ritmi giornalieri o
circadiani. Questi stimolano i tipici modelli
comportamentali che ruotano attorno alle varie
fasi del giorno anche in assenza di stimoli
esterni quali il sorgere del sole, dimostrando
così come la periodicità di questi schemi dipenda
essenzialmente da orologi interni. Nessun
orologio è tuttavia perfetto quando gli
organismi sono privati degli stimoli che il mondo
esterno normalmente offre, essi continuano a
mantenere una periodicità, che, tuttavia, nel
tempo si sfasa rispetto al ritmo delle 24 ore,
presente nel mondo naturale. Questo è dimostrato
dagli esperimenti in cui alcuni soggetti, tenuti
isolati per lunghi periodi di tempo, continuano a
mangiare e dormire secondo scadenze regolari, ma
sempre più sfasate rispetto a quelle originarie.
Questo sfasamento non avviene in condizioni
normali, poiché gli stimoli esterni ricaricano
gli orologi ogni giorno la luce è uno degli
stimoli più importanti, ci sono poi le variazioni
della temperatura ed altri segnali sensoriali.
12
Percezione ciclica
Nelle società arcaiche il tempo veniva misurato
dal ciclico alternarsi del giorno e della notte,
delle fasi lunari, delle stagioni in quelle
società così legate alla natura individuare il
tempo giusto era importante per procurarsi il
cibo e quindi per sopravvivere. La
rappresentazione grafica di questa concezione era
data dal cerchio il tempo non aveva una
direzione, ma si ripeteva nelleterno ciclo
sempre uguale delle stagioni. La divisione del
tempo in anni veniva determinata dai rituali che
governavano il rinnovamento delle riserve
alimentari e garantivano la continuità della
vita. Lanno nuovo dunque cominciava in periodi
diversi a seconda del tipo di coltivazioni ed
aveva anche durata diversa. In questo tipo di
concezione, ripresa in parte anche nella teoria
della storia ideale eterna di Vico, tutto ciò
che è passato muore, scompare l inizio del
nuovo anno è un ritorno al tempo mitico
primordiale, è un riavviarsi del tempo
dallinizio, sempre uguale, allinfinito.
Catullo Orazio Seneca Marco Aurelio Poliziano Le
opardi Giudici
13
Percezione lineare
Per avere una concezione lineare del tempo
bisogna arrivare allelaborazione della prima
religione monoteista (quella ebraica), la
rivelazione di Dio infatti ha luogo nel tempo
come durata storica Mosé riceve le leggi in un
certo luogo e in una certa data. Col
Cristianesimo dunque il tempo diventa luogo di un
evento irripetibile ed il suo scorrere è il
tendere alla meta del Regno di Dio. In questa
linea immaginaria si può individuare un prima e
un poi, ma soprattutto questo tipo di concezione
fornisce alluomo la speranza qualsiasi evento
si verifichi nel presente si intravede la
salvezza futura e lo scorrere della vita acquista
un senso e una direzione. La morte diventa
importante per luomo poiché apre la via alla
vera vita che è quella spirituale.
S. Agostino Dante
14
Percezione psichica
Virginia Woolf James Joyce
Marcel Proust
E una percezione interiore che seleziona gli
avvenimenti e si verifica sia in relazione al
presente, in conseguenza a stati danimo
particolari, sia in relazione al passato, in
conseguenza al recupero effettuato mediante la
memoria in ogni caso sconvolge lordine
cronologico degli avvenimenti, modificando anche
il concetto di durata. Quando è in relazione al
presente, modifica la percezione della durata i
momenti tristi ci sembrano più lunghi di quelli
felici, i momenti in cui non facciamo niente che
ci interessa ci sembrano terribilmente lunghi
non ripensiamo al passato, se stiamo vivendo un
momento felice, e abbiamo paura del futuro se
invece viviamo un momento doloroso, recuperiamo
la memoria dei momenti felici del passato,
trascurando il presente e aspettando il futuro
se ci stiamo annoiando, vorremmo che il futuro
arrivasse subito, nella speranza di qualche
novità interessante. Quando è in relazione al
passato, ci porta a recuperare con la memoria, in
seguito a stimoli esterni o per associazione
didee, in maniera apparentemente disordinata,
elementi del passato che da molto tempo non
ricordavamo più il presente finisce con lessere
dilatato da quel passato che ricordiamo e dunque
recuperiamo dal flusso continuo di avvenimenti,
perché richiamato dalla memoria in modo spesso
incosciente la durata del presente e del passato
finisce col perdere limiti precisi e tutto si
mescola nella percezione stessa.
15
Rappresentazione grafica
RAPPRESENTAZIONE SPAZIALE
CICLICA
FUTURO
PRESENTE
LINEARE
PASSATO
FUTURO
PRESENTE
PASSATO
FUTURO
PRESENTE
PASSATO
FUTURO
PRESENTE
PASSATO
RAPPRESENTAZIONE MENTALE
PSICHICA 1
PASSATO
PASSATO-PRESENTE
FUTURO
FUTURO
PASSATO
PASSATO-PRESENTE
PASSATO
PSICHICA 2
PRESENTE
dolore
noia
fame
freddo
FUTURO
felicità
PSICHICA 3
PRESENTE
PRESENTE
16
INDICE DEGLI AUTORI
CIRO di PERS
SABA
MITO
SHAKERSPEARE
GIUDICI
PLAUTO
FOSCOLO
CATULLO
BELLI
ORAZIO
LEOPARDI
SENECA
V.WOOLF
MARCO AURELIO
S.AGOSTINO
J. JOYCE
DANTE
M. PROUST
PETRARCA
UNGARETTI
POLIZIANO
QUASIMODO
17
MITO DI CRONOS
Cronos era lultimo dei sei maschi Titani e
dunque figlio di Urano e Gea Urano aveva paura
dei figli e, appena nati, li nascose nelle
profondità della Terra e nel Tartaro. La loro
madre Gea, adirata per questo atteggiamento poco
paterno, persuase i Titani a ribellarsi al loro
padre e a detronizzarlo diede infatti a Cronos
una falce con la quale egli mutilò il padre dei
genitali. I Titani nominarono re Cronos. Cronos
sposò Rhea, detta anche Cibele e da lei ebbe
parecchi figli fra i quali Zeus poiché un
oracolo aveva predetto a Cronos che uno dei suoi
figli lo avrebbe spodestato, non potendo
ucciderli in quanto come dei erano immortali, a
mano a mano che nascevano li mangiava. Poiché
Cronos sarà più tardi assimilato con Chronos,
termine che in greco significa Tempo questo
mito, in origine nato per spiegare i cicli
dellanno agricolo e gli aspetti connessi con le
funzioni regali, finirà per assumere un nuovo
significato servirà ad indicare il tempo che
infatti divora tutte le cose che egli stesso ha
creato. Tutto questo accade finché uno dei figli
di Cronos, Zeus, sfuggito con laiuto della madre
e delle ninfe al triste destino dei fratelli,
divenuto grande, salì al cielo e costrinse il
padre a bere un emetico che gli fece rigettare i
figli che aveva precedentemente trangugiati
successivamente lo detronizzò e prese il suo
posto di re degli dei.Sembra comunque che in
origine Cronos fosse un dio dellagricoltura ed è
per questo che i Romani lo identificarono con
Saturno, il dio italico delle seminagioni, il cui
nome Cicerone dice, in De natura deorum
(II,63), sia in relazione a satio si sazia di
anni.
18
PLAUTO
BEOTIA PARASITUS. Ut illum di perdant primus qui
horas repperit Quique adeo primus statuit, hic
solarium, Qui mihi comminuit misero articulatim
diem! Nam me puero venter erat solarium, Multo
omnium istorum optumum et verissumum. Ubi is te
monebat, esses, nisi quom nihil erat Nunc etiam
quod est non estur, nisi Soli lubet. Itaque adeo
iam oppletum oppidum est solariis Maior pars
populi aridi reptant fame. Ubi primum accensus
clamarat meridiem.
Misuratori1) Tempo-Fame, Beotia 2)Tempo-amore,
Anfitrione, Cistellaria, Mercator
3)Tempo-dolore, Anfitrione
19
CATULLO
C. v Vivamus, mea Lesbia, atque
amemus, Rumoresque senum severiorum Omnes unius
aestimemus assis! Soles occidere et redire
possunt Nobis, cum semel occidit brevis lux, Nox
est perpetua una dormienda. Da mi basia mille,
deinde centum, Dein mile altera, dein secunda
centum, Deinde usque altera mille, deinde
centum. Dein, cum milia multa fecerimus, Conturbab
imus illa, ne sciamus, Aut ne quis malus invidere
possit, Cum tantum sciat esse basiorum.
una lunga notte riposeremo Dice nellepigramma
A se stesso Asclepiade IV sec
20
ORAZIO
C. III. 30 EXEGI MONUMENTUM Exegi monumentum
aere perennius Regalique situ pyramidum
altius, Quod non imber edax, non Aquilo
impotens Possit diruere aut innumerabilis Annorum
series, et fuga temporum. Non omnis moriar,
multaque pars mei Vitabit Libitinam usque ego
postera Crescam laude recens, dum
Capitolium Scandet cum tacita virgine
pontifex. Dicar, qua violens obstrepit Aufidus Et
qua pauper aquae Danaus agrestium Regnavit
populorum, ex humili potens Princeps Aeolium
carmen ad Italos Deduxisse modos, sume
superbiam Quaesitam meritis et mihi
Delphica Lauro cinge volens, Melpomene, comam.
il giorno è solo unattimo, Prendi, amor mio, le
grandi, Le bellissime coppe variopinte Alceo
Beviamo VII sec.
C. I. 11 CARPE DIEM Tu ne quaesieris, scire
nefas, quem mihi, quem tibi finem di dederint,
Leuconoe, nec Babylonios temptaris numeros, ut
melius, quidquid erit, pati, seu pluris hiemes
seu tribuit Iuppiter ultimam, quae nunc oppositis
debilitat pumicibus mare Tyrrhenum sapias, vina
liques, et spatio brevi spem longam reseces, dum
loquimur, fugerit invida aetas carpe diem, quam
minimum credula postero.
21
SENECA
  • DE BRAEVITATE VITAE
  • I. Maior pars mortalium, Pauline, de
    naturae malignitate conqueritur, quod exiguum
    aeui gignimur, quod haec tam uelociter, tam
    rapide dati nobis temporis spatia decurrant,adeo
    ut exceptis admodum paucis ceteros in ipso uitae
    apparatu uita destituat. Nec huic publico, ut
    opinantur, malo turba tantum et imprudens uulgus
    ingemuit clarorum quoque uirorum hic affectus
    querellas euocauit. Inde illa maximi medicorum
    exclamatio est "uitam breuem esse, longam
    artem". Inde Aristotelis cum rerum natura
    exigentis minime conueniens sapienti uiro lis
    "aetatis illam animalibus tantum indulsisse, ut
    quina aut dena saecula educerent, homini in tam
    multa ac magna genito tanto citeriorem terminum
    stare." Non exiguum temporis habemus, sed multum
    perdidimus. Satis longa uita et in maximarum
    rerum consummationem large data est, si tota bene
    collocaretur sed ubi per luxum ac neglegentiam
    diffluit, ubi nulli bonae rei impenditur, ultima
    demum necessitate cogente, quam ire non
    intelleximus transisse sentimus. Ita est non
    accipimus breuem uitam sed fecimus, nec inopes
    eius sed prodigi sumus. Sicut amplae et regiae
    opes, ubi ad malum dominum peruenerunt, momento
    dissipantur, at quamuis modicae, si bono custodi
    traditae sunt, usu crescunt ita aetas nostra
    bene disponenti multum patet.

22
SENECA
II. Quid de rerum natura querimur? Illa se
benigne gessit uita, si uti scias, longa est .
Alium insatiabilis tenet auaritia alium in
superuacuis laboribus operosa sedulitas alius
uino madet, alius inertia torpet alium defatigat
ex alienis iudiciis suspensa semper ambitio,
alium mercandi praeceps cupiditas circa omnis
terras, omnia maria spe lucri ducit quosdam
torquet cupido militiae numquam non aut alienis
periculis intentos aut suis anxios sunt quos
ingratus superiorum cultus uoluntaria seruitute
consumat multos aut affectatio alienae formae
aut suae querella detinuit plerosque nihil
certum sequentis uaga et inconstans et sibi
displicens leuitas per noua consilia iactauit
quibusdam nihil quo cursum derigant placet, sed
marcentis oscitantisque fata deprendunt, adeo ut
quod apud maximum poetarum more oraculi dictum
est uerum esse non dubitem "Exigua pars est
uitae qua uiuimus. Ceterum quidem omne spatium
non uita sed tempus est. XII. Quaeris fortasse
quos occupatos uocem? Non est quod me solos putes
dicere quos a basilica immissi demum canes
eiciunt, quos aut in sua uides turba speciosius
elidi aut in aliena contemptius, quos officia
domibus suis euocant ut alienis foribus illidant,
aut hasta praetoris infami lucro et quandoque
suppuraturo exercet. Quorundam otium occupatum
est in uilla aut in lecto suo, in media
solitudine, quamuis ab omnibus recesserint, sibi
ipsi molesti sunt quorum non otiosa uita dicenda
est sed desidiosa occupatio. Illum tu otiosum
uocas qui Corinthia, paucorum furore pretiosa,
anxia subtilitate concinnat et
23
SENECA
maiorem dierum partem in aeruginosis lamellis
consumit? Qui in ceromate (nam, pro facinus! ne
Romanis quidem uitiis laboramus) spectator
puerorum rixantium sedet? Qui iumentorum suorum
greges in aetatum et colorum paria diducit ? Qui
athletas nouissimos pascit? Quid? Illos otiosos
uocas quibus apud tonsorem multae horae
transmittuntur, dum decerpitur si quid proxima
nocte succreuit, dum de singulis capillis in
consilium itur, dum aut disiecta coma restituitur
aut deficiens hinc atque illinc in frontem
compellitur? Quomodo irascuntur, si tonsor paulo
neglegentior fuit, tamquam uirum tonderet!
Quomodo excandescunt si quid ex iuba sua decisum
est, si quid extra ordinem iacuit, nisi omnia in
anulos suos recciderunt! Quis est istorum qui non
malit rem publicam suam turbari quam comam? Qui
non sollicitior sit de capitis sui decore quam de
salute? Qui non comptior esse malit quam
honestior? Hos tu otiosos uocas inter pectinem
speculumque occupatos? Quid illi qui in
componendis, audiendis, discendis canticis
operati sunt, dum uocem, cuius rectum cursum
natura et optimum et simplicissimum fecit, in
flexus modulationis inertissimae torquent, quorum
digiti aliquod intra se carmen metientes semper
sonant, quorum, cum ad res serias, etiam saepe
tristes adhibiti sunt, exauditur tacita
modulatio? Non habent isti otium, sed iners
negotium. Conuiuia mehercules horum non posuerim
inter uacantia tempora, cum uideam quam solliciti
argentum ordinent, quam diligenter exoletorum
suorum tunicas succingant, quam suspensi sint,
quomodo aper a coco exeat, qua celeritate signo
dato glabri ad ministeria
24
SENECA
discurrant, quanta arte scindantur aues in frusta
non enormia, quam curiose infelices pueruli
ebriorum sputa detergeant ex his elegantiae
lautitiaeque fama captatur et usque eo in omnes
uitae secessus mala sua illos sequuntur, ut nec
bibant sine ambitione nec edant. Ne illos quidem
inter otiosos numeraueris qui sella se et lectica
huc et illuc ferunt et ad gestationum suarum,
quasi deserere illas non liceat, horas occurrunt,
quos quando lauari debeant, quando natare, quando
cenare alius admonet et usque eo nimio delicati
animi languore soluuntur, ut per se scire non
possint an esuriant. Audio quendam ex delicatis
-si modo deliciae uocandae sunt uitam et
consuetudinem humanam dediscere-, cum ex balneo
inter manus elatus et in sella positus esset,
dixisse interrogando "Iam sedeo?" Hunc tu
ignorantem an sedeat putas scire an uiuat, an
uideat, an otiosus sit? Non facile dixerim utrum
magis miserear, si hoc ignorauit an si ignorare
se finxit. Multarum quidem rerum obliuionem
sentiunt, sed multarum et imitantur quaedam
uitia illos quasi felicitatis argumenta
delectant nimis humilis et contempti hominis
uidetur scire quid facias i nunc et mimos multa
mentiri ad exprobrandam luxuriam puta. Plura
mehercules praetereunt quam fingunt et tanta
incredibilium uitiorum copia ingenioso in hoc
unum saeculo processit, ut iam mimorum arguere
possimus neglegentiam. Esse aliquem qui usque eo
deliciis interierit ut an sedeat alteri credat!
Non est ergo hic otiosus, aliud illi nomen
imponas aeger est, immomortuus est ille otiosus
est cui otii sui et sensus est. Hic uero
semiuiuus, cui ad intellegendos corporis sui
habitus indice opus est, quomodo potest hic
ullius temporis dominus esse?
25
SENECA
XIV. Soli omnium otiosi sunt qui sapientiae
uacant, soli uiuunt nec enim suam tantum aetatem
bene tuentur omne aeuum suo adiciunt quicquid
annorum ante illos actum est, illis adquisitum
est. Nisi ingratissimi sumus, illi clarissimi
sacrarum opinionum conditores nobis nati sunt,
nobis uitam praeparauerunt. Ad res pulcherrimas
ex tenebris ad lucem erutas alieno labore
deducimur nullo nobis saeculo interdictum est,
in omnia admittimur et, si magnitudine animi
egredi humanae imbecillitatis angustias libet,
multum per quod spatiemur temporis est. Disputare
cum Socrate licet, dubitare cum Carneade, cum
Epicuro quiescere, hominis naturam cum Stoicis
uincere, cum Cynicis excedere. Cum rerum natura
in consortium omnis aeui patiatur incedere,
quidni ab hoc exiguo et caduco temporis transitu
in illa toto nos demus animo quae immensa, quae
aeterna sunt, quae cum melioribus communia? Isti
qui per officia discursant, qui se aliosque
inquietant, cum bene insanierint, cum omnium
limina cotidie perambulauerint nec ullas apertas
fores praeterierint, cum per diuersissimas domos
meritoriam salutationem circumtulerint, quotum
quemque ex tam immensa et uariis cupiditatibus
districta urbe poterunt uidere? Quam multi erunt
quorum illos aut somnus aut luxuria aut
inhumanitas summoueat! Quam multi qui illos, cum
diu torserint, simulata festinatione
transcurrant! Quam multi per refertum clientibus
atrium prodire uitabunt et per obscuros aedium
aditus profugient, quasi non inhumanius sit
decipere quam excludere! Quam multi hesterna
26
SENECA
crapula semisomnes et graues illis miseris suum
somnum rumpentibus ut alienum exspectent, uix
alleuatis labris insusurratum miliens nomen
oscitatione superbissima reddent! Hos in ueris
officiis morari putamus, licet dicant, qui
Zenonem, qui Pythagoran cotidie et Democritum
ceterosque antistites bonarum artium, qui
Aristotelen et Theophrastum uolent habere quam
familiarissimos. Nemo horum non uacabit, nemo non
uenientem ad se beatiorem, amantiorem sui
dimittet, nemo quemquam uacuis a se manibus abire
patietur nocte conueniri, interdiu ab omnibus
mortalibus possunt.
  • AD POLYBIUM DE CONSOLATIONE 10, 2-3
  • Sol nel passato è il bello
  • Ingratus est qui iniuriam vocat finem voluptatis,
    stultus qui nullum fructum esse putat bonorum
    nisi praesentium,qui non et in praeteritis
    adquiescit et ea iudicat certiora, quae
    abierunt,quia de illis ne desinant non est
    timendum. Nimis angusta gaudia sua, qui eis
    tantummodo, quae habet ac videt, frui se putat et
    habuisse eadem pro nihilo ducit cito enim nos
    omnis voluptas relinquit, quae fluit et transit
    et paene ante quam veniat aufertur. Itaque in
    praeteritum tempus animus mittendus est et
    quidquid nos umquam delectavit reducendum ac
    frequenti cogitatione pertractandum est longior
    fideliorque est memoria voluptatum quam
    praesentia.

27
SENECA
  • AD LUCILIUM EPISTULAE MORALES.
  • Carpe diem 1, 1-3
  • Ita fac, mi Lucili vindica te tibi, et tempus,
    quod adhuc aut auferebatur, aut subripiebatur aut
    excidebat, collige et serva. Persuade tibi hoc
    sic esse, ut scribo quaedam tempora eripiuntur
    nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt.
    Turpissima tamen est iactura, quae per
    negligentiam fit. Et si volueris adtendere, magna
    pars vitae elabitur male agentibus, maxima nihil
    agentibus, tota vita aliud agentibus. Quem mihi
    dabis, qui aliquod pretium tempori ponat, qui
    diem aestimet, qui intellegat se cotidie mori? In
    hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus magna
    pars eius iam praeteriit. Quidquid aetatis retro
    est, mors tenet. Fac ergo, mi Lucili, quod facere
    te scribis, omnes horas complectere sic fiet ut
    minus ex crastino pendeas, si hodierno manum
    inieceris. Dum differtur, vita transcurrit.
    Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum
    est in huius rei unius fugacis ac lubricae
    possessionem natura nos misit, ex qua expellit
    quicumque vult. Et tanta stultitia mortalium est,
    ut quae minima et vilissima sunt,certe
    reparabilia, inputari sibi, cum impetravere,
    patiantur, nemo se iudicet quicquam debere, qui
    tempus accepit, cum interim hoc unum est, quod ne
    gratus quidem potest reddere.

28
SENECA
  • AD LUCILIUM EPISTULAE MORALES.
  • Come le foglie 104, 11-12.
  • Gravissimum iudicabis malum, aliquem ex his, quos
    amabis, amittere, cum interim hoc tam ineptum
    erit quam flere, quod arboribus amoenis et domum
    tuam ornantibus decidant folia. Quidquid te
    delectat, aeque vide ut arbores viridesdum
    virent, utere. Alium alio die casus excutiet, sed
    quemadmodum frondium iactura facilis est, quia
    renascuntur, si istorum, quos amas quosque
    oblectamenta vitae putas esse, damnum, quia
    reparantur,etiam si non renascuntur. Sed non
    erunt idem. Ne tu quidem edem eris. Omnia dies,
    omnis hors te mutat sed in aliis rapina facilius
    apparet, hic latet, quia non ex aperto fit. Alii
    auferuntur, at ipsi nobis furto subducimur. Horum
    nihil cogitabis nec remedia vulneribus oppones,
    sed ipse tibi seres sollicitudinum causas alia
    sperando, alia desperando? Si sapis, alterum
    alteri misce nec speraveris sine desperatione
    nec desperaveris sine spe.

29
SENECA
  • AD LUCILIUM EPISTULAE MORALES.
  • La ruota del tempo e il taedium vitae 24,
    25-26.
  • Vir fortis ac sapiens non fugere debet e vita,
    sed exire et ante omnia ille quoque vitetur
    adfectus, qui multos occupavit, libido moriendi.
    Est enim, mi Lucili, ut ad alia, sic etiam ad
    moriendum inconsulta animi inclinatio, quae saepe
    generosos atque acerrimae indolis viros corripit,
    saepe ignavos iacentesque illi contemnunt vitam,
    hi gravantur. Quosdam subit eadem faciendi
    videndique satietas et vitae non odium sed
    fastidium, in quod prolabimur ipsa inpellente
    philosophia, dum dicimus Quousque eadem? Nempe
    expergiscar dormiam, edam esuriam, algebo
    aestuabo. Nullius rei finis est, sed in orbem
    nexa sunt omnia, fugiunt ac sequantur diem nox
    premit, dies noctem, aestas in autumnum desinit,
    autumno hiemps instat, quae vere conpescitur
    omnia sic transeunt ut revertantur. Nihil novi
    facio, nihil novi video fit aliquando et huius
    rei nausia. Multi sunt, qui non acerbum iudicent
    vivere, sed supervacuum.

30
SENECA E LA FILOSOFIA
SCHEMA DEGLI INFLUSSI FILOSOFICI SULLA
PRODUZIONE DI SENECA. STOICISMO ? E possibile
diventare saggi con lesercizio
? Il saggio è lunico essere libero e
considera la difficoltà come
esercizio di virtù.
? E imperdonabile non avere consapevolezza di
ciò che si fa. EPICUREISMO ? Invito a non temere
la morte ? Ricerca
interiore come fonte di soluzioni ai problemi
? Concezione del tempo e
invito a godere del giorno come
se fosse lultimo.
? Elogio della vecchiaia. PLATONISMO
? Elogio della cono scienza pura.
? La filosofia conduce luomo dalle
tenebre alla luce e lo
distingue dallanimale.
? Filosofia come strumento per distaccarsi
dalla quotidianità. ?
Idea di Principato filosoficamente orientato.
31
MARCO AURELIO
Considerazioni sul tempo simili a quelle di
Seneca il presente è una piccolissima frazione
di eternità di cui luomo dispone per obbedire
alla parte divina di sé ed uniformarsi allordine
universale.
Ricordi II, 14 Quandanche tu vivessi tremila
anni, e altrettante decine di migliaia danni,
tieni comunque a mente che nessuno perde altra
vita se non quella che sta vivendo, né vive altra
vita se non quella che sta perdendo. Giungono
quindi allo stesso punto sia la vita più lunga
sia la più breve, giacché il presente è uguale
per tutti, quindi anche ciò che di continuo
perisce è uguale, e ciò che si perde non è che un
istante. Nessuno infatti perderà mai né il
passato né il futuro, perché ciò che non si ha,
chi mai potrebbe togliercelo? Di queste due cose
devi quindi ricordarti la prima è che fin
dalleternità tutte le cose sono sempre uguali e
ripercorrono sempre lo stesso ciclo, per cui è
indifferente vederle per cento o duecento anni o
per un tempo infinito la seconda, che si perde
lo stesso a morire sia vecchissimi sia
giovanissimi, perché il presente è lunica cosa
di cui si possa essere privati dato che è lunica
che possediamo, e nessuno può perdere ciò che non
possiede.
trad. M. Ceva
32
S.AGOSTINO
CONFESSIONES, LIBRO XI
CAPUT 14 quid est ergo tempus? Si nemo ex me
quaerat, scio si quaerenti explicare velim,
nescio fidenter tamen dico scire me, quod, si
nihil praeteriret, non esset praeteritum tempus,
et si nihil adveniret, non esset futurum tempus,
et si nihil esset, non esset praesens tempus. Duo
ergo illa tempora, praeteritum et futurum,
quomodo sunt, quando et praeteritum iam non est
et futurum nondum est? praesens autem si semper
esset praesens nec in praeteritum transiret, non
iam esset tempus, sed aeternitas. Si ergo
praesens, ut tempus sit, ideo fit, quia in
praeteritum transit, quomodo et hoc esse dicimus,
cui causa, ut sit, illa est, quia non erit, ut
scilicet non vere dicamus tempus esse, nisi quia
tendit non esse? CAPUT 15 18.Et tamen dicimus
longum tempus et breve tempus, neque hoc nisi de
praeterito aut futuro dicimus. Praeteritum tempus
longum, verbi gratia, vocamus ante centum annos,
futurum itidem longum post centum annos, breve
autem praeteritum sic, ut puta, dicimus ante
decem dies, et breve futurum post decem dies. Sed
quo pacto longum est aut breve, quod non est?
Praeteritum enim iam non est, et futurum nondum
est. Non itaque dicamus longum est, sed dicamus
de praeterito longum fuit, et de futuro longum
erit.
33
S.AGOSTINO
Domine meus, lux mea, nonne et hic veritas tua
deridebit hominem? Quod enim longum fuit
praeteritum tempus cum iam esset praeteritum,
longum fuit, an cum adhuc praesens esset? Tunc
enim poterat esse longum, quando erat, quod esset
longum praeteritum vero iam non erat unde nec
longum esse poterat, quod omnino non erat. Non
ergo dicamus longum fuit praeteritum tempus
neque enim inveniemus, quid fuerit longum,
quando, ex quo praeteritum est, non est, sed
dicamus longum fuit illud praesens tempus,
quia cum praesens esset, longum erat. Nondum enim
praeterierat, ut non esset, et ideo erat, quod
longum esse posset postea vero quam praeteriit,
simul et longum esse destitit, quod esse
destitit. 19. Videamus ergo,o anima humana,
utrum praesens tempus possit esse longum datum
enim tibi est sentire moras atque metiri. Quid
respondebis mihi? An centum anni praesentes
longum tempus est? Vide prius, utrum possint
praesentes esse centum anni. Si enim primus eorum
annus agitur, ipse praesens est, nonaginta vero
et novem futuri sunt, et ideo nondum sunt si
autem secundus annus agitur, iam unus est
praeteritus, alter praesens, ceteri futuri. Atque
ita mediorum quemlibet centenarii huius numeri
annum praesentem posuerimus ante illum
praeteriti erunt, post illum futuri. Quocirca
centum anni praesentes esse non poterunt. Vide
saltem, utrum qui agitur unus ipse sit praesens.
Et eius enim si primus agitur mensis, futuri sunt
ceteri, si secundus, iam et primus praeteriit et
reliqui nondum sunt. Ergo nec annus, qui agitur,
totus est praesens, et si non totus est praesens,
non annus est praesens.
34
S.AGOSTINO
Duodecim enim menses annus est, quorum quilibet
unus mensis, qui agitur, ipse praesens est,
ceteri aut praeteriti aut futuri. Quamquam neque
mensis, qui agitur, praesens est, sed unus dies
si primus, futuris ceteris, si novissimus,
praeteritis ceteris, si mediorum quilibet, inter
praeteritos et futuros. 20. Ecce praesens tempus,
quod solum inveniebamus longum appellandum, vix
ad unius diei spatium contractum est. sed
discutiamus etiam ipsum, quia nec unus dies totus
est praesens. Nocturnis enim et diurnis horis
omnibus viginti quattuor expletur, quarum prima
ceteras futuras habet, novissima praeteritas,
aliqua vero interiectarum ante se praeteritas,
post se futuras. Et ipsa una hora fugitivis
particulis agitur quidquid eius avolavit,
praeteritum est, quidquid ei restat, futurum. Si
quid intellegitur temporis, quod in nullas iam
vel minutissimas momentorum partes dividi possit,
id solum est, quod praesens dicatur quod tamen
ita raptim a futuro in praeteritum transvolat, ut
nulla morula extendatur. Nam si extenditur,
dividitur in praeteritum et futurum praesens
autem nullum habet spatium. Ubi est ergo tempus,
quod longum dicamus? An futurum? Non quidem
dicimus longum est, quia nondum est quod longum
sit, sed dicimus longum erit. Quando igitur
erit? Si enim et tunc adhuc futurum erit, non
erit longum, quia quid sit longum nondum erit si
autem tunc erit longum, cum ex futuro quod nondum
est esse iam coeperit et praesens factum erit, ut
possit esse quod longum sit, iam superioribus
vocibus clamat praesens tempus longum se esse non
posse.
35
S.AGOSTINO
CAPUT 16


21. Et tamen, domine, sentimus intervalla
temporum, et comparamus sibimet, et dicimus alia
longiora et alia breviora. Metimur etiam, quanto
sit longius aut brevius illud tempus quam illud,
et respondemus duplum esse hoc vel triplum, illud
autem simplum aut tantum hoc esse quantum illud.
Sed praetereuntia metimur tempora, cum sentiendo
metimur praeterita vero, quae iam non sunt, aut
futura, quae nondum sunt, quis metiri potest,
nisi forte audebit quis dicere metiri posse quod
non est? Cum ergo praeterit tempus, sentiri et
metiri potest, cum autem praeterierit, quoniam
non est, non potest CAPUT 26 33...Ipsum ergo
tempus unde metior? An tempore breviore metimur
longius, sicut spatio cubiti spatium transtri?
Sic enim videmur spatio brevis syllabae metiri
spatium longae syllabae atque id duplum dicere.
ita metimur spatia carminum spatiis versuum, et
spatia versuum spatiis pedum, et spatia pedum
spatiis syllabarum, et spatia longarum spatiis
brevium non in paginis -- nam eo modo loca
metimur, non tempora -- sed cum voces
pronuntiando transeunt, et dicimus Longum
carmen est, nam tot versibus contexitur longi
versus, nam tot pedibus constant longi pedes,
nam tot syllabis tenduntur longa syllaba est,
nam dupla est ad brevem. Sed neque ita
comprehenditur certa mensura temporis,
quandoquidem fieri potest, ut ampliore spatio
temporis personet versus brevior,
36
S.AGOSTINO
si productius pronuntietur, quam longior, si
correptius. ita carmen, ita pes, ita syllaba.
Inde mihi visum est nihil esse aliud tempus quam
distentionem sed cuius rei, nescio, et mirum, si
non ipsius animi. Quid enim metior, obsecro, deus
meus, et dico aut indefinite Longius est hoc
tempus quam illud aut etiam definite Duplum
est hoc ad illud? Tempus metior, scio sed non
metior futurum, quia nondum est, non metior
praesens, quia nullo spatio tenditur, non metior
praeteritum, quia iam non est. Quid ergo metior?
An praetereuntia tempora, non praeterita? Sic
enim dixeram. CAPUT 27 34. Insiste, anime meus,
et adtende fortiter deus adiutor noster ipse
fecit nos, et non ipsi nos. Adtende, ubi albescet
veritas. ecce puta vox corporis incipit sonare et
sonat et ecce desinit, iamque silentium est, et
vox illa praeterita est et non est iam vox.
Futura erat, antequam sonaret, et non poterat
metiri, quia nondum erat, et nunc non potest,
quia iam non est.Tunc ergo poterat, cum sonabat,
quia tunc erat, quae metiri posset. Sed et tunc
non stabat ibat enim et praeteriebat. An ideo
magis poterat? Praeteriens enim tendebatur in
aliquod spatium temporis, quo metiri posset,
quoniam praesens nullum habet spatium. Si ergo
tunc poterat, ecce puta altera coepit sonare et
adhuc sonat continuato tenore sine ulla
distinctione metiamur eam, dum sonat cum enim
sonare cessaverit, iam praeterita erit et non
erit, quae possit metiri. Metiamur plane et
dicamus, quanta sit. Sed adhuc sonat, nec metiri
potest nisi ab initio sui, quo sonare coepit,
usque ad finem, quo desinit.
37
S.AGOSTINO
Ipsum quippe intervallum metimur ab aliquo initio
usque ad aliquem finem. Quapropter vox, quae
nondum finita est, metiri non potest, ut dicatur,
quam longa vel brevis sit, nec dici aut aequalis
alicui, aut ad aliquam simpla vel dupla, vel quid
aliud. Cum autem finita fuerit, iam non erit. Quo
pacto igitur metiri poterit? et metimur tamen
tempora, nec ea, quae nondum sunt, nec ea, quae
iam non sunt, nec ea, quae nulla mora
extenduntur, nec ea, quae terminos non habent.
Nec futura ergo nec praeterita nec praesentia nec
praetereuntia tempora metimur, et metimur tamen
tempora. 35. Deus creator omnium versus iste
octo syllabarum brevibus et longis alternat
syllabis quattuor itaque breves, prima, tertia,
quinta, septima, simplae sunt ad quattuor longas,
secundam, quartam, sextam, octavam. Hae singulae
ad illas singulas duplum habent temporis
pronuntio et renuntio, et ita est, quantum
sentitur sensu manifesto. Quantum sensus
manifestus est, brevi syllaba longam metior
eamque sentio habere bis tantum. Sed cum altera
post alteram sonat, si prior brevis, longa
posterior, quomodo tenebo brevem, et quomodo eam
longae metiens applicabo, ut inveniam, quod bis
tantum habeat, quandoquidem longa sonare non
incipit, nisi brevis sonare destiterit? Ipsamque
longam num praesentem metior, quando nisi finitam
non metior? Eius autem finitio praeteritio est.
Quid ergo est, quod metior? Ubi est qua metior
brevis? Ubi est longa, quam metior? Ambae
sonuerunt, avolaverunt, praeterierunt, iam non
sunt et ego metior fidenterque respondeo, quantum
38
S.AGOSTINO
exercitato sensu fiditur, illam simplam esse,
illam duplam, in spatio scilicet temporis. Neque
hoc possum, nisi quia praeterierunt et finitae
sunt. Non ergo ipsas, quae iam non sunt, sed
aliquid in memoria mea metior, quod infixum
manet. 36. In te, anime meus, tempora mea metior.
Noli mihi obstrepere quod est noli mihi
obstrepere turbis affectionum tuarum. In te,
inquam, tempora metior. Affectionem, quam res
praetereuntes in te faciunt, et cum illae
praeterierint, manet, ipsam metior praesentem,
non ea quae praeterierunt, ut fieret ipsam
metior, cum tempora metior. Ergo aut ipsa sunt
tempora, aut non tempora metior. Quid cum metimur
silentia et dicimus illud silentium tantum
tenuisse temporis, quantum illa vox tenuit, nonne
cogitationem tendimus ad mensuram vocis, quasi
sonaret, ut aliquid de intervallis silentiorum in
spatio temporis renuntiare possimus? Nam et voce
atque ore cessante, peragimus cogitando carmina
et versus, et quemque sermonem motionumque
dimensiones quaslibet, et de spatiis temporum,
quantum illud ad illud sit, renuntiamus non
aliter, ac si ea sonando diceremus. Si voluerit
aliquis edere longiusculam vocem, et constituerit
praemeditando quam longa futura sit, egit utique
iste spatium temporis in silentio, memoriaeque
commendans coepit edere illam vocem, quae sonat,
donec ad propositum terminum perducatur immo
sonuit et sonabit nam quod eius iam peractum
est, utique sonuit, quod autem restat, sonabit,
atque ita peragitur, dum praesens intentio
futurum in praeteritum traicit deminutione futuri
crescente praeterito, donec consumptione futuri
sit totum praeteritum.
39
S. AGOSTINO
CAPUT 28 37. Sed quomodo minuitur aut consumitur
futurum, quod nondum est, aut quomodo crescit
praeteritum, quod iam non est, nisi quia in
animo, qui illud agit, tria sunt? Nam et expectat
et adtendit et meminit, ut id quod expectat per
id quod adtendit transeat in id quod meminerit.
Quis igitur negat futura nondum esse? Sed tamen
iam est in animo expectatio futurorum. Et quis
negat praeterita iam non esse? Sed tamen est
adhuc in animo memoria praeteritorum. Et quis
negat praesens tempus carere spatio, quia in
puncto praeterit? Sed tamen perdurat attentio,
per quam pergat abesse quod aderit. Non igitur
longum tempus futurum, quod non est, sed longum
futurum longa expectatio futuri est, neque longum
praeteritum tempus, quod non est, sed longum
praeteritum longa memoria praeteriti est.
40
DANTE
DIVINA COMMEDIA PURGATORIO, C 11, vv.103-108 Che
voce avrai tu più, se vecchia scindi Da te la
carne, che se fossi morto Anzi che tu lasciassi
il pappo e l dindi, Pria che passin
millanni? Chè più corto Spazio a letterno, ch
un muover di ciglia Al cerchio che più tardi in
cielo è torto
Dante nel Convivio dice che il Cielo delle
stelle fisse compie la sua completa rotazione in
360 secoli. Dunque anche la gloria dellarte è
breve e vana come conferma Oderisi da Gubbio,
esponente dellArte della Miniatura. Il tempo
terreno è relativo, assoluta è solo leternità.
41
PETRARCA
RERUM VULGARIUM FRAGMENTA, CCLXXII (Rime in morte
di Laura)
La vita fugge, et non sarresta una hora, Et la
morte vien dietro a gran giornate, Et le cose
presenti et le passate Mi danno guerra, et le
future anchora E l rimembrare et laspettar
maccora, Or quinci or quindi, sì che n
veritate, Se non ch i ò di me stesso
pietate, I sarei già di questi pensier fora
Tornami avanti, salcun dolce mai Ebbe l cor
tristo et poi da laltra parte Veggio al mio
navigar turbati i venti Veggio fortuna in
porto, et stanco omai Il mio nocchier, et rotte
arbore et sarte, E i lumi bei che mirar soglio,
spenti.
Nel Canzoniere per la prima volta viene
introdotto il tempo della storia, anche se si
tratta di storia interiore, ricostruita dalla
memoria. Lo schema dellopera non è più
ascensionale, come quello della Divina Commedia,
ma progressivo. Tuttavia questa dimensione
temporale è vissuta in contrasto con quella
religiosa e ultraterrena, perché avvertita come
vana in quanto non finalizzata alla salvezza
dellanima. Punti di contatto sono presenti fra
Petrarca e S. Agostino, col quale il poeta
dialoga nel Secretum e che considera la sua
guida spirituale.
42
POLIZIANO
RISPETTI, XXVII, XXVIII XXVII Tu sei de tuo
belli anni ora in sul fiore, Tu sei nel colmo
della tua bellezza Se di donarla non ti fai
onore, Te la torrà per forza la vecchiezza Ché
l tempo vola e non si arreston lore, E la rosa
sfiorita non si aprezza. Dunque allo amante tuo
fanne un presente Chi non fa quando può, tardi
si pente.
XXVIII El tempo fugge e tu fuggir lo lassi, Che
non ha el mondo la più cara cosa E se tu aspetti
che l maggio trapassi, Invan cercherai poi di
côr la rosa. Quel che non si fa presto, mai poi
fassi Or che tu puoi, non istar più
pensosa. Piglia el tempo che fugge pel
ciuffetto, Prima che nasca qualche stran
sospetto.
43
CIRO DI PERS
OROLOGIO A RUOTE Mobile ordigno di dentate
rote Lacera il giorno e lo divide in ore Ed ha
scritto di fuor con fosche note a chi legger le
sa Sempre si muore. Mentre il metallo concavo
percuote Voce funesta mi risona al core Né del
fato spiegar meglio si puote Che con voce di
bronzo il rio tenore. Perchio non speri mai
riposo o pace Questo che sembra in un timpano e
tromba Mi sfida ognor contro a letà vorace E
con que colpi onde l metal rimbomba Affretta il
corso al secolo fugace E, perché sapra, ogn or
picchia a la tomba.
Importanti i significanti assonanze e
ripetizioni. ate,-ote, serie di dentali, or-
rovesciato in ro- e ripetuto in tutto il sonetto
come suono tipico di more, parola chiave di
tutto il componimento, come or, che sta per
ora. Tutti i suoni riproducono il martellio che
scandisce il trascorrere del tempo.
44
SHAKESPEARE
SONETTO 19 Tempo divoratore, spunta gli artigli
al leone, E fa che la terra divori la sua dolce
progenie, Strappa le zanne aguzze alle fauci
crudeli del tigre, E ardi nel suo sangue la
fenice imperitura, Alterna nel tuo volo stagioni
tristi e liete, E fa quanto tu sai. Tempo dal
rapido piede, Al vasto mondo e alle sue dolcezze
fuggitive Ma uno, il più orrendo delitto, io ti
vieto, Oh, non incider le tue ore nella fronte
del mio amore, Non tracciarvi linee con la tua
vetusta penna, Lascialo intatto nella tua
carriera, Qual modello di bellezza per coloro che
verranno. Oppure fa del tuo peggio, vecchio
Tempo a dispetto del tuo oltraggio Nei miei versi
lamor mio vivrà giovane in eterno.
45
BELLI
ER CAFFETTIERE FISOLOFO Lommini de sto monno so
ll istesso Che vvaghi de caffè nner
mascinino Cuno prima, uno doppo, e un antro
appresso, Tutti cuanti però vvanno a un distino.
Spesso muteno sito, e ccaccia spesso Er vago
grosso er vago piccinino, E ssincarzeno tutti in
zu lingresso Der ferro che li sfraggne in
polverino. e ll ommini accusi vviveno ar
monno Misticati pe mmano de la sorte Che sse li
ggira tutti in tonno in tonno e mmovennose
oggnuno, o ppiano, o forte, Senza capillo mai
caleno a ffonno Pe ccascà nne la gola de la morte.
46
FOSCOLO
I SEPOLCRI vv.279-295 Proteggete i miei padri.
Un dì vedrete E tu onore di
pianti, Ettore, avrai Mendico un cieco errar
sotto le vostre Ove fia
santo e lagrimato il sangue Antichissime ombre, e
brancolando Per la
patria versato, e finché il Sole Penetrar negli
avelli, a abbracciar lurne,
Risplenderà su le sciagure umane. E interrogarle.
Gemeranno gli antri Secreti, e tutta narrerà la
tomba Ilio raso due
volte e due risorto Splendidamente su le mute
vie Per far più bello lultimo trofeo Ai fatati
Pelidi. Il sacro vate, Placando quelle afflitte
alme col canto, I Prenci Argivi eternerà per
quante Abbraccia terre il gran padre Oceano.
ALLAMICA RISANATA vv.85-96 Ebbi in quel mar la
culla, Ondio, pien del nativo Ivi erra
ignudo spirito Aer sacro, su
lItala Di Faon la fanciulla,
Grave cetra derivo E se il notturno zeffiro
Per te le corde eolie, Blando sui
flutti spira E avrai divina i
voti Suonano i liti un lamentar di lira Fra
glinni miei delle insubri

nepoti
47
LEOPARDI
DIALOGO FRA UN VENDITORE DI ALMANACCHI E UN
PASSEGGERE Passeggere Così vorrei ancor io se
avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è
segno che il caso , fino a tutto questanno, ha
trattato tutti male. E si vede chiaro che
ciascuno è dopinione che sia stato più o di più
peso il male che gli è toccato, che il bene se a
patto di riavere la vita di prima, con tutto il
suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe
rinascere. Quella vita ch è una cosa bella, non
è la vita che si conosce, ma quella che non si
conosce non la vita passata, ma la futura. Con
lanno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene
voi e me e tutti gli altri, e si principierà la
vita felice. Non è vero? Venditore Speriamo
LE RICORDANZE Dico Nerina or più non gode i
campi, Laria non mira. Ahi tu passasti,
eterno Sospiro mio passasti e fia
compagna Dogni mio vago immaginar, di tutti I
miei teneri sensi, ii tristi e cari Moti del cor,
la rimembranza acerba.
LINFINITO e mi sovvien leterno, E le morte
stagioni, e la presente e viva, e il suon di
lei. Così tra questa Immensità sannega il
pensier mio E il naufragar mè dolce in questo
mare.
48
LEOPARDI
Canto notturno di un pastore errante
dellAsia Nasce luomo a fatica, Ed è rischio di
morte il nascimento. Prova pena e tormento Per
prima cosa e in sul principio stesso La madre e
il genitore Il prende a consolar dellesser
nato Che si pensosa sei, tu forse
intendi, Questo viver terreno, Il patir nostro,
il sospirar, che sia Che sia questo morir,
questo supremo Scolorar del sembiante,
Ma tu per certo, Giovinetta immortal,
conosci il tutto. Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri, Che dellesser mio
frale, Qualche bene o contento Avrà forsaltri a
me la vita è male Ma più perché giammai tedio
non provi Dimmi perché giacendo A bellagio,
ozioso, Sappaga ogni animale Me, sio giaccio
in riposo, il tedio assale? Forse in qual forma,
in quale Stato che sia, dentro covile o cuna, E
funesto a chi nasce il dì natale.
49
VIRGINIA WOOLF
GITA AL FARO I, 5 (traduzione di G.
Celenzo). Alzò gli occhi vide la stanza, vide
le seggiole e le parvero logore assai. Le loro
viscere, come aveva detto Andrea qualche giorno
avanti, erano tutte sparse pel piantito ma
daltronde, si domandava lei, a che sarebbe
giovato comprarStuoie, brande,spettri decrepiti
di seggiolelà potevano ancora far giuoco e così
una o due fotografie e un po di libri. I libri,
pensava lei, spuntavano come funghi. Lei non
aveva tempo di leggerli nemmeno quelli a lei
dedicati dal poeta in personaPer colei i cui
desideri son leggeE lopera di Croon sul
Pensieronon potevano, né luna né laltra, esser
mandate al Faro. Certo, ella rifletteva, doveva
pur venire il giorno in cui la casa fosse così
mal ridotta da render necessario qualche
provvedimento. Se i ragazzi avessero imparato a
pulirsi i piediI granchi doveva pur
permetterlie se Jasper intendeva di far la
minestra collalghe le collezioni di Rosa E ne
resultava (così ella concluse con un sospiro,
abbracciando in un solo sguardo lintiera stanza
dal pavimento al soffitto, mentre continuava a
tenere il calzerotto contro la gamba di Giacomo)
che, destate in estate, tutto si logorava sempre
di piùMa soprattutto le porte le davan
noiaEntrando di notte nelle camere delle
domestiche le trovava serrate come forni, eccetto
quella di Maria, la ragazza svizzeraeppoi al suo
paese (così aveva detto) le montagne son tanto
belle. La sera avanti, guardando fuor della
finestra aveva dettoSuo padre stava morendo
laggiù
50
JAMES JOYCE
ULISSE (Traduzione diR. De Angelis) Monologo
interiore di Mrs Bloom Un bel sollievo dovunque
si sia non tenersi laria in corpo chissà se
quella braciola di maiale che ho preso col tè
dopo era proprio fresca con questo caldo non ho
sentito nessun odore sono sicura che quelluomo
curioso dal norcino è un gran furfante spero che
quel lume non fumi mi riempirebbe il naso di
sudiciume meglio che rischiare che
Write a Comment
User Comments (0)
About PowerShow.com